La Consulta conferma la legittimità del blocco degli stipendi per gli Statali ma rimangono dubbi sulla conformità al diritto dell’Unione

Con l’ordinanza n. 113/2014, i giudici della Corte costituzionale confermano il precedente orientamento espresso con le sentenze n. 304 e n. 310 del 2013 con cui ritengono manifestamente infondata l’illegittimità costituzionale del blocco degli automatismi di carriera per il personale non contrattualizzato, ritenendo gli interventi del Governo congrui alla particolare crisi finanziaria attraversata dal Paese.

Mentre nelle precedenti sentenze, sui principi già scritti nella sentenza n. 223/12, ribadiscono la peculiare posizione occupata dalla Magistratura nel sistema dell’equivalenza dei poteri del nostro ordinamento al punto da giustificare un aumento contrattuale del 5% dal dicembre 2012 legato ai costi dell’inflazione soltanto per i giudici e per l’avvocatura dello Stato, allorquando sulla trattenuta del 2,5% del TFR gli stessi giudici si definiscono dipendenti dello Stato, in quest’ultima pongono l’accento sulle esigenze degli equilibri di bilancio innalzando da un anno a tre anni, in sintonia con la trasformazione delle finanziarie in legge di stabilità, la legittimità dell’eventuale eccezionale blocco degli stipendi apprezzato in passato – oggi, peraltro, prorogato di un anno.

Secondo la Corte, il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, attraverso cui può attuarsi una politica di riequilibrio del bilancio, implicano sacrifici gravosi, quali quelli in esame, che trovano giustificazione nella situazione di crisi economica. In ragione delle necessarie attuali prospettive pluriennali del ciclo di bilancio, tali sacrifici possono interessare periodi che occorre siano definiti, ma possono essere più lunghi rispetto a quelli presi in considerazione dalle sentenze della Corte, pronunciate con riguardo alla manovra economica del 1992 (sentenza n. 245 del 1997).

Ma la stessa Commissione europea nelle osservazioni scritte sulla stabilizzazione dei precari, nei ricorsi appena discussi il 27 marzo a Lussemburgo, ha ribadito come le ragioni finanziarie non possono essere annoverate come ragioni imperative per comprimere i diritti dei lavoratori. Tale posizione della Consulta, inoltre, appare debole rispetto a un altro ricorso che lo stesso tribunale di Roma, nella persona del giudice Fedele, ha avuto modo di apprezzare sollevando questione di pregiudiziale costituzionale della stessa legge 122/2010 per violazione di diversi articoli della Costituzione in merito al blocco contrattuale, non previsto dalla Costituzione (in ultimo, l’art. 39 ma anche gli artt. 2, 3, 35, 36, 53).

La Confedir si costituirà nei prossimi giorni accanto alla FLP che ha patrocinato il ricorso e chiederà di rinviare alla Corte di Giustizia Europea gli atti per violazione anche dell’ultima direttiva comunitaria 2002/14/UE che garantisce il diritto alla consultazione e informazione dei lavoratori e dell’art. 27 del Trattato dell’Unione. Il personale della scuola e i dirigenti del Pubblico Impiego che vogliono aderire gratuitamente al ricorso possono scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Esiste un’Europa dei diritti cui il cittadino italiano, in quanto lavoratore, può chiedere tutela.

Il testo dell’ordinanza 113/2014