Come creare un nuovo capro espiatorio per coprire l’assoluta incapacità del Miur di gestire il precariato. La storia è lunga: neo-assunti contro supplenti, sissini contro vincitori - idonei dei concorsi e abilitati dei corsi riservati, e poi gli ex lege 143/04, tieffini contro passini, abilitati in SFP ante e post 2011, immessi in ruolo prima e dopo il 2011, assunti in organico potenziato e abilitati delle graduatorie d’istituto, trasferiti in fase A o in fase C. E, ora, una nuova categoria da condannare a mezzo stampa, quella dei diplomati magistrale ante 2001, così immonda eppure salvata con un D.P.R. del Quirinale e protetta dal CdS.
Se devi affrontare il problema del precariato, la prima domanda che ti dovresti porre è: perché lo Stato continua a chiamare 100mila supplenti l’anno, offrendo loro contratti fino al 30 giugno? Non dovresti chiederti perché vi sono troppi docenti abilitati che vogliono insegnare! E si dovrebbe avere voglia di ricordare perché lo Stato abbia ridotto il tempo scuola e cancellato 200mila posti in sei anni assegnati ai precari e perché, nonostante sia richiesta una maggiore professionalità, sia stato abolito l’insegnamento per moduli nel segmento dell’infanzia e della primaria; proprio quel segmento che nel 2009, grazie anche alle maestre diplomate attraverso gli istituti magistrali assunte prima e dopo il 2002, aveva portato i nostri bambini al 5° posto dei rapporti mondiali PIRLS per capacità di apprendimento e competenze.
Già, perché chi ha conseguito il diploma magistrale entro il 2001 è abilitato alla professione di insegnante - piaccia o non piaccia a chi vuole fare l’editorialista - e aveva diritto a inserirsi nelle graduatorie per le immissioni in ruolo già dal 2002, cioè dal primo anno di riapertura delle ex graduatorie permanenti poi trasformate ad esaurimento. E se è vero che nei prossimi dieci anni si libereranno nell’infanzia e primaria 115mila posti, e se gli attuali inseriti nelle Gae per quest’ordine di scuola sono 65mila, forse ci vorrà un po’ meno dei terroristici 40 anni per esaurire le graduatorie, ammesso che il Parlamento consenta di farle aggiornare, vista l’ultima proroga approvata.
E poi attaccare sempre i tribunali perché scrivono sentenze che rispettano diritti costituzionalmente garantiti e continuamente violati da cattivi amministratori dei nostri ministeri o da parlamentari, quando le leggi sottese sono dichiarate incostituzionali, non è proprio carino né caratterizzante uno Stato di diritto. I poteri dello Stato devono essere rispettati e la tutela non si vende per una “manciata di punti” sopratutto giocando sulla testa di quei bambini che dovranno diventare in primo luogo buoni cittadini, lavoratori rispettosi della legge e della giurisprudenza. Dalle Gae, giova ricordare, si assume per titoli culturali e di servizio e se qualcuno è assunto con “punti 0” di servizio (sempre che dall’AT abbiano valutato correttamente la domanda senza cestinarla o non abbiano attribuito il punteggio dei servizi svolti direttamente nel computo del punteggio totale, come è successo a Roma), vuol dire che nessun altro aveva più punti. Allora, magari, la domanda da farsi è un’altra: come è possibile che non sia stato permesso ai giovani laureati SFP di inserirsi nelle Gae o a qualcun altro con un maggior punteggio di cambiare provincia? Senza dimenticare, comunque, che diversi diplomati magistrale hanno partecipato all’ultimo concorso e, guarda un po', l’hanno pure vinto.
Magari, queste poche e semplici riflessioni, potranno spegnere questa nuova e assurda crociata contro “l'untore” di turno e riportare il dibattito sul precariato a una più attenta e obiettiva analisi. Nel frattempo, Anief continuerà a difendere nei tribunali chi ha diritto ad insegnare, sia laureato o diplomato, e ad esser assunto se abilitato senza anni e anni di supplentite, perché il nostro sindacato tutela i Lavoratori senza assurde distinzioni e, chissà perché, poi in tribunale l'ago della ragione e della Giustizia pende sempre dalla nostra parte.
30 agosto 2017 Ufficio Stampa Anief