Sfido chiunque in queste ultime settimane abbia cercato di ricostruire ciò che accadde nel 1861 e come renderne edotti alunni, cittadini italiani e mondo universo a dimostrarmi quanto sia poco conosciuta l’altra faccia dei due mondi del nostro protagonista risorgimentale Giuseppe Garibaldi.
Se tutti durante l’infanzia abbiamo allegramente cantato la filastrocca con il cambio di vocali “Garibaldi fu ferito…” e sappiamo che in più di un’occasione il generale patriota si sia beccato una pallottola nel corso dei combattimenti, un silenzio enigmatico ha sempre celato la condizione di disabilità che per diversi anni ha accompagnato la sua vita. Abbiamo sentito parlare per lungo e per largo non solo dei suoi meriti, ma anche dei suoi difetti, delle sue preferenze in fatto di donne, del suo credo massonico, dei falsi storici e delle ricostruzioni strumentali intorno alla sua figura.
La prima volta che sentii parlare della disabilità di Garibaldi fu in una conferenza dove Giampiero Griffo, membro esecutivo mondiale dell’organizzazione “Disabled people’s international”, presentava delle slide sui diritti delle persone disabili Presentò un’analisi storico-culturale sull’incidenza del modo di presentare nei vari contesti la condizione di disabilità della popolazione mondiale. Mi colpì l’affiancamento di due immagini: la prima che ritraeva solo il mezzobusto di Garibaldi, affiancato all’immagine intera in cui appariva chiaramente una sorta di carrozza non trainata, un prototipo di sedia a rotelle. In quasi tutte le documentazioni tramandate raffiguranti il nostro eroe, gli impaginatori hanno ad arte ritagliato semplicemente l’inquadratura superiore scartando il dispositivo ritratto nel dipinto originale.
Vi sono molte immagini peraltro che mostrano Garibaldi appoggiato a un bastone, a cavallo, seduto, ferito. Poche lo ritraggono autonomamente deambulante. Progressivamente non solo gli esiti dei combattimenti ma anche la malattia progressiva dalla quale era affetto gli crearono non pochi problemi di mobilità. Unici cenni alla sua disabilità, che nulla gli ha mai impedito se non il camminare autonomamente, si trovano nei siti che si occupano di artrite reumatoide (era questa la condizione di disabilità di Garibaldi) oppure accennati nelle biografie ricostruite più di recente del periodo vissuto a Caprera dove poi si spense.
Come si apprende da un articolo di “mobilità” rivista pubblicata fino al dicembre 2008 a firma del suo direttore Franco Bomprezzi ( http://www.mobilita.com/rivista/031999/garibaldi.htm ) “Il geniale, tenace, longevo Garibaldi, … negli ultimi anni della sua vita, invece, dopo la famosa ferita nella battaglia di Aspromonte e dopo l'insorgere di una progressiva forma di artrite reumatoide, sono stati caratterizzati da una crescente immobilità, e addirittura dal ricorso prolungato alla carrozzella e agli ausili dell'epoca (stampelle, lettini ortopedici, poltrone reclinabili, e così via).
La sua splendida dimora immersa nel verde mediterraneo dell'isola di Caprera è oggi un museo di archeologia degli ausili. Ma è anche uno stupendo esempio di abbattimento delle barriere architettoniche ante litteram. L'anziano generale ha pianificato con saggia intelligenza gli interventi semplici che erano necessari per consentirgli una prolungata mobilità: rampe di accesso invece dei gradini, porte larghe, pavimentazione a lastroni lungo i sentieri che si inoltrano nel bosco, piena fruibilità perfino dell'ampia e ombrosa stalla.”
La sua splendida dimora immersa nel verde mediterraneo dell'isola di Caprera è oggi un museo di archeologia degli ausili. Ma è anche uno stupendo esempio di abbattimento delle barriere architettoniche ante litteram. L'anziano generale ha pianificato con saggia intelligenza gli interventi semplici che erano necessari per consentirgli una prolungata mobilità: rampe di accesso invece dei gradini, porte larghe, pavimentazione a lastroni lungo i sentieri che si inoltrano nel bosco, piena fruibilità perfino dell'ampia e ombrosa stalla.”
Se non ci fosse stata una sensibilità nella rivisitazione storica di questo eroe da parte di Giampiero Griffo e di Franco Bomprezzi, due persone che stimo sopra gli altri “esperti” nazionali come motori di promozione sociale, che da sempre sono impegnati nel delicato compito di fare informazione e di promuovere lo sguardo e la cultura rispetto ai diritti delle persone con disabilità, avrei colto altri aspetti di questo cento cinquantenario. Nel filo diretto tra Palermo e Roma che mi lega ad Anief e che mi vede cittadina italiana impegnata nel sociale oltre che nella tutela dei diritti dei lavoratori per la scuola, voglio consegnare ai lettori di trend setter il disagio della storia di fronte ad un eroe che ha vissuto in prima persona la disabilità. Quest’aspetto di Garibaldi, che imbarazzando la storia non è conosciuto dai nostri alunni, riflette il disagio della società di fronte alla disabilità. Perché una volta tanto non guardare all’altra faccia dell’emisfero di questi due mondi del nostro eroe? Perché non proporre e riconsegnare alla storia, almeno nelle nostre classi, una verità sfuggente che riporta ad una dimensione umana e di dignità vissuta piuttosto che un canto corale dell’inno di Mameli?
Elena Duccillo
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