Disposto dal giudice del lavoro per abuso dei contratti a termine, mancati scatti d’anzianità, stipendi estivi non corrisposti fino alla pensione. Pacifico (Anief-Confedir): in pochi giorni lo Stato condannato a indennizzare mezzo milione di euro per non aver dato seguito a quanto deciso dall’Europa che pone come discrimine non la natura del contratto ma la prestazione svolta.
È ormai tracciato il solco che porta giustizia per i troppi precari della scuola italiana vessati dalla burocrazia e dalle scelte scellerate dei nostri governanti. Per la terza volta in pochi giorni, il giudice del lavoro Mauro Petrusa di Trapani ha infatti comminato un risarcimento record ad un docente della scuola pubblica, stavolta addirittura di oltre 173mila euro, a seguito del ricorso patrocinato dall’Anief, attraverso i legali coordinati dagli avvocati Ganci e Miceli, per l’accertato abuso dei contratti a termine e della conclamata disparità di trattamento tra personale assunto a tempo determinato e di ruolo. La sentenza del 22 febbraio scorso sul ricorso n. 1227/11 non lascia spazio ai dubbi: l’amministrazione operando in questo modo esercita una palese violazione della direttiva e della giurisprudenza comunitaria.
La storia del docente precario siciliano è quella dei due colleghi risarciti con cifre analoghe pochi giorni prima: dal 2000 aveva accettato incarichi su posti disponibili e dal 2006 era stato chiamato a svolgere servizio su posti vacanti, senza alcuna ragione sostitutiva. Motivo per cui il giudice Petrusa ha rigettato la domanda di conversione del contratto ai sensi della recente sentenza della Cassazione che, pur richiamando la legge derogatoria n. 106/11, ha dichiarato l’illegittimità delle clausole appositive del termine dei contratti in base alla cospicua giurisprudenza comunitaria in materia. Con la sentenza è stato disposto, quindi, non soltanto il pagamento degli scatti biennali di stipendio e delle mensilità estive per gli ultimi sei anni a titolo di omissione retributiva e mancata progressione economica (21.094,22 euro), oltre accessori, ma anche la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno per lucro cessante futuro (148.050 euro). Il Miur è stato infine condannato alla capitalizzazione e al pagamento dei 2/3 delle spese di lite (3.135 euro).
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir al contenzioso, “queste espressioni dei giudici confermano la bontà delle nostre richieste di risarcimento danni per il servizio svolto dai precari negli ultimi dieci anni su posto vacante e disponibile: stiamo ormai assistendo ad una ‘striscia’ di condanne esemplari sul trattamento economico dei lavoratori precari, perfettamente in linea con quanto deciso dall’Europa che pone come discrimine non la natura del contratto ma la prestazione svolta”.
“Sulle mensilità estive di luglio e agosto, d’altronde, l’Anief ha chiesto da tempo al Miur – continua Pacifico – di rivedere scrupolosamente le tante erronee assegnazioni disposte dagli uffici scolastici territoriali al termine delle attività didattiche (contratti al 30 giugno) quando il posto era vacante e disponibile e doveva essere assegnato in supplenza annuale (contratto al 31 agosto). Sulla stabilizzazione, dopo le ordinanze del giudice Coppola di Napoli, la parola passa ora alla Corte di Lussemburgo, il cui giudizio ai sensi del Trattato di funzionamento dell’Europa, sarà vincolante per ogni giudice dello Stato italiano”.
In poco più di una settimana i rimborsi che il Miur è stato condannato a comminare ai precari, a seguito dei ricorsi dell’Anief, sono superiori a mezzo milione di euro. Lo Stato non può continuare a tenere la testa nella sabbia. Si ravveda e recepisca finalmente la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE che apre alle assunzioni in ruolo per tutti i lavoratori che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio. Altrimenti è destinato a sborsare indennizzi per centinaia di milioni di euro. Senza mai dimenticare che sulla legge derogatoria italiana, approvata contro ogni logica, che evita la stabilizzazione dei nostri precari con oltre 36 mesi di servizio, pende sempre la spada di Damocle costituita dall’esame in corso sullo specifico da parte della Corte di Giustizia Europea.