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  5. Carta del docente per aggiornarsi, ai supplenti non si può negare: lo dice la Costituzione. Il Tribunale di Trani fa avere ad un’insegnante 1.500 euro per i servizi svolti tra il 2019 e il 2022

Carta del docente per aggiornarsi, ai supplenti non si può negare: lo dice la Costituzione. Il Tribunale di Trani fa avere ad un’insegnante 1.500 euro per i servizi svolti tra il 2019 e il 2022

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Tre supplenze annuali come docente valgono un assegno da 1.500 euro per l’aggiornamento professionale: se lo Stato le nega, ci pensa il giudice. Così è andata ad un’insegnante che ha presentato ricorso al Tribunale di Trani, sezione Lavoro, dopo che tra settembre 2019 e giugno 2022 ha sottoscritto delle supplenze di lunga durata senza avere accesso alla “Carta del docente” da 500 euro annui. Secondo il giudice, la Carta, “finalizzata all’acquisto di beni e servizi formativi per lo sviluppo delle competenze professionali e riservata, in base alla disciplina vigente (legge n. 107 del 13.07.2015 cd. “Buona Scuola” – D.P.C.M. n. 32313 del 23.09.2015), ai soli docenti di ruolo, a tempo pieno o part-time”, va data pure ai precari: il giudice ha fatto osservare che “l’Amministrazione è tenuta a fornire strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio” anche dei docenti supplenti.

 

“Con la Legge 107/2015 – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - si è introdotto un diritto importante: quello della formazione del personale. Ma si è anche commesso l’errore di dimenticare i precari; si è, di fatto, calpestata la Costituzione italiana. A ricordarlo è stata la Corte di Giustizia europea, nel maggio scorso, come pure il Consiglio di Stato: i tribunali del lavoro stanno semplicemente dando seguito a queste rilevanti espressioni giudiziarie. Tutti i docenti precari che hanno fatto supplenze, anche solo per una annualità, possono continuare a fare ricorso al giudce del lavoro con Anief: avranno la possibilità di recuperare i 500 euro annui dell’aggiornamento negati ogni anno. Possono farlo anche gli insegnanti precari che hanno svolto servizio con orario ridotto, anche quelli nel frattempo entrari in ruolo, e pure gli educatori sui quali la Cassazione si è pronunciata in modo positivo. L’importante, per tutti, è non attendere troppo tempo: bisogna evitare – conclude Pacifico - che scatti la prescrizione”.

 

LA SENTENZA

 

Secondo il giudice di Trani, “nel merito la domanda” della docente che ha presentato ricorso attraverso i legali Anief “è fondata e va accolta. In primo luogo, appare opportuno prendere le mosse dal quadro normativo di riferimento. L’art. 35 della Costituzione prevede che “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro”, con ciò, quindi, attribuendo rilevanza costituzionale alla formazione dei lavoratori. Il C.C.N.L. Scuola, inoltre, attribuisce rilievo centrale alla formazione dei docenti, disponendo, all’art. 63, rubricato “Formazione in Servizio”, che “1. La formazione costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo professionale del personale, per il necessario sostegno agli obiettivi di cambiamento, per un’efficace politica di sviluppo delle risorse umane”.

 

Il Tribunale ha ricordato che anche “l’art. 64 del medesimo C.C.N.L., rubricato “Fruizione del diritto alla formazione”, prevede che “1. La partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità”.

Come pure la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.3.1999, attuato dalla Direttiva 1999/70/CE del 28.6.1999, al punto 1 prevede: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”; in particolare, al punto 4 della clausola si dispone che: “I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.

 

Il giudice, pertanto, non ha dubbi, sostenendo “l’illegittimità della determinazione assunta con il d.P.C.M. n. 32313/2015 nella parte in cui ha escluso dai destinatari dell’attribuzione della Carta Docenti i docenti assunti con contratto a tempo determinato, con conseguente disapplicazione della stessa e riconoscimento del diritto azionato in questa sede. Tale ricostruzione del quadro normativo ha trovato riscontro in rilevanti decisioni giurisprudenziali, emesse sia in ambito interno che comunitario. E così con la sentenza n. 1842/2022 del 16.03.2022, il Consiglio di Stato ha riformato la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Terza Bis, che con sentenza n. 7799/2016 del 7 luglio 2016 aveva respinto il ricorso proposto per l’annullamento della nota del M.I.U.R. n. 15219 del 15 ottobre 2015, nella parte in cui specificava che la “Carta del docente” e i relativi € 500,00 annui erano assegnati ai soli docenti di ruolo e non anche ai docenti con contratto a tempo determinato, nonché dell’art. 2 del d.P.C.M. n. 32313 del 23 settembre 2015”.

 

“Più specificamente, il Consiglio di Stato, in riforma della decisione del TAR Lazio, ha affermato che la scelta del Ministero di escludere dal beneficio della Carta Docenti il personale con contratto a tempo determinato presenta profili di irragionevolezza e contrarietà ai principi di non discriminazione e di buon andamento della P.A., con ciò affermando, quindi, l’illegittimità degli atti impugnati rispetto ai parametri di diritto interno desumibili dagli artt. 3, 35 e 97 Cost, distaccandosi quindi dall’idea di un sistema di formazione a “doppia trazione” tra docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta e docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico”.

 

Ancora più recentemente della questione è stata investita la Corte di Giustizia Europea che, con ordinanza del 18 maggio 2022, resa nella causa C-450-21, chiamata a pronunciarsi della questione concernente la compatibilità con la normativa comunitaria della disposizione di cui all'articolo 1, comma 121, della legge 107/2015 con la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE, ha affermato che la stessa deve essere interpretata nel senso che “(...) osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’Istruzione, e non anche al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di € 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti”.

 

Premesso ciò, “il Tribunale di Trani, Sezione Lavoro, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta con ricorso depositato in data 26.7.2022 nei confronti del Ministero dell’Istruzione (già M..I.U.R.) e dell’USR Puglia, così provvede: 1) accoglie la domanda e per l’effetto dichiara il diritto” della ricorrente “a ottenere il beneficio economico della cd. “Carta del docente” e, quindi, del relativo bonus di € 500 per ciascun anno scolastico svolto come documentato in ricorso; 2) condanna, per l’effetto, il Ministero dell’Istruzione, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento di € 1.500,00 in favore della ricorrente; 3) condanna il Ministero dell’Istruzione, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento delle spese processuali in favore della ricorrente che, al netto della compensazione di 1⁄2, liquida in € 500,00 per compenso professionale, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15% come per legge con attribuzione ai procuratori antistatari.

 

IL RICORSO

Anief consiglia vivamente i docenti precari, dal 2016 in poi, a presentare ricorso per farsi assegnare i 500 euro annui della carta del docente: potranno in questo modo recuperare integralmente la somma. È possibile visionare video guida, più modalità di adesione al ricorso e scheda rilevazione dati.

PER APPROFONDIMENTI:

 

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Giurisprudenza e legislazione scolastica
16 Gennaio 2023
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Tags: Giurispruenza

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