TFS/TFR: devono essere restituite le aliquote del 2,69% e del 2,5%. L’INPS si arrampica sugli specchi

Così commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir al contenzioso, il messaggio 10065 del 21 giugno 2013. Chi è ritornato in regime di TFS non chiede il 2,5% ma la differenza tra le due aliquote percepite tra il 2011 e il 2012. Chi è in regime di TFR chiede il recupero mai avvenuto, per gli ultimi dieci anni, nel contratto, del 2,5% trattenuto, proprio in virtù della seconda parte dello stesso c. 3, art. 1, del DPCM richiamato. Scarica il modello di diffida e avvia il contenzioso per la restituzione delle somme. Per l’occasione ricorri anche contro la proroga del blocco degli stipendi.

È evidente che all’INPS non hanno letto bene i modelli di diffida, perché quelli elaborati dall’Anief per il personale assunto prima del 2000 non parlano di restituzione del 2,5% di TFR ma di certificazione per il 2011 e per il 2012 del credito del 2,69%, frutto della differenza tra le due aliquote: quello del 9,60% spettante per il regime TFS e quella del 6,91% ricevuta in regime TFR. Questo credito deve confluire nel trattamento di fine servizio vista la legge 228/12, art. 1, cc. 98-99, ma ancora non è stato certificato né dal MEF né dalla stessa legge che prevede una copertura finanziaria di soli 41 milioni rispetto ai più di 3 miliardi richiesti.

Per quanto riguarda, invece, i modelli di diffida elaborati per il personale precario e di ruolo assunto dopo il 2000 o transitato volontariamente in regime di TFR, si richiede la restituzione del 2,5% trattenuto fino ad aprile 2013 nei cedolini con la motivazione della costituzione dello stesso TFR, non tanto per l’applicazione della sentenza n. 223/12 della Corte costituzionale, di per sé chiara nel diniego di tale trattenuta, ma in virtù dello stesso art. 1, c. 3 del DPCM del 20 dicembre 1999 richiamato nel messaggio non integralmente, che prevede un recupero mai attuato. Se è vero, infatti, che la retribuzione lorda deve essere ridotta in misura pari al contributo previdenziale obbligatorio soppresso, tuttavia, il Governo in questi 13 anni insieme ai sindacati, non ha mai stabilito, contestualmente “un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e dell'applicazione delle norme sul trattamento di fine rapporto, ad ogni fine contrattuale nonché per la determinazione della massa salariale per i contratti collettivi nazionali.” Questo mancato recupero viola sì il principio della parità retributiva essendo la trattenuta parte di una retribuzione differita che porterebbe i neo-assunti a un trattamento peggiore rispetto agli altri lavoratori, contro la legge stessa. Pertanto, permangono tutte le motivazioni che hanno portato alla scrittura di quei modelli di diffida che possono essere richiesti da tutto il personale della scuola all’Anief ma anche dal personale del pubblico impiego alla Confedir, al fine della certificazione del credito vantato. Per l’occasione, nei ricorsi che saranno depositati non appena pubblicato in Gazzetta il nuovo regolamento sulla proroga del blocco degli scatti, sarà impugnata, per l’evidente illegittimità costituzionale, anche la norma che cancella gli incrementi retributivi riconosciuti nel 2011 e continua a bloccare gli stipendi.

Il Governo non può comportarsi diversamente da un’azienda privata dopo che aver privatizzato il rapporto di lavoro. Deve interrompere la trattenuta per i lavoratori neo-assunti dopo il 2000 e restituire quanto indebitamente trattenuto. Infine, deve rinunciare a utilizzare gli stipendi dei suoi dipendenti per riequilibrare la finanza pubblica. Quanto sta avvenendo in questi giorni, soprattutto nella scuola, è scandaloso: prima si chiede di tagliare i fondi delle scuole per pagare gli scatti e poi si vorrebbe annullarne il riconoscimento ai fini della progressione di carriera. E arrivato il momento di dare nuovamente la parola ai tribunali della Repubblica per avere giustizia.

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Il messaggio INPS