È l’amministrazione che deve attuare quanto disposto dalla magistratura a seguito di un contenzioso e non il cittadino a rassegnarsi sulla gestione scorretta di una procedura concorsuale. I ricorsi nascono quando sono lesi alcuni diritti come nel caso di un’ingiusta esclusione, di una cattiva valutazione o ancora di una mancata valorizzazione o spendibilità del titolo conseguito. Chi ha la confiance di amministrare la res publica lo dovrebbe sapere. Anzi, dovrebbe rispondere dei suoi errori. Non siamo in uno Stato assoluto.
L’art. 113 della Costituzione - replica Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir che soltanto il 16 agosto ha denunciato dai microfoni di Radio1 il silenzio sulle immissioni in ruolo dei precari e la vastità del contenzioso in atto - tutela il diritto dei cittadini a ricorrere contro gli atti della pubblica amministrazione ritenuti illegittimi, mentre la Consulta può cancellare dal nostro ordinamento le leggi approvate dal Parlamento lesive dei principi sanciti dalla nostra Carta.
Da quanto riportato nel comunicato di OS.it, farebbe bene il ministro ad attendere gli esiti del contenzioso prima di lanciare giudizi affrettati e a concorrere con il Governo per trovare una soluzione perché ogni ricorso contro gli atti della P.A. sia deciso in tempi rapidi. La soluzione non è certamente quella di impedire i ricorsi dei cittadini o di abolire il Tar o il CdS come qualcun altro ha ipotizzato in un editoriale della stampa dei giorni scorsi. Se poi si vuole un buon amministratore, basta fargli assumere le responsabilità erariali (spese legali e risarcimenti) delle decisioni prese.
Il comunicato di OrizzonteScuola