In pieno accordo con quanto sostenuto dall’ANIEF, la Corte d’Appello di L’Aquila – presso cui il MIUR aveva proposto appello avverso due sentenze favorevoli ottenute dai nostri legali - emette due sentenze di identico tenore in cui ribadisce le ragioni del nostro sindacato e conferma che il Ministero, non volendo riconoscere ai precari il medesimo trattamento economico attribuito al personale a tempo indeterminato, attua una disparità di trattamento illegittima e non giustificata.
Le due sentenze della Corte d’Appello di L’Aquila sono un altro tassello conquistato dall’ANIEF per la tutela dei diritti dei lavoratori della scuola a tempo determinato; dopo l’ottimo ed esaustivo intervento in udienza del nostro legale sul territorio - Avv. Manuela Pirolozzi - la Corte d’Appello si esprime confermando a chiare lettere quel diritto che il MIUR si ostina a negare ai professionisti dell’istruzione, discriminati solo per aver stipulato una successione di contratti a termine e, per questo, mantenuti costantemente al livello stipendiale d’ingresso. Come da sempre sostenuto dal nostro sindacato, infatti, la sentenza chiarisce che “la giurisprudenza comunitaria ha evidenziato in più di una occasione che la citata clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato – che stabilisce il principio di non discriminazione a favore del personale assunto a tempo determinato – è incondizionata e sufficientemente precisa, sicché può essere invocata dinanzi ad un giudice nazionale e che, in base a detta clausola, “a parità di qualità e quantità della prestazione lavorativa, non si giustifica un trattamento economico differenziato a scapito del personale temporaneo”.
Dopo aver constatato, come espressamente evidenziato dal nostro legale in udienza, che “durata e frequenza delle prestazioni non differiscono, in fatto, da quelle dell’omologo personale assunto a tempo indeterminato”, i Giudici osservano “come la tesi del Ministero appellante, secondo cui l’appellata non ha diritto al computo dell’anzianità di servizio per le prestazioni effettuate nella scuola pubblica come supplente, sia già stata ritenuta in contrasto sia con la clausola 4 dell’Accordo quadro attuato dalla Direttiva 1999/70/CE del Consiglio dell’Unione Europea del 28 giugno 1999 […] sia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea” e ribadiscono che “il giudice statale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e delle finalità della direttiva europea, onde garantire la piena effettività della direttiva stessa e conseguire il risultato perseguito da quest’ultima”.
Alle vane argomentazioni sostenute dal MIUR in appello contro le solide tesi dell’ANIEF, la Corte risponde con fermezza, concordando che non sussiste ragione oggettiva per applicare una differenza nel trattamento economico dei precari, “né sono ravvisabili ostacoli razionali alla possibilità di ricostruire la carriera intera del personale assunto ripetutamente a termine, tenendo conto dei rapporti pregressi ed applicando gli scatti allo stesso modo di quanto avviene per il personale a tempo indeterminato”, ma anzi rileva e sottolinea “un’intrinseca contraddizione nella tesi difensiva del Ministero, il quale, da una parte, valorizza il tempo lavorativo ai fini dell’eventuale immissione in ruolo dei dipendenti precari e, dall’altro, vi nega rilevanza sul piano economico ritenendo gli scatti beneficio economico per chi, essendo assunto tramite concorso, per ciò stesso può garantire l’efficacia e il buon andamento dell’azione amministrativa, quando, per contro, il fondamento degli scatti di anzianità va ravvisato precipuamente nel miglior apporto lavorativo che deriva dall’esperienza del lavoratore (cfr. Cassaz. n. 18584/2008), profilo cui è estranea ogni questione sulle modalità di selezione”.
Ancora una volta l’ANIEF ha imposto al MIUR il pieno rispetto della normativa comunitaria e ottenuto una lettura della disciplina nazionale conforme alla norma europea riuscendo, nuovamente, ad assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori precari della scuola che così platealmente il Ministero dell’Istruzione si ostina a voler discriminare.