Dopo i facili entusiasmi dei giorni passati, per le organizzazioni sindacali maggiori è arrivata la doccia fredda: l’amministrazione scolastica vuole inserire nella sequenza contrattuale due elementi che danneggerebbero, anziché tutelare, i docenti. Quello della scelta della sede svincolata dalle graduatorie che si formeranno in ogni scuola per il singolo posto (allora perché crearle?) e quello dell’innalzamento continuo dei requisiti nazionali da cui ogni dirigente scolastico estrarrà i quattro titoli da associare al posto libero.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): la realtà è che si continua a trattare attorno ad una legge incostituzionale. Siamo stati sempre consapevoli che qualsiasi accordo non potrà sovvertire una norma-madre, contenuta dal comma 79 in poi della Buona Scuola, che permette ai dirigenti scolastici di scegliere il docente che ritiene più adatto. Se a questo aggiungiamo la possibilità di costituire l'utilizzo dei docenti nella rete di scuole, prevista dal comma 71 sempre della Legge 107, ci rendiamo conto che ai docenti è stata rifilata una trappola: spostarli per via discrezionale, eludendo le graduatorie incentrate sull’anzianità di servizio. Ed ora, uscire indenni da questo scenario è impossibile. A meno che non si impugni in tribunale l’accordo. Come già è accaduto con la chiamata diretta della Lombardia, sonoramente bocciata dalla Consulta.
È in crisi nera, ancora prima di essere sottoscritto, l’accordo sulla mobilità per chiamata diretta, che coinvolge quasi 100mila insegnanti di ruolo. I sindacati maggiori, che avevano già brindato per aver risparmiato il colloquio col dirigente ai docenti finiti negli ambiti territoriali, si sono seduti al tavolo del Miur e hanno incassato un’amara doppia sorpresa: l’amministrazione scolastica vuole inserire nella sequenza contrattuale due elementi che danneggerebbero i docenti da collocare su sede, anziché tutelarli.
Il primo elemento riguarderebbe la possibilità di scegliere i docenti in possesso dei titoli, aggirando le graduatorie d’istituto formatesi sulla base del “bando” che ogni dirigente dovrebbe andare a costituire (vanificandone così l’esistenza); il secondo elemento riguarderebbe il sempre più alto numero di requisiti-criteri, giunti quasi a quota 50, che il Miur metterebbe a disposizione degli istituti, da cui i dirigenti scolastici avrebbero quindi estratto i quattro da associare alle cattedre libere, sulla base delle indicazioni contenute nel Pof triennale.
“Quanto sta accadendo, per l’Anief non è una sorpresa – spiega il presidente nazionale Marcello Pacifico – perché si sta cercando di creare delle regole che ruotano comunque attorno ad una legge incostituzionale. Siamo stati sempre consapevoli che qualsiasi accordo non potrà sovvertire una norma-madre, contenuta dal comma 79 in poi della Buona Scuola, che permette ai dirigenti scolastici di scegliere il docente che ritiene più adatto. Se a questo, aggiungiamo la possibilità di costituire l'utilizzo dei docenti nella rete, prevista dal comma 71 della stessa Legge 107, ci rendiamo conto che è impossibile uscire da questa trappola”.
Per il giovane sindacato, quindi, qualsiasi soluzione sottoscritta con i sindacati rappresentativi si scontrerebbe con le decisioni prese dal legislatore, tendenti alla perdita definitiva della titolarità dei docenti della scuola pubblica. Perché con il nuovo anno scolastico tutti gli insegnanti saranno messi in discussione, anche quelli con decenni di anzianità e primi nelle graduatorie dei loro istituti. È un ‘regalo’ che il Governo ha voluto a tutti i costi fare alla scuola, introducendo un organico dell’autonomia sempre in balia di scelte discutibili e non oggettive: in linea teorica, tutti gli insegnanti potranno scivolare, per volontà del proprio dirigente scolastico, ad esempio su un posto di potenziamento della propria disciplina, lasciando così la didattica. Siamo all’assurdo.
“Per queste motivazioni – continua Pacifico – rimaniamo fermi nella nostra posizione: quella di ricorrere in tribunale, contro qualsiasi accordo che si andrà a costituire, anche di tipo unilaterale, come sembrerebbe profilarsi dopo gli avvenimenti di queste ultime ore. Ancora di più, siamo convinti di ciò, se alla fine l’accordo si scosterà dell’individuazione del personale docente da assegnare su cattedra per via discrezionale ed eludendo le graduatorie incentrate sull’anzianità di servizio”.
“Non vogliamo ripeterci, ma vale la pena ribadire che la Corte Costituzionale si è espressa già contro la sperimentazione in Lombardia della chiamata diretta, bocciando l'articolo 8 della Legge n. 2/2012, poiché gli insegnanti della scuola pubblica vanno scelti sulla base di parametri chiari e oggettivi. Per questo motivo, – conclude il sindacalista Anief - siamo convinti che la legge sulla chiamata diretta va combattuta nelle aule del tribunale e non di certo attraverso accordi estemporanei e inattuabili”.
Per approfondimenti:
Giannini: «In tre anni la “supplentite” sarà curata» (Il Sole 24 Ore del 9 giugno 2016)
(Orizzonte Scuola del 13 luglio 2016)