Sono 835 mila i docenti della scuola italiana: professoresse e professori, maestre e maestri di cui parla oggi La Repubblica. “Disegnano la scuola ma molti di loro, duecentomila, sono precari. Ostaggi di un percorso a ostacoli fatto di concorsi, graduatorie e abilitazioni che negli anni è diventato sempre più sfinente e complicato. Eroi o burocrati, appassionati o rassegnati. In prima linea nella battaglia più importante: quella per la formazione dei ragazzi”. Esemplare è la storia di un laureato in Filosofia che non riesce a farsi riconoscere le specializzazioni post laurea, conseguite anche all’estero, e rimane fermo in graduatoria, gli vengono negate pure le supplenze brevi e al massimo gli si chiede di fare il collaboratore scolastico: “nel 2017 – scrive - mi hanno negato 5 punti in graduatoria. Da allora ho ricevuto varie convocazioni per fare il bidello. E chi sarebbe stato dietro di me se mi avessero assegnato i 5 punti ha fatto varie supplenze di Storia e Filosofia. L'Italia è una grande cloaca. Piantiamola di lamentarci dell'austerità che ci impedirebbe di spiccare il volo. Noi stessi – conclude il filosofo - ci autoincateniamo al suolo con leggi e burocrati da terzo mondo”.
Marcello Pacifico (Anief): “Snellire e sburocratizzare le procedure di reclutamento e stabilizzazione è possibile: basta volerlo. Basta legiferare norme chiare, comprensibili e non più discriminanti. Si possono, ad esempio, riaprire le graduatorie ad esaurimento a tutti gli abilitati all’insegnamento, come già fatto nel 2008 e nel 2012 senza che nessuno gridasse allo scandalo. Come si possono utilizzare per le assunzioni a tempo indeterminato pure le nuove graduatorie d’istituto che l’amministrazione si appresta a trasformare in provinciali, pur con diverse modifiche da introdurre. Ma anche semplicemente prevedere l’attivazione di una nuova graduatoria per titoli e servizi, come chiesto nelle scorse settimane dall’Anief, come da diversi gruppi parlamentari in fase di modifica del Decreto Scuola e del Decreto Rilancio. Noi, dal conto nostro, non ci arrendiamo: continuiamo ad operare, in tutte le sedi possibili, anche giudiziarie, perché siamo convinti che l’inferno della burocrazia e dell’inefficienza non può prevalere sui diritti dei cittadini lavoratori”.