Il Giudice del Lavoro di Napoli dà piena ragione all'ANIEF e afferma il diritto di un docente precario a godere dell'aspettativa retribuita a seguito di ammissione a corso di dottorato di ricerca privo di borsa di studio. L'Avvocato Michele Speranza, che con professionalità e grande partecipazione si è occupato della tutela dei diritti del nostro iscritto, ottiene ordinanza ex art. 700 c.p.c. in cui il tribunale dichiara illegittimi gli atti emanati dal MIUR con l'intento di revocare l'aspettativa retribuita precedentemente concessa e riconosce la sussistenza del “pericolo di danno alla crescita professionale” arrecato dall'amministrazione al docente a tempo determinato.
L'ordinanza - ottenuta dall'ANIEF avvalendosi dell'esperienza e della provata capacità argomentativa dell'Avvocato Speranza - con esemplare lucidità ripercorre normativamente l'istituto dell'aspettativa retribuita per dottorato di ricerca, fino a riconoscere che la cosiddetta “riforma Gelmini” “ha in effetti cancellato in un sol colpo tutta la normativa di favore dei pubblici dipendenti dottorandi di ricerca” affidando al dirigente scolastico “una delicata valutazione ponderativa tra contrapposti interessi, quello all'(attuale) organizzazione ed efficienza del suo ufficio e quello (di medio periodo) alla ricerca scientifica e tecnica di cui beneficia la collettività e, nel medio periodo, la stessa pubblica amministrazione”.
Rilevando che il Dirigente Scolastico aveva, però, già accolto la richiesta di aspettativa retribuita correttamente presentata dal docente in servizio a tempo determinato - successivamente revocata a mezzo di un discutibile provvedimento unilaterale con cui il dottorando veniva collocato in aspettativa senza assegni - il Giudice, Dott.ssa Anna Maria Lazzara, ha ritenuto, così come dimostrato dall'ANIEF che “il secondo decreto pare palesemente illegittimo, in quanto improvvisamente e senza procedere a ulteriore argomentazione la pa procedente disconosce la normativa specificamente approntata dal legislatore per l'ipotesi di pubblici dipendenti ammessi a corsi di dottorato di ricerca” e ha ribadito che evidentemente “se il legislatore ha avvertito l'esigenza di dettare una disciplina specifica per l'ipotesi che il motivo di studio che distolga il pubblico dipendente dal servizio sia l'ammissione ad un corso di dottorato di ricerca, [...] non è consentito alla pa di obliterare tale disciplina, né per conseguenza di riqualificare la domanda”.
La richiesta tutela cautelare è stata, dunque, pienamente accolta dal Giudice che precisa anche, nel motivare il periculum in mora, che “se è vero che il danno economico è il danno riparabile per equivalente per eccellenza, non è corretto tuttavia in materia cautelare far coincidere l'area del danno irreparabile con quella del danno irrisarcibile, in quanto non si terrebbe conto del fatto che il credito retributivo – perché destinato a presidiare il valore costituzionalmente protetto della vita dignitosa del lavoratore e del suo nucleo familiare secondo Costituzione – merita un trattamento diverso rispetto agli altri crediti pecuniari” e ha riconosciuto, così come correttamente richiesto dal legale ANIEF, che sussiste “anche il pericolo di danno alla crescita professionale, allegato dalla difesa della parte ricorrente”. Alla soccombenza del MIUR in fase cautelare, segue la condanna alle spese complessivamente liquidate in 2.300 Euro oltre accessori.
Piena soddisfazione da parte dell'ANIEF per l'ulteriore ottimo risultato ottenuto dal nostro sindacato a tutela dei diritti dei docenti precari. Pensare di negare il diritto alla retribuzione durante lo svolgimento del dottorato di ricerca è un'iniquità che il nostro sindacato ha sempre contrastato proprio perché dimostra che la Pubblica Amministrazione non tiene in debito conto la crescita professionale dei propri dipendenti. Promuovere e agevolare la ricerca tecnica e scientifica post-universitaria significa avvalersi di competenze ed esperienze di livello superiore di cui può beneficiare non solo l'amministrazione pubblica, ma l'intera comunità; che sia proprio il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca a “dimenticare” tale fondamentale principio – per giunta all'evidente scopo di ricavarne un risparmio minimo immediato - è un disarmante quanto discutibile paradosso di cui bisogna ringraziare, ancora una volta, la cosiddetta “riforma” del lungimirante Ministro Gelmini.