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Dopo i presidenti delle regioni del Sud, anche quelli del Nord si dicono preoccupati per gli organici ridotti all’osso: proteste da Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Proteste anche da Valentina Aprea, assessore all'Istruzione della Lombardia, che dopo aver ricordato le vicissitudini del 2015, si è soffermato sulla scelta dei docenti dagli ambiti territoriali e la conclusione delle procedure concorsuali, al termine delle quali resteranno comunque scoperte numerose cattedre di materie fondamentali. Aprea ha chiesto al Miur di scongiurare il “rischio dell'avvio irregolare dell'anno scolastico”. Anief ribadisce che il Miur si deve avvalere del regime di autotutela dall’amministrazione.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è stato calcolato che gli Usr potranno gestire al massimo il 10 per cento di trasferimenti inesatti. Oltre i quali, algoritmo e amministrazione scolastica andrebbero in tilt. Se si vuole scongiurare davvero che a settembre uffici e dirigenti scolastici siano sommersi dai ricorsi, una realtà inevitabile che i vertici di Miur e Governo continuano a sottovalutare, si mettano da parte le posizioni politiche e si faccia ricorso all’onestà intellettuale per risolvere al più presto ogni singola situazione. Il problema non è di chi ha fatto domanda, ma di chi ha creato questo meccanismo infernale.
La nota Miur n. 2609 è chiara: “l’individuazione per competenze” deve essere speculare al Piano triennale dell’offerta formativa, alla sua progettualità che è stata definita tenendo conto delle scelte pedagogiche e didattiche dei Collegi dei docenti. Il dirigente non deve scegliere avendo presente l’idea di docente che porta narcisisticamente in sé, anche distorta dalle mode didattiche e metodologiche innovative. Giungono notizie, invece, di dirigenti più “realisti del re”: uno di loro, tra i titoli di preferenza per assegnare il posto su ambito, ha inserito “una fertile attività didattica presso questa istituzione scolastica nell’anno 2015/16, attestata dal Dirigente scolastico a suo insindacabile giudizio”. Altri capi d’istituto hanno chiesto che l’insegnamento nella loro scuola sia stato "fertile" o "senza demerito"; e a giudicare saranno sempre e solo loro. Intanto, sul sito dell’ANAC, l’Autorità nazionale anticorruzione, è stata predisposta una pagina per denunciare eventuali abusi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): in attesa dell’esito dei ricorsi presentati dai sindacati sulla legittimità della chiamata diretta, è bene chei presidi si attengano in modo scrupoloso alla normativa, rispettando il volere e le indicazioni del Ptof, che rispecchia le precise esigenze delle scuole. Personalizzare la selezione, inserendovi elementi selettivi inadeguati, potrebbe essere oggetto di contenzioso e di ricorso al Tar, con ricadute negative per la scuola e per l’avvio già complesso delle lezioni del nuovo anno scolastico.
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Il giovane sindacato reputa positive le immissioni in ruolo, ma non comprende quale sia la straordinarietà dell’impegno di questo governo, visto che si tratta di numeri che lasciano, nello stato di precarietà, almeno 80mila insegnanti già selezionati e abilitati. Bisogna effettuare un monitoraggio per verificare l’effettiva presenza di posti vacanti: si scoprirebbe che la gran parte dei 115.823 contratti conferiti quest’anno sino al 30 giugno sono in realtà privi di docente titolare e sarebbero, quindi, utili ai fini della stabilizzazione. Basterebbe chiedere ai presidi la consistenza effettiva delle cattedre. Perché non si attui questo passaggio rimane un mistero. Nello stesso modo, non si comprende perché il titolare del Miur confermi appena 10mila immissioni in ruolo Ata se ne occorrono 40mila, di cui una parte per il potenziamento.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): si voleva debellare la supplentite, ma decine e decine di migliaia di posti liberi si continuano ad affidare a supplenti specializzati nel sostegno, oppure abilitati su discipline con i corsi Tfa, Pas, scienze della formazione primaria. Per loro non rimane che la strada del ricorso.
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Ad un anno di distanza dall’approvazione della riforma, si scopre che il legislatore ha prima illuso (lasciandoli a svolgere l’anno di prova quasi sempre nella propria provincia) e poi costretto tanti insegnanti, immessi in ruolo come “potenziatori”, a spostarsi anche a mille e oltre chilometri da casa. In caso di sovrannumero, poi, potrebbero essere trasferiti anche gli altri che oggi sono stati collocati vicino casa. Ora, giustamente, i docenti protestano anche in piazza e qualche illustre intellettuale si diverte pure ad apostrofarli come fossero degli incolti.
Marcello Pacifico (presidente Anief): sono in prevalenza ultra quarantenni e cinquantenni, che rischiano fortemente da questa estate di essere ‘nominati’ per andare ad insegnare in una delle cento province italiane, anche lontana centinaia di chilometri dai propri cari. I “potenziatori”, inoltre, sono destinati ad essere trasferiti di sede ogni triennio o anche prima, senza mai poter avere certezze o stabilità: è un trattamento assurdo, che non viene riservato nemmeno ai militari. È accaduto anche nel 2011 con la negazione del primo gradone stipendiale ai neo-assunti, ma si dimentica che esiste un principio, garantito costituzionalmente, di equo trattamento dei tutti i pubblici dipendenti: non si può decidere, di punto in bianco, che i diritti vanno garantiti solo a coloro che sono stati assunti fino ad una certa data, dopo la quale si diventa paria.
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