L’azione legale sarà presentata presso il Tar del Lazio per ottenere l'utilizzo delle gm del concorso straordinario bis secondaria fino al loro esaurimento e la pubblicazione di graduatorie di merito complete di tutti i candidati che vi parteciperanno.
Riprende l’attività di confronto tra l’amministrazione e le organizzazioni sindacali: tra una settimana esatta, il 7 settembre, riprenderà anche la trattativa all’ARAN per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro dei comparti Istruzione, Università e Ricerca. Anief ricorda che i suoi dipendenti, assieme a pochi altri del pubblico impiego, sono gli unici a non avere rinnovato il contratto collettivo nazionale. E questo è gravissimo se si pensa che tra il 1990 e oggi nel nostro Paese l’aumento medio delle buste paga è stato di appena lo 0,3%, come riferito oggi da Il Fatto Quotidiano.
Riprende l’attività di confronto tra l’amministrazione e le organizzazioni sindacali: tra una settimana esatta, il 7 settembre, riprenderà anche la trattativa all’ARAN per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro dei comparti Istruzione, Università e Ricerca. Anief ricorda che i suoi dipendenti, assieme a pochi altri del pubblico impiego, sono gli unici a non avere rinnovato il contratto collettivo nazionale. E questo è gravissimo se si pensa che tra il 1990 e oggi nel nostro Paese l’aumento medio delle buste paga è stato di appena lo 0,3%, come riferito oggi da Il Fatto Quotidiano.
“Perché il Ministero dell'istruzione e il Tar Lazio sezione 3 bis hanno continuato a ignorare la copiosa giurisprudenza amministrativa e civile che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale e comunitaria sull'obbligo vaccinale demansionando i docenti dal 1° aprile al 30 giugno, mentre alcuni ordini professionali dei medici per le stesse ragioni hanno iniziato a revocare le sospensioni? Vediamo cosa ne pensa il Consiglio di Stato nei prossimi giorni sull’appello proposto dai legali di #Anief”: con queste parole torna a parlare di obbligo vaccinale Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato.
Gli stipendi in Italia sono praticamente fermi a trent’anni fa: da un’analisi dei dati Ocse prodotta oggi dal Il Fatto Quotidiano risulta che tra il 1990 e oggi nel nostro Paese l’aumento medio delle buste paga è stato di appena lo 0,3%: “29.694 euro contro i 29.588 del 1991”. Si tratta di un incremento “infinitesimale” che diventa ancora più ridicolo se si guarda agli “aumenti di cui hanno goduto i lavoratori tedeschi, francesi e inglesi per non parlare di quelli dell’Est Europa e degli statunitensi”. Il confronto è impietoso: nello stesso, infatti, Francia e Germania hanno visto aumentare gli stipendi dei loro dipendenti del 33%; la stessa Grecia, dove si è sviluppata una crisi economica spaventosa, ha comunque assicurato ai suoi lavoratori un +22%. Ma è da “Slovacchia, Repubblica ceca e Slovenia, per le quali i dati sono disponibili solo a partire da metà anni Novanta” che arriva la lezione maggiore: “hanno visto il salario medio schizzare rispettivamente del 134, 120 e 73%. Ancora più spettacolari i progressi registrati nello stesso periodo in Lituania, Lettonia ed Estonia: +292, +218 e +256%”. Fuori dall’Europa il copione non cambia: “inglesi e statunitensi nel 2021 hanno portato a casa rispettivamente il 50,5 e 52% in più rispetto a 30 anni prima. Addirittura in Spagna “gli stipendi hanno ristagnato comunque meno che da noi: rispetto al 1991 sono saliti di un 4,7%”.