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Anief: era inevitabile, i nostri docenti sono stati privati non solo delle diarie di accompagnamento ma anche della dignità professionale. Appello al nuovo Governo: si volti pagina, siamo la nazione con più beni culturali al mondo.

Come tutte le attività legate alle scuola, anche il turismo scolastico è in ginocchio. La triste conferma è arrivata oggi da un’associazione di categoria. Che nel corso di una conferenza sul turismo scolastico ha reso pubbliche le conseguenze del tentativo del Governo di portare da 18 a 24 ore l’insegnamento settimanale di tutti i docenti: questa illogica iniziativa dei nostri governatori, poi rientrata anche grazie alle pressioni dell’Anief, assieme a diverse altre – il blocco degli scatti di anzianità e del contratto, la volontà di approvare il ddl Aprea sulla riforma degli organi collegiali – , ha comportato la mancata attivazione da parte di tantissimi Collegi dei Docenti di tutte le attività extradidattiche. Con il risultato che in un anno i viaggi d’istruzione sono crollati del 70% su scala nazionale. Tanto che ben 3mila imprese sono a rischio chiusura.

Se l’associazione di categoria ha chiesto pubblicamente al nuovo Governo di riattivare l'indennità di missione per i docenti, l’Anief si rivolge ai candidati che vorrebbero salire in Parlamento di farsi carico sin da oggi del ripristino della dignità dei nostri insegnanti: “come si fa – dichiara il presidente Anief, Marcello Pacifico – a chiedere a dei professionisti della formazione dei nostri giovani di accompagnare in viaggio decine di alunni per diversi giorni, ventiquattrore ore su ventiquattrore, assumendosi responsabilità enormi, senza un minimo di gratificazione? Per diversi anni questi stessi docenti hanno accettato di farsi carico di quest’onere per cifre poco più che simboliche. Ora però che i compensi del fondo d’istituto sono sempre più finalizzati e ridotti all’osso e, nel contempo, i decisori politici hanno deciso di impiegatizzare sempre più la professione, i docenti hanno detto basta. Come non comprenderli?”.

Secondo l’Anief si conferma quindi il fatto che gli insegnanti dei nostri ragazzi non sono più disposti ad essere presi in giro: i contratti bloccati e la mancanza di fondi per lo svolgimento delle attività aggiuntive rappresentano, infatti, un vero insulto alla loro professionalità. L’ultima testimonianza, in questo senso, arriva dalla mancanza di candidati a svolgere l’ingrato ruolo, in cambio di compensi irrisori, di commissario o presidente del concorso a cattedra.

“Il nostro sindacato – spiega Pacifico - coglie l’occasione, a pochi giorni dalle elezioni politiche, di chiedere a chi governa il nostro Paese di investire sull’enorme patrimonio culturale di cui è in possesso l’Italia. Anziché tentare di metterlo in liquidazione, come ha fatto il Governo del premier Monti mettendo in vendita beni immobili di pregio per incassare 5 miliardi di euro entro il 2013, occorre con urgenza tornare ad investire nei beni culturali dando maggiore impulso all’attrattività turistica. Oltre che, ovviamente, tornando ad affidare alle scuole delle economie specifiche per far tornare a viaggiare i nostri giovani, anziché penalizzandoli ulteriormente privandoli delle attività che fanno parte del loro progetto formativo. Privandoli di conoscere, assieme ai loro docenti, la nazione – conclude il presidente Anief - con più beni culturali al mondo”.

 

Se lo Stato non ce la fa ad imporre il rispetto della normativa, con le Regioni che stavolta vanno oltre il proprio ruolo, sarà il nostro giovane sindacato a difendere gli interessi degli utenti e dei lavoratori della scuola.

Sul dimensionamento scolastico si continua a procedere con una visione parziale, che non tiene conto della normativa vigente, delle indicazioni della Consulta e delle esigenze dell’utenza scolastica: ancora una volta la Conferenza delle Regioni non è infatti pervenuta a trovare quell’accordo che avrebbe potuto ridare all’istruzione italiana le 2mila scuole soppresse in modo illegittimo nell’ultimo biennio.

Anief apprende che la Conferenza Stato-Regioni continua ad ignorare la sentenza della Corte Costituzionale n.147/2012: applicando ostinatamente l’ormai superato comma 5 dell’art. 19 della Legge n.111/2011, l’orientamento rimane quello di non assegnare il dirigente scolastico e il Dsga in tutti quei casi in cui gli istituti superiori non raggiungano i 600 alunni (nelle aree urbane) e i 400 alunni (nelle aree montane).

Si tratta di una prospettiva che deriva da un’interpretazione errata dei ruoli istituzionali: se da una parte la legge impone allo Stato di diramare i criteri generali, in fase attuativa spetta alle Regioni adattare le norme in base alle specifiche necessità territoriali. Invece, quello che si sta realizzando, peraltro anche a fatica, è l’ennesimo spregio a questo modello. Con le Regioni che si sostituiscono sistematicamente al legislatore. E l’amministrazione centrale, rappresentata dal Miur e dal Mef, che opera principalmente per mantenere un obiettivo: mantenere i risparmi incamerati, a costo di rendersi artefice di inefficienze e disservizi pubblici.

È poi chiaro che sta venendo meno il ruolo super partes della Conferenza, che non riesce ad individuare un nuovo criterio dell’impianto normativo generale. Come bene evidenziato dalla Corte Costituzionale. Quello che sta avvenendo è che le Regioni, attraverso decreti assessoriali, leggi e delibere locali, stanno andando oltre il proprio ruolo: introducendo parametri (su sedi, alunni, ecc.) in palese contrasto con le norme nazionali.

“È evidente – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief – che se lo Stato non ce la fa ad imporre il rispetto della normativa, sarà il nostro giovane sindacato a difendere gli interessi degli utenti e dei lavoratori della scuola: l’Anief, dopo aver tentato una conciliazione con i governatori, scrivendo a tutti loro ad inizio 2013, conferma la volontà di patrocinare gratuitamente dei fondati ricorsi ai Tar, con il preciso fine di far annullare in sede giudiziaria tutti gli atti illegittimi sul dimensionamento scolastico e di far ripristinare i 2mila istituti cancellati nell’ultimo biennio”.

Famiglie, DS, DSGA, docenti e personale Ata possono inviare le richieste di informazioni sui ricorsi da attuare contro il dimensionamento del prossimo anno scolastico – quindi contro Miur e Regioni - scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

 

Non è solo un problema demografico e migratorio, ma preoccupa anche il divario sul tasso di abbandono scolastico in età di obbligo formativo. Se non si inverte la tendenza con un serio piano di sviluppo economico, l’implementazione di idee e risorse, il Meridione è condannato all’eutanasia.

È un’Italia a due velocità quella che il Miur ha registrato in questi giorni per determinare il numero di addetti del prossimo anno scolastico. Da una parte c’è il Centro-Nord, che si contraddistingue per gli aumenti costanti delle iscrizioni degli alunni, con delle regioni, come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, dove l’incremento annuo è anche di decine di migliaia di allievi ed in cinque anni si sono registrati quasi 200mila iscritti in più (con un incremento medio del 5% circa di alunni).

Dall’altra c’è il Sud, dove nell’ultimo quinquennio si sono persi per strada quasi 95mila alunni. I quali rappresentano una riduzione del 4,8%, con la primaria a preoccupare maggiormente, visto che il saldo negativo è di oltre 41 mila iscritti (-5,8%). Molise, Basilicata e Calabria rappresentano i casi peggiori, con riduzioni che si attestano tra il 7% ed il 9%. Mentre negli istituti superiori la flessione ha addirittura superato il 10%. Desolante anche il resoconto delle Isole, dove dal 2007/08 ad oggi mancano all’appello 53mila alunni in meno (-5,9%).

Secondo l’Anief si tratta di dati inequivocabili, che non possono in alcun modo far giungere a conclusioni positive e rassicuranti. Prima di tutto perché, nonostante siano passati più di 150 anni dall’Unità d’Italia, ancora rimane irrisolto il problema del troppo diverso sviluppo delle aree del Paese.

“Se non si inverte la tendenza, almeno a livello scolastico, il Meridione sembra sempre più condannato all’eutanasia”, sostiene Marcello Pacifico, presidente dell’Anief. “È evidente che se non si attua con urgenza un serio piano di sviluppo economico – continua il rappresentante del giovane sindacato - il nostro Paese è destinato, almeno a livello di istruzione, a separarsi. Con il Nord che guarda sempre più da vicino l’Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio”.

Ma a cosa si deve questa netta discrepanza? L’ufficio studi dell’Anief ritiene che non possa essere ininfluente il fenomeno della forte riduzione del tasso demografico. A cui si aggiunge quello dei flussi migratori. Entrambi, di sicuro, penalizzano il Meridione. Ma c’è dell’altro: assieme a certi andamenti, che potremmo definire ‘fisiologici’, si deve registrare il colpevole fenomeno dei mancati investimenti da parte dello Stato, della scarsità delle idee e delle risorse messe a disposizione dal Governo centrale.

“Con i cittadini del Meridione e delle Isole – continua Pacifico - che si sono ritrovati in un inconcepibile stato di abbandono e di solitudine, contro i quali ben poco può fare anche l’Unione Europea. La quale ha sempre cercato, nello stesso periodo, di stimolare i Paesi membri, indicando l’esigenza di raggiungere delle percentuali nazionali sulla dispersione scolastica sempre più modeste. Anche perché è storicamente provata, oltre che confermata di recente dall’Istat, la forte associazione tra povertà, bassi livelli di istruzione, modesti profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro”.

Non a caso, pure sul versante dell’abbandono dei banchi di scuola, la storia si ripete: mentre l’Ue ci chiede di raggiungere, nel 2020, un tasso medio nazionale di abbandono tra il 15 e il 16%, in Italia ci ritroviamo con il Centro-Nord vicino a questa soglia. E la forbice rispetto al Sud che continua sempre più ad allargarsi. Con alcune regioni, come la Sicilia, dove la quota di coloro che lasciano gli studi in età di obbligo formativo supera ancora il 25%.

“Questa situazione va denunciata a voce alta, perché – conclude il presidente dell’Anief – la politica dei mancati investimenti sta di fatto condannando le attuali e future nuove generazioni del Sud Italia. Ma lo Stato può rinunciare alla volontà di assolvere alla formazione di una parte dei suoi giovani? Possono i nostri governanti non garantire il valore etico del lavoro, legato al concetto stesso di cittadinanza previsto dall’articolo Uno della Costituzione?”.

 

Data la proroga della scadenza delle domande di pensionamento fino al 5 febbraio 2013 verrà prolungata l'apertura degli sportelli di consulenza sulle pensioni attivi sul territorio. I link di seguito verranno aggiornati a breve. Si potrà in ogni caso far riferimento anche alla Segreteria Nazionale per le consulenze sulle domande di pensionamento.

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