L’inizio dell’anno non si è aperto nel migliore dei modi per i supplenti brevi del Pordenonese, in realtà nemmeno vi era stato un lieto Natale, dato che mancano all’appello diverse mensilità. Lo stipendio per chi non ha una supplenza lunga è rimasto a una sola emissione ricevuta a ottobre. Nulla è stato pagato dei mesi di novembre, dicembre e, naturalmente, gennaio
“Al nostro sportello – spiega Teresa Vitiello responsabile Anief per la provincia di Pordenone – arrivano insegnanti disperati, piangono perché non riescono a far fronte alle spese, perché hanno sostenuto per arrivare nelle nostre scuole un lungo viaggio e ora non riescono a pagare l’affitto; molti sono giovani, ma nemmeno i genitori riescono più ad anticipare i soldi. C’è tanta angoscia e preoccupazione tra gli insegnanti, alcuni se ne vogliono ritornare a casa. Ritengo che per dei lavoratori sia un trattamento indegno, le pretese di un lavoro qualitativo sono sempre più alte, ma non c’è la controparte stipendiale, questi ritardi da parte dello Stato non si possono comprendere”.
Molti insegnanti sono arrivati nel Pordenonese con le Mad, le messe a disposizione, ovvero hanno presentato il curriculum alle scuole e i dirigenti, una volta vagliato, hanno fatto loro un contratto. La supplenza può essere solitamente per sostituzione di un insegnante in malattia o in maternità, può durare pochi mesi, ma molte volte viene prolungata fino al termine dell’anno scolastico, poiché il titolare di cattedra non rientra. Altri docenti sono stati chiamati scorrendo le graduatorie di terza fascia di istituto, hanno esperienza, compiono egregiamente il proprio lavoro. E, finita la supplenza, vengono spesso chiamati in un’altra scuola, allora devono ripartire.
“Abbiamo chiesto informazioni alla Ragioneria dello Stato – dichiara Vitiello – ma solo a gennaio inoltrato ci potrà essere un’emissione speciale; al momento questi insegnanti dovranno cavarsela con risorse proprie, da qui la disperazione che arriva ai nostri uffici. Purtroppo, abbiamo le mani legate, ma continuiamo a sollecitare il ministero affinché vengano rispettate le scadenze. Lavorare in questo modo non è dignitoso”.