Il sì della Corte dei Conti alla nuova regolamentazione degli insegnamenti è questione di ore. Subito dopo saranno ufficializzati i testi per selezionare 63.712 docenti. Il sindacato ricorda gli effetti negativi che comporterà la compressione delle classi concorsuali. Ad esprimere forti critiche è stato anche il Consiglio di Stato, il cui giudizio spiana la strada alle impugnazioni in tribunale: c’è il “pericolo di una dequotazione della qualità del nostro sistema di formazione superiore, non più ancorata a uniformi percorsi di apprendimento, finalizzati a garantire la competenza dei docenti nella materia oggetto di insegnamento, destinata a ripercuotersi in senso negativo sulla complessiva offerta formativa del nostro sistema”. Sulla stessa lunghezza d’onda le norme prescelte dal Miur sulla selezione e stesura del concorso: i ricorsi fioccheranno.
Marcello Pacifico (presidente Anief): stiamo valutando se e come impugnare anche le nuove classi di concorso, visto che pure il Giudice di secondo grado della giustizia amministrativa ha già espresso forti critiche. Intanto, di sicuro, appena usciranno i bandi di concorso, informeremo gli esclusi su come impugnare il bando che li vede ingiustamente estromessi: li faremo partecipare comunque alla selezione.
Quella che sta per iniziare sarà una settimana importante per la scuola italiana: dopo il via libera del Capo dello Stato, già domani potrebbe arrivare l’atteso sì da parte della Corte dei Conti alle rinnovate classi di concorso. Il giorno dopo, martedì 23 febbraio, si potrebbero così spalancare le porte alla pubblicazione del concorso a cattedre per 63.712 docenti. Con i tre bandi che arriveranno in Gazzetta Ufficiale al massimo nella giornata di venerdì 26.
Anief reputa che i provvedimenti che in via di approvazione contengano diverse illegittimità. E non facciano il bene della scuola, degli studenti e del personale che vi opera. Perché quella di ridurre le oltre 150 classi di concorso della scuola secondaria di quasi un terzo, ma soprattutto di accorparle entro otto enormi “contenitori” di materie d’insegnamento, denominati ambiti disciplinari, se da una parte permette all’amministrazione di collocare con estrema facilità il personale da assumere, dall’altra penalizza, pure di molto, la qualità dell’insegnamento e della didattica. È esemplare quanto scritto solo pochi giorni fa da Palazzo Chigi, nel commentare l’imminente approvazione: “l’accorpamento consente di aumentare il numero di posti per classe di concorso e il tasso di sostituibilità degli insegnanti”.
Sempre sul nuovo regolamento delle classi di concorso, va ricordato che anche il Consiglio di Stato, chiamato ad esprimere un parere definitivo, attraverso il ‘numero affare 01370/2015’ ha lesinato diverse critiche, tra l’altro davvero pertinenti: “Le modifiche introdotte al sistema scolastico, attraverso il processo di progressiva assimilazione dei curricula dei docenti, lasciano intravedere, in una visione prospettica – ha scritto il Consiglio di Stato -, il pericolo di una dequotazione della qualità del nostro sistema di formazione superiore, non più ancorata a uniformi percorsi di apprendimento, finalizzati a garantire la competenza dei docenti nella materia oggetto di insegnamento, destinata a ripercuotersi in senso negativo sulla complessiva offerta formativa del nostro sistema, la cui strutturazione e disciplina rientrano nella responsabilità politica del Governo”.
Quello del Consiglio di Stato è un giudizio severo quanto lucido, che tra l’altro sembra spianare la strada a possibili ricorsi contro l’attuazione del nuovo regolamento sulle classi concorsuali. Non è diverso il giudizio – come pure la possibilità di impugnazioni - sul concorso a cattedre, la cui stesura finale non ha prodotto i cambiamenti auspicati dal sindacato e dai lavoratori. Molti punti critici sono stati ravvisati anche dal Consiglio superiore della pubblica istruzione. Anief ricorda che alle immotivate esclusioni dei giovani laureati, dei precari non abilitati con 36 mesi di servizio, dei docenti di ruolo, e di circa 5mila abilitandi di sostegno, si somma la composizione discutibile delle prove.
Ad esempio, scorrendo la bozza dell’allegato A del bando selettivo, si apprende che la verifica scritta di inglese, francese, spagnolo e tedesco sarà eseguita dai candidati senza l’ausilio del dizionario. Detto che si tratterebbe del primo concorso pubblico per docenti in Italia che proibisce l’uso del dizionario, non si comprende perché per le lingue arabo, cinese, giapponese e portoghese sarà invece consentito l'uso dello stesso. In questo caso, sia monolingue che bilingue.
Un’altra disparità riguarda la prova orale: se “per le classi di concorso di lingua straniera la prova orale si svolge interamente nella lingua stessa” (come giustamente indicato nel comma 3 dell’articolo 7 della bozza generale del concorso), questa regola poi varrà solo per le lingue inglese, francese, spagnolo, tedesco e portoghese: scorrendo ancora la bozza dell’allegato A del bando, si scopre che per la prova orale di arabo alle superiori (ambito disciplinare n. 5, a24) “si svolge in parte in lingua araba”. Con delle deroghe alla norma ‘madre’ anche per il cinese, per il quale è stata accordata una “eccezione della parte dedicata alla simulazione dell’attività didattica in classe, che sarà svolta in italiano”, e pure per il giapponese, nella “parte dedicata alla simulazione dell’attività didattica in classe che potrà essere in parte svolta nella lingua di uso in classe”.
“Subito dopo la pubblicazione dei bandi del concorso a cattedre – relativi a scuola dell’infanzia e primaria, secondaria e sostegno - renderemo pubbliche le modalità per partecipare comunque alla selezione”, spiega Marcello Pacifico, presidente Anief: “tutti i candidati esclusi, pur se in possesso dei titoli di studio e di quelli abilitandi all’insegnamento, verranno informati su come impugnare il bando che li vede ingiustamente esclusi dal concorso a cattedre. Intanto, il nostro ufficio legale sta valutando se e come impugnare anche il regolamento sulle nuove classi di concorso, sulle quali sono state espresse già forti critiche dal Giudice di secondo grado della giustizia amministrativa”.
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