Anziché puntare il dito contro chi non è stato in grado di cancellare il precariato, in primis il Ministero dell’Istruzione, a livello di opinione pubblica si tenta di far passare il concetto che la colpa è dei giudici se nel 2017 ci sono ancora decine di migliaia di precari nelle GaE e serviranno diversi anni per stabilizzarli. E anche di chi patrocina le cause in tribunale per difendere i supplenti. La verità è che la riduzione del tempo scuola nel 2009 ha tagliato 40mila cattedre. E che dal 2012 le Facoltà universitarie continuano a sfornare corsi a numero chiuso, per abilitare i giovani in Scienze della formazione primaria ma nessuno li può immettere in ruolo. Inoltre, nel percorso formativo 0-6 anni, lo Stato continua a gestire solo il 30% dell’offerta formativa e dal 2000, improvvisamente e in maniera illegittima ha escluso migliaia di diplomati magistrale. Cosa dovevano fare quei futuri maestri, che aveva studiato per insegnare? Rassegnarsi e diventare tutti impiegati?
Come non è vero che si vuole assumere del personale che non ha mai in insegnato. Perché nel 99% dei casi, stiamo parlano di precari che supplenze alle spalle. Anche tra i diplomati magistrale. È emblematico il caso delle GaE dalla scuola dell’infanzia e primaria di Roma, dove ci sono 5.356 maestri in lista d’attesa, ma chi scrive che la maggior parte “verosimilmente è da ritenere che non abbiano mai insegnato” probabilmente non sa che l’Ambito territoriale (per velocizzare il lavoro di inserimento dati relativi ai ricorrenti) non ha pubblicato in graduatoria la specifica dei punteggi dei tanti diplomati magistrale inseriti nel 2014 per volere del giudice.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Come si fa a demonizzare un titolo di studio rilasciato dallo Stato e da sempre ritenuto valido per insegnare nelle scuole primarie e dell’infanzia, magari addossando ai giudici amministrativi responsabilità non loro, piuttosto che andare a colpire i veri registi della supplentite? Qui non c’entra la plenaria sui diplomati magistrale, come qualcuno dal Miur vorrebbe fare intendere, perché è assodato per giurisprudenza che il titolo di diploma magistrale rilasciato entro il 2001 è valido per l’inserimento nelle Graduatorie. Chi si indigna del fatto che ancora oggi ci sono insegnanti non laureati, forse non sa che la metà dei docenti di ruolo ne sono sprovvisti. Anche i maestri di chi oggi pontifica quasi sicuramente non l’avevano. Sarebbe stato meglio dire: la riforma non ha dimenticato di assumere gli insegnanti della scuola dell’infanzia, come non ne ha stabilizzato nemmeno uno con il potenziamento, perché avevamo altri programmi che non sono andati a termine. Far pensare che la colpa è di chi li ha difesi e dei giudici che stanno esaminando il caso, è l’ennesimo passo falso di chi non ha più attenuanti.
A ridosso del nuovo anno scolastico, si torna a parlare dell’alto numero di precari della scuola. Solo che, anziché puntare il dito contro chi non è stato in grado di cancellare la supplentite, in primis il Ministero dell’Istruzione, si tenta di far passare il concetto che la colpa è dei giudici se nel 2017 ci sono ancora decine di migliaia di precari nelle GaE e serviranno diversi anni per stabilizzarli. E anche di chi patrocina le cause in tribunale per difendere i supplenti. I quali, però, in qualsiasi Stato moderno sarebbero da diverso tempo già immessi in ruolo non certo per via giudiziaria. Però, siamo in Italia, dove prendersela con gli altri è un’arte nazionale.
La verità, replica il sindacato che più di tutti gli altri si è messo dalla parte dei docenti penalizzati, è che la riduzione del tempo scuola nel 2009 ha tagliato 40mila cattedre. E che dal 2012 le Facoltà universitarie continuano a sfornare corsi a numero chiuso, per abilitare i giovani in Scienze della formazione primaria ma nessuno li può immettere in ruolo. Inoltre, nel percorso formativo 0-6 anni, lo Stato continua a gestire solo il 30% dell’offerta formativa e dal 2000, improvvisamente e in maniera illegittima ha escluso migliaia di diplomati magistrale. Cosa dovevano fare quei futuri maestri, che aveva studiato per insegnare? Rassegnarsi e diventare tutti impiegati?
Invece di dire che più di qualcuno, con cariche istituzionali e politiche, dovrebbe pagare tra i dirigenti di viale Trastevere, ministri e parlamentari, si preferisce divulgare la tesi che le responsabilità sono in capo ai tribunali. I quali, sino a prova contraria, operano per tutelare i diritti lesi. Come non è vero che si vuole assumere del personale che non ha mai in insegnato. Perché nel 99% dei casi, stiamo parlano di precari che supplenze alle spalle. Anche tra i diplomati magistrale.
È emblematico il caso delle GaE dalla scuola dell’infanzia e primaria di Roma, dove è vero che ci sono 5.356 maestri precari in lista d’attesa, ma chi scrive che la maggior parte “verosimilmente è da ritenere che non abbiano mai insegnato” probabilmente non sa che l’Ambito territoriale romano (per velocizzare il lavoro di inserimento dati relativi ai ricorrenti) non ha pubblicato in graduatoria la specifica dei punteggi dei tantissimi aspiranti docenti con diploma magistrale inseriti nel 2014 per volere del giudice. È per questo motivo che alla ‘voce’ servizio risultano zero punti, ma non di certo perché il precario non ha mai insegnato: come potrebbero avere, altrimenti, molti di quegli stessi precari più di 100 punti totali?
Sempre a Roma, l’Anief ha calcolato che sono circa 2mila i precari della scuola Infanzia che non solo hanno già insegnato come supplenti, ma lo hanno fatto per almeno 36 mesi prima del 2014. La conferma di questo dato inconfutabile è che, sempre nella capitale, le GaE di infanzia e primaria ogni anno si esauriscono, con larghissima accettazione dei diretti interessati convocati dall’Ambito territoriale per il conferimento della supplenza annuale. I quali, però, continuano ad avere zero punti alla ‘voce’ servizio.
“Come si fa – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal - a demonizzare un titolo di studio rilasciato dallo Stato e da sempre ritenuto valido per insegnare nelle scuole primarie e dell’infanzia, magari addossando ai giudici amministrativi responsabilità non loro, piuttosto che andare a colpire i veri registi della supplentite? Qui non c’entra la plenaria sui diplomati magistrale, che arriverà entro fine 2017, come qualcuno dal Miur vorrebbe fare intendere, perché è assodato per giurisprudenza che il titolo di diploma magistrale rilasciato entro il 2001 è valido per l’inserimento nelle Graduatorie”.
“Chi si indigna del fatto che ancora oggi ci sono insegnanti non laureati, forse non sa che la metà dei docenti di ruolo ne sono sprovvisti. Anche i docenti di chi oggi pontifica e critica questo stato di cose, quasi sicuramente non avevano mai frequentato l’Università. Eppure, proprio quei maestri hanno permesso a diverse generazioni di avere solide basi, un metodo di studio valido e di ricoprire un ruolo importante nella società. Sarebbe stato meglio dire: la riforma non ha dimenticato di assumere gli insegnanti della scuola dell’infanzia, come non ne ha stabilizzato nemmeno uno con il potenziamento, perché avevamo altri programmi che non sono andati a termine. Far pensare che la colpa è di chi li ha difesi e dei giudici che stanno esaminando il caso – conclude Pacifico – è l’ennesimo passo falso di chi non ha più attenuanti”.
Per tutti questi motivi, Anief conferma i ricorsi gratuiti per la mancata stabilizzazione: si può decidere di ricorrere in tribunale per ottenere scatti di anzianità, il pagamento dei mesi estivi e adeguati risarcimenti. Ai ricorsi sono interessati pure i lavoratori di ruolo.
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28 agosto 2017
Ufficio Stampa Anief
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