Domani a Roma convegno Confedir su “Rinnovi contrattuali e previdenza”: a quando il giorno della svolta?

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Si tratta di due temi di forte attualità: il primo riguarda il blocco stipendiale, varato nel 2010, nel comparto scuola dal 2009, per oltre 3 milioni e 200mila di dipendenti pubblici; il secondo la “stretta” sulle pensioni, che porterà nel volgere di qualche decennio a degli assegni di quiescenza poco superiori all’attuale pensione sociale. Sul primo, si attende il giudizio della Corte Costituzionale, previsto per il 23 giugno. Sulle pensioni il Governo ha fatto sapere di essere intenzionato a modificare le regole per l’accesso, prevedendo un ritorno della flessibilità in uscita.

Marcello Pacifico (Anief-Confedir-Cisal): l’Esecutivo non può decidere per decreto il blocco della contrattazione e l’aggiramento del confronto con i rappresentanti dei lavoratori danneggiati da questo provvedimento unilaterale. E anche sulle pensioni, la Consulta è stata chiara: la soluzione forfettaria prospettata dal Governo non è di certo esauriente. Se non ci penserà presto il legislatore, toccherà ai tribunali fare giustizia.

“Rinnovi contrattuali e previdenza”: sono i temi di cui si parlerà domani a Roma, a partire dalle ore 15, presso il circolo Ufficiali dell’Aereonautica Militare, in Viale dell’Università, nel corso del convegno organizzato dalla Confedir. Due temi di forte attualità: il primo è quello relativo al blocco stipendiale, varato nel 2010, nel comparto scuola dal 2009, per oltre 3 milioni e 200mila di dipendenti pubblici; il secondo riguarda la “stretta” sulle pensioni, che porterà nel volgere di qualche decennio a degli assegni di quiescenza poco superiori all’attuale pensione sociale.

A tal proposito, ricordiamo che il Governo ha fatto sapere di essere intenzionato a modificare le regole per accedere alle pensioni, prevedendo un ritorno della flessibilitàin uscita: si tratta di un tema che sarà affrontato, però, non prima della prossima legge di Stabilità: quindi, dopo l’estate 2015. A ricordarlo è stato anche il ministro del Lavoro,Giuliano Poletti, ricordando il “buco” normativo che stiamo vivendo, visto che, ha detto, sarebbe stato opportuno introdurre la flessibilità "nel momento in cui è stata approvata la Legge Fornero". Sempre Poletti ha tenuto a smentire che il Jobs Act possa peggiorare le condizioni previdenzialied ha sottolineato, anzi, chela tendenza a stabilizzare i contratti, dopo il dedalo di contratti temporanei avuto in passato, potrebbe creare "una condizione previdenziale decisamente migliore".

A tal proposito, la più autorevole proposta in Parlamento rimane quella presentata da una serie di deputati di maggioranza, che ha come primo firmatario Cesare Damiano (PD): il ddl, al vaglio delle commissioni di competenza, prevede che la flessibilità in uscita permetta il pensionamento a 62 anni e con 35 anni di contributi, con penalizzazioni sull’assegno pensionistico fino all’8% (una sorta di quota 97). Con la stessa logica, verrebbe introdotto un sistema di premialità per chi ritarderebbe l’accesso alla pensione con un 2% in più per ogni anno successivo al 66esimo anno di età fino ai 70 anni, che permetterebbero di avere un 8% in più sull’assegno pensionistico.

Da un punto di vista pratico, su un assegno pensionistico lordo di 2mila euro, la decurtazione potrebbe arrivare a 160 euro mensili, sempre lordi. Da alcuni giorni, però, ambienti vicino al Mef avrebbero indicato come insufficiente questa decurtazione prevista dal ddl Damiano. Pertanto, si starebbe facendo largo una riduzione decisamente più corposa, anche del 20% dell’assegno di quiescenza. Comportando, in tal caso, un taglio decisamente più corposo, pari a ben 400 euro mensili.

Negli ultimi 15 anni il potere di acquisto dell’assegno pensionistico è diminuito in media del 33%, tanto che già oggi per più di quattro pensionati su dieci l'assegno non arriva neppure a mille euro al mese”, oltre la metà (il 52%) delle donne, è evidente che in questo modo si sta andando sempre più verso un Paese composto da pensionati ex lavoratori ad alto rischio povertà.

La “stretta” non ha risparmiato le pensioni sopra i 1.500 euro, il cui incremento è stato bloccato per legge. Un’operazione su cui però la Corte Costituzionale, con sentenza n. 70/2015, si è già espressa con il pollice verso. Allo stesso modo, il nostro sindacato considera illegittimo il decreto sul recupero delle pensioni non indicizzate, emesso dal Consiglio dei ministri il 18 maggio scorso, Inoltre, c’è da ricordare che dal prossimo anno verranno assegnati appena 15 euro mensili di aumento e soltanto per la fascia più bassa: rappresentano una cifra a dir poco irrisoria se si pensa che erano dovuti 98 euro. Alla luce di tutto ciò, Confedir, Anief, Cisal, e Radamante, hanno deciso di avviare ricorsi specifici in tribunale, contro il blocco delle indicizzazioni sulle pensioni superiori a tre volte il minimo, attraverso cui ottenere le quote spettanti: si parte da 3.000 euro di arretrati e circa 1.000 euro annui ulteriori a regime per assegni di quiescenza pari a 1.700 euro. Il sindacato ricorda che dalla parte dei lavoratori non ci sono delle opinioni o interpretazioni di parte, mala sentenza n. 70/2015 della Consulta. Che va eseguita con effetto immediato.

Per quel che concerne, invece, il blocco degli aumenti stipendiali, il dibattito di domani si soffermerà sicuramente sui possibili esiti dell’attesa sentenza della Corte Costituzionale, programmata per il prossimo 23 giugno: per la Confedir, si sono costituti in giudizio i legali Anief Sergio Galleano e Vincenzo De Michele, che hanno chiesto il rispetto della normativa comunitaria proprio sulle norme nazionali che hanno cambiato in corsa le regole del contratto nazionale sulla contrattazione e la rappresentatività dei lavoratori. Il tempo dell’attesa è quasi finito: presto la Consulta ci dirà come stanno le cose.

“Ma questa strenua difesa dell’Avvocatura dello Stato sul blocco dei contratti pubblici nel periodo 2010-2015, con un “effetto strutturale” di circa 13 miliardi annui dal 2016 – ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal – potrebbe spostare il dibattito su un punto non prioritario della vicenda giudiziaria: quello che dobbiamo chiederci non è se è legittimo fermare gli stipendi, ma prima di tutto se l’Esecutivo può decidere per decreto il blocco della contrattazione e l’aggiramento del confronto con i rappresentanti dei lavoratori danneggiati da questo provvedimento unilaterale. E anche sulle pensioni, la Consulta è stata chiara: la soluzione forfettaria prospettata dal Governo non è certo esauriente. L’impressione è che per arrivare al giorno della svolta, su pensioni e, a seguire, sul rinnovo contrattuale, bisognerà passare per i tribunali”.

Tabella elaborata dal sindacato, sul danno economico prodotto ai pensionati a seguito della decisione presa dal CdM il 18 maggio di attuare solo lo spirito della sentenza della Consulta 70/2015.

Esempio

di fascia

Assegno percepito

*

Assegno spettante

*

Arretrati spettanti

*

2012/14

Una Tantum

Decreto

Differenza

a credito

Anno

2015

Totali arretrati spettanti

Aumento spettante

anno 2016

Aumento concesso

anno 2016

Differenza

spettante

mensile

Differenza annuale

a regime

1

1.700

1.821

2.439

754

1.685

1.274

2.959

98

15

83

1.079

2

2.200

2.347

2.584

464

2.120

1.612

3.732

124

8

116

1.508

3

2.700

2.865

3.068

278

2.790

1.898

4.688

146

5

141

1.833

4

3.000

3.176

3.333

0

3.333

2.054

5.387

158

0

158

2.054

*Fonte: Corriere della Sera, 19 maggio 2015, p. 3

Per approfondimenti:

Trattamenti pensionistici e beneficiari: un'analisi di genere - ISTAT

Pensioni, potere d'acquisto in caduta libera(‘Corriere della Sera’ del 16 febbraio 2013)

Istat, al 41% dei pensionati meno di mille euro al mese(‘La Repubblica’ del 5 dicembre 2014)

Pensioni, ecco che cosa cambierà(‘Corriere della Sera’ del 7 dicembre 2014)

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Riforma pensioni: pensionamento a 62 anni con 35 anni di contributi(‘Orizzonte Scuola’ del 19 marzo 2015)

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