SCUOLA – Prof sempre più vecchi, donna in ruolo a 62 anni dopo 33 di precariato

Anief-Confedir: è una docente di educazione artistica del grossetano, ma non è una rarità perché il 60% dei neo-assunti ha almeno 50 anni

Pacifico: “grazie” alla riforma Fornero e all’esclusione dei neo abilitati dalle GaE sarà sempre più frequente arrivare al ruolo alle soglie della pensione. Però non è detta l’ultima parola: la Corte di Giustizia europea potrebbe mettere le cose a posto.

Oggi la scuola italiana batterà un altro dei suoi poco invidiabili record: metterà in ruolo una docente di 62 anni, di cui 33 passati a fare la precaria. La storia è quella della professoressa Lia Baffetti, classe 1951, di Castell'Azzara, in provincia di Grosseto, che questa mattina, a 36 anni dal conseguimento dell'abilitazione, si recherà nell’ufficio scolastico territoriale per sottoscrivere l’assunzione a tempo indeterminato nella classe di concorso A028 (educazione artistica nelle scuole medie). La docente ha spiegato al quotidiano “Il Tirreno”, “che lo Stato, alle soglie del pensionamento, mi assume e mi gratifica come avrei voluto che accadesse 30 anni fa. Non fraintendete: a scuola vado volentieri, ma questo posto ho come la sensazione di toglierlo a un insegnante giovane”.

Purtroppo non è una sensazione: degli 11.542 nuovi docenti che verranno immessi in ruolo in questi giorni – ma non tutti i vincitori del concorso a cattedra, per i quali i posti liberi sono spariti oppure non sono pronte le graduatorie definitive – quasi il 60% ha oltre 50 anni di età. Un numero altissimo, che andrà ad invecchiare la già alta media dei docenti di ruolo: secondo il rapporto 'Education at a glance', pubblicato a fine giugno, nel 2011 il 47,6% dei maestri elementari, il 61% di quelli delle medie e il 62,5% delle superiori aveva oltre 50 anni. Con il risultato che oggi i nostri alunni si ritrovano davanti insegnanti anziani, stanchi e demotivati. Mentre i giovani vengono lasciati fuori.

“L’aspetto paradossale di questi numeri, che non hanno bisogno di commento per quanto sono evidenti, – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è che le regole che l’amministrazione scolastica italiana si è data negli ultimi mesi produrranno nel tempo un’ulteriore innalzamento dell’età media dei nostri docenti destinati ad essere assunti. Perché alla riforma Fornero, che costringe oltre l’80% del corpo docente italiano, composto da donne, a rimanere in servizio fino a 66 anni e tre mesi, si è aggiunta la decisione di lasciare fuori dalle Graduatorie ad esaurimento i circa 20mila neo-abilitati attraverso i Tfa ordinari. Una decisione presa, tra l’altro, nei confronti di aspiranti docenti che hanno speso tra i 3mila e i 4mila euro ciascuno. E per formare i quali lo Stato ha investito a sua volta ingenti risorse”.

Il sindacato coglie l’occasione, quindi, per chiedere al Miur di rendere spendibili i titoli conseguiti al termine di lunghi, faticosi e dispendiosi corsi: altrimenti lo si dica prima che equivalgono a “carta straccia”. Così un abilitato è cosciente che occorre attendere anche tre decenni prima di essere assunto. E non si pensi che quella della docente del grossetano sia un’eccezione: sono decine di migliaia i supplenti della scuola che hanno iniziato la loro carriera da insegnanti nei primi anni Ottanta. E che oggi, ormai 60enni, dopo aver collezionato titoli universitari, abilitazioni, idoneità, master e specializzazioni, sono ancora alla ricerca dell’immissione in ruolo per colpa dell’inefficienza dello Stato e dei Governi che si sono succeduti.

“Con la giustificazione di introdurre manovre di risparmio della spesa pubblica – ricorda Pacifico - si continua a derogare alla direttiva comunitaria, la 1999/70/CE, che da 13 anni impone ai Paesi che fanno parte dell’Ue di assumere tutti i lavoratori che hanno svolto 36 mesi di servizio nell’ultimo quinquennio. Come si continua a non tenere conto del decreto legislativo 368/01, che dava seguito a questa direttiva a livello nazionale. Per non parlare dell’oltraggio che si perpetra nei confronti dell’articolo 1 della Costituzione. Per tenere i precari lontano dal ruolo si è fatto di tutto: dalle deroghe alle direttive Ue, a partire dalla Legge 106/2011, al taglio di 200mila posti solo negli ultimi sei anni; dalle classi-pollaio alla riduzione del tempo-scuola ai minimi termini, dalla soppressione incostituzionale di 4mila istituti alla sparizione di altrettanti dirigenti e Dsga”.

Tuttavia, è fuori di dubbio che la scuola senza docenti precari morirebbe. Ogni sette insegnanti di ruolo vi è un supplente. Con province dove si concentra il 50 per cento di personale precario. “Ora, visto che lo Stato continua a ‘traccheggiare’ la loro assunzione potrebbe comunque per tanti di loro diventare realtà: con ordinanza n. 207/13, la Corte Costituzionale ha infatti rinviato alla Corte di Giustizia europea la questione sulla compatibilità della normativa italiana con la direttiva comunitaria in tema di reiterazione dei contratti a termine e assenza di risarcimento del danno per i supplenti con oltre tre anni di servizio. Che potrebbero così entrare di ruolo senza più attendere 30 anni”.

28 agosto 2013
Ufficio Stampa Anief
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