A quasi un mese dall’inizio dell’anno scolastico vi sono ancora diverse migliaia di cattedre da assegnare: gli Uffici scolastici hanno passato la “palla” alle scuole, che stanno convocando dalle graduatorie d’istituto. A Milano, la realtà scolastica più grande d’Italia, in estate non si è coperto nemmeno il turn over: il dirigente responsabile, Yuri Coppi, subentrato all’attuale Ministro dell’Istruzione, spiega che ci sono troppe graduatorie esaurite, sia per le discipline che per il sostegno. Ma gli abilitati ci sono. La verità, ricorda l’Anief, è che allo Stato conviene troppo tenere 110 mila insegnanti precari, mantenendo in vita posti in deroga e in organico di fatto: la vessazione legalizzata verso i supplenti, comunque, non sfugge ai giudici, secondo i quali un precario non può esser trattato in modo diversificato o subalterno ad un collega di ruolo. Così scattano risarcimenti con molti zeri a carico dell’amministrazione che avrebbe speso meno immettendo in ruolo.
A quasi due settimane dalla sentenza Motter, il Presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico, spiega come è stata accolta in Italia e cosa accadrà ai ricorsi relativi alla ricostruzione di carriera. La sentenza Motter è stata letta in Corte di Giustizia Europea il 20 settembre 2018 alla presenza del presidente Pacifico e dei legali Anief Fabio Ganci, Sergio Galleano, Vincenzo De Michele, Gabriella Guida e Ersilia De Nisco.
“È evidente che quando queste ragioni oggettive astratte si verranno a scontrare con la praticità dei casi e verranno discusse in udienza, e in Cassazione pure, si dimostrerà che tali ragioni oggettive non esistono, perché di fatto dopo 16 anni viene riconosciuto tutto il preruolo che non è stato conteggiato dopo i primi 4 anni. Quindi si parla solo di un raffreddamento della carriera che poi, di fatto, viene riconosciuta dopo 16 anni. Dunque, sono delle ragioni oggettive che poi scompaiono e che verranno contestate nei tribunali. Poi bisogna considerare che sulla ricostruzione della carriera gli effetti della Motter non sono omogenei per tutti, perché è necessario ricordare che il personale Ata può continuare il contenzioso impugnando la ricostruzione di carriera, perché lì non ci sono stati concorsi, quindi anche le ragioni oggettive astratte riconosciute dall’Europa non ci sono. Per quanto riguarda poi il personale docente bisogna dividerlo in categorie: ad esempio, per tutti coloro che sono stati assunti dopo il 2011 ma hanno avuto diversi anni di precariato, già il giudice in quanto precario riconosce loro la progressione di carriera e quindi nella ricostruzione viene assorbito un principio che è passato ingiudicato, quello secondo il quale tutto il servizio preruolo deve essere valutato per intero; quindi tutti questi ricorrenti potranno avere successo nei ricorsi che hanno fatto anche per la ricostruzione di carriera. La stessa cosa vale pure per coloro che sono stati assunti dopo il 2011, perché nella ricostruzione di carriera andranno a contestare quel contratto integrativo che ha cancellato di fatto il primo gradone stipendiale ai neo assunti dopo il 2011. Dunque, in definitiva, diciamo che poche persone subiranno questi effetti della sentenza Motter, sempre che i giudici nazionali non sposino le tesi dei legali dell’Anief secondo cui queste ragioni oggettive non esistono, perché dopo 16 anni vengono cancellate persino dall’ordinamento italiano. Quindi è una battaglia che continueremo a fare, difendendo i diritti del personale di ruolo anche per il periodo di precariato, affinché ci sia la parità di trattamento tra tutti e venga riconosciuta la professionalità svolta dalla totalità di docenti e Ata per tutti gli anni di precariato a servizio dello Stato italiano”.
In arrivo l’obbligo di residenza professionale nella regione per partecipare ai concorsi e di fermo per un triennio per coloro che sono stati soddisfatti, anche parzialmente, in occasione dell’ultima domanda presentata. La doppia penalizzazione potrebbe essere contenuta già nella nota di aggiornamento al DEF, dopo che il CCNL 2016/18 ha rinviato alla contrattazione con i sindacati le nuove regole per la mobilità del personale docente. Contrario il presidente Anief Marcello Pacifico: è discriminante escludere a priori un candidato da una selezione pubblica di carattere nazionale solo perché residente in un’altra regione. Anche il blocco dei trasferimenti del personale docente di ruolo non ha senso, perché non si può negare il diritto al ricongiungimento ai figli: contrasteremo la norma ai tavoli di contrattazione.
La pensione di cittadinanza 2019 diventerà una realtà dal prossimo 1° gennaio, grazie alla Legge di Bilancio 2019: dovrebbe sostituire sia l’integrazione al trattamento minimo, che ad oggi ammonta a 507,42 euro al mese, che le maggiorazioni sulla pensione, come la maggiorazione sociale e l’incremento al milione. Visto che ad oggi la pensione minima (comprensiva di integrazione al trattamento minimo, maggiorazione sociale e incremento al milione) può arrivare a 643,86 euro mensili, la differenza con la pensione di cittadinanza non sarebbe enorme.
Il presidente nazionale Udir, Marcello Pacifico, alla luce di quanto discusso durante la riunione Aran, in un’intervista incentrata sul contratto DS, si sofferma sulle lotte portate avanti come sindacato che spera non vengano vanificate da una firma che non tutela gli ex presidi.
“L’ultimo incontro svoltosi all’Aran vede ancora una volta dimenticate tutte le battaglie che sono state portate avanti e recriminate dai sindacati rappresentativi della dirigenza scolastica nell’ultimo anno, proprio prima della certificazione della rappresentatività. La prima grande battaglia era quella della perequazione interna, della Ria, cioè di quell’assegno che ad oggi viene dato ai presidi assunti prima del 2001, e non ai dirigenti scolastici assunti dopo il 2001: nessuno ne fa cenno, ma per Udir è una battaglia fondamentale senza la quale non è possibile andare a firmare il contratto. La stessa cosa avviene per la perequazione esterna, dove addirittura negli ultimi incontri sembra che manchino dei fondi e bisogna andare ad attingere ai fondi della legge 107 e addirittura per gli anni successivi non è garantito nemmeno quel minimo previsto dalla legge, cioè quella progressiva ridistribuzione delle risorse, al punto tale da aumentare di 8mila euro complessivi la retribuzione di posizione di parte fissa dei dirigenti così come quella degli altri dirigenti delle altre ex aree, dell’area per esempio VII. Tutto questo per Udir è intollerabile perché se ciò è stato stabilito per contratto, nel contratto si deveno prevedere sin dal 2016 questi 8 mila euro o non le briciole, oppure ancora un forse per il futuro. E su questo, la perequazione esterna, non ci si può fermare nemmeno qui, perché ancora una volta, rispetto allo stipendio finale degli altri dirigenti della pubblica amministrazione, i dirigenti scolastici nientemeno percepiscono la metà. Queste per noi sono delle battaglie fondamentali e chiediamo ai sindacati di non svendere il contratto dei dirigenti scolastici; in tutto questo non si parla più delle risorse per gli aumenti contrattuali che sono oltretutto a rischio poiché, se non vengono rifinanziati nella Legge di Stabilità, rischiano anche per il prossimo anno di svanire”.