È una generazione destinata a lavorare tanto di più e avere molto meno, sia in termini di stipendi che di assegno di quiescenza. Prendiamo uno degli 86mila docenti della scuola immesso in ruolo la scorsa estate: rispetto a chi lascia oggi, andrà a percepire un assegno mensile ridotto tra il 38% ed il 45%. Ciò significa che l’insegnante che oggi percepiva una pensione di 1.500 euro, lascerà il servizio (dopo oltre quattro decenni di lavoro nel Paese dei docenti più vecchi dell’area Ocse) per avere un assegno di 825 euro. Però l’attenzione di Inps e Governo rimane concentrata sulla flessibilità in uscita, che anche in questo caso rischia di tradursi in un bluff che danneggerà i lavoratori, a cui si vuole dare la possibilità di lasciare qualche anno prima rispetto ai nuovi parametri dell’assurda legge Fornero solo in cambio di riduzioni che vanno dal 2 all’8%.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): tutta colpa degli aggiornamenti biennali relativi all’aggiornamento periodico biennale della speranza di vita degli italiani, che verranno applicati a partire dal 2019 fino al 2049: col risultato che i lavoratori lasceranno il servizio anche con 47 anni di contributi. È una prospettiva che noi però non accettiamo e che abbiamo deciso di impugnare in tribunale.