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Intervista all’Avvocato Walter Miceli sulle recenti dichiarazioni del MIUR sul contenzioso per il “pettine”

Pubblichiamo il parere dell’Avvocato Walter Miceli (ufficio legale ANIEF), rilasciato in forma di intervista, in merito alle affermazioni del D.G. per il personale scolastico del MIUR, dott. Luciano Chiappetta, contenute nella nota 2287 del 21 marzo 2011 e nel quesito inviato dallo stesso all’Avvocatura di Stato sulle modalità di applicazione della sentenza n. 41/2011 della Corte Costituzionale.

 

1. SULLA NOTA N. 2287 DEL 21.3.2011 CON CUI IL DIRETTORE GENERALE DEL MIUR CHIEDE AGLI USR DI NON ESEGUIRE GLI ORDINI DEL COMMISSARIO AD ACTA IN QUANTO I RELATIVI RICORSI SONO STATI SOSPESI

Il direttore generale del MIUR, con la nota n. 2287 del 21.3.2011, ha commesso un atto di una inaudita gravità: ha cioè attestato circostanze assolutamente errate inducendo i direttori generali degli uffici scolastici regionali a commettere la condotta materiale di omissione/rifiuto di atti imposti dall’Autorità Giudiziaria.

I ricorsi TAR Lazio R.G. nn. 4340/09, 4341/09, 4342/09, 5065/09, 5067/09, 5068/09, 5070/09, 5072/09, 5073/09, 5074/09 e 5075/09, infatti, non sono stati sospesi né tantomeno è stata sospesa l’efficacia delle ordinanze di commissariamento emanate nell’ambito di tali procedimenti.

Ognuno, del resto, potrà verificare personalmente, consultando il sito internet della Giustizia Amministrativa, l’esito dei numerosi tentativi del MIUR di vanificare giudizialmente tali provvedimenti cautelari: l’atto d'appello del MIUR innanzi al Consiglio di Stato, infatti, è stato dichiarato inammissibile, con ordinanza del CdS n. 207 del 30.06.2010, così come il successivo ricorso per revocazione dello stesso MIUR innanzi al TAR Lazio, parimenti respinto con le ordinanze TAR n 1574, 1575, 1576, 1577, 1578 e 1579 del 08.11.2010.

Questa è la realtà dei fatti fotografata al 30 marzo del 2011. E, in virtù, di tale stato di fatto, il commissario dovrà inserire a pettine i ricorrenti.

 

2. COME STA OPERANDO IL COMMISSARIO?

Il commissario Luciano Cannerozzi De Grazia, dopo aver letto la nota n. 2287 del 21.3.2011, ci ha comunicato di essersi recato presso gli uffici del MIUR intimando l’immediata revoca di tale disposizione.

Lo stesso commissario, inoltre, ci ha informato che, su esplicito mandato del TAR, già a decorrere da lunedì 04 aprile si recherà presso gli uffici periferici del MIUR per inserire a pettine i ricorrenti.

Inoltre, di fronte ad un ulteriore atteggiamento ostruzionistico del MIUR, riteniamo che il commissario Luciano Cannerozzi De Grazia debba, nella sua qualità di pubblico ufficiale, presentare denuncia alla competente Procura della Repubblica per omissione di atti d’ufficio nei confronti dei responsabili e debba, inoltre, trasmettere alla Procura della Corte dei Conti un rapporto per l'accertamento dei danni per l'erario derivanti dal mancato tempestivo e completo adempimento del giudicato da parte dell'Amministrazione.

L’azione del commissario, in tal senso, sarà supportata dagli stessi ricorrenti.

Nei prossimi giorni i ricorrenti riceveranno dei modellini di istanza di accesso agli atti che dovranno spedire agli uffici scolastici per l’accertamento dei danni in concreto subiti.

I ricorrenti, inoltre, riceveranno un modulo che utilizzeranno per denunciare, innanzi alle Procure della Repubblica ed alle Procure Regionali della Corte dei Conti, il danno erariale e le omissioni di atti d’ufficio di cui si stanno rendendo artefici i dirigenti del MIUR.

 

3. SUL QUESITO INVIATO DAL MIUR ALL’AVVOCATURA DELLO STATO IN ORDINE ALL’APPLICAZIONE DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.41/2011

Il quesito inviato dal dott. Chiappetta all’Avvocatura dello Stato ha tre spiegazioni plausibili: o il direttore generale non ha letto la sentenza della Corte Costituzionale; oppure l’ha letta ma non ne ha minimamente compreso il senso; ovvero, la sentenza è stata letta, ne è stato percepito il significato ma, anziché ammettere la sconfitta, si preferisce addossare all’avvocatura dello stato la responsabilità di una scelta - il libero trasferimento da una provincia all’altra - che farebbe perdere ogni credibilità ad alcuni sindacalisti evidentemente nemici dello stato di diritto.

Basta dare una lettura, anche superficiale, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 41/2011, per smascherare l’opera di grossolana mistificazione della realtà in cui si sta cimentando il direttore generale del MIUR.

Secondo Chiappetta, infatti, la legge 296/206, ossia la legge che ha trasformato le graduatorie da permanenti ad esaurimento, avrebbe abrogato tutta la disciplina precedente in materia di trasferimento, con la conseguenza di mantenere fissi e permanenti gli inserimenti nelle graduatorie della provincie di appartenenza.

Ora, la tesi sopra esposta, in verità, ricalca pedissequamente il punto di vista vanamente sostenuto dal MIUR nel giudizio di illegittimità costituzionale culminato con la sentenza n. 41/2010.

Il MIUR, però, finge di non sapere che tale tesi è stata ridicolizzata dalla Corte Costituzionale: secondo la Consulta, infatti, “[…] L’art. 1, comma 605, lett. c), della legge n. 296 del 2006, infatti, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica e di assorbimento del precariato dei docenti, prevede la trasformazione delle graduatorie permanenti in altre ad esaurimento e a tale fine non permette, a partire dal 2007, l’inserimento in esse di nuovi aspiranti candidati prima dell’immissione in ruolo dei docenti che già vi fanno parte.

Rispetto a tale finalità risulta del tutto estranea la disciplina introdotta dalla norma censurata, avente ad oggetto i movimenti interni alle graduatorie che per loro natura non incidono sull’obiettivo dell’assorbimento dei docenti che ne fanno parte, per il quale assumono rilevanza solo i possibili nuovi ingressi. […]”

Ora, pongo io una domanda retorica: chi ha più credibilità in tema di interpretazione delle norme di legge. La Corte Costituzionale o il dott. Luciano Chiappetta?

Altra affermazione grottesca appare quella secondo cui la Corte Costituzionale, insieme alle così dette “code”, avrebbe annullato il diritto al trasferimento provinciale a decorrere dal 2011 ai sensi dell'ultima parte dell’art.1 comma 4 della Legge n. 167/2011.

In realtà il direttore generale del MIUR sa bene che la Corte Costituzionale si è limitata a dichiarare illegittimo l’inserimento in coda perché “[…] in contrasto alla regola dell’inserimento “a pettine” dei docenti nelle graduatorie, vigente non solo nel periodo anteriore, ma persino in quello posteriore all’esaurimento del biennio in questione[…]”.

Secondo la Corte Costituzionale, infatti, il libero trasferimento da una provincia all’altra e l’inserimento “a pettine” costituiscono, dunque, la regola ordinamentale prescelta dal legislatore, anche nella prospettiva di non ostacolare indirettamente la libera circolazione delle persone sul territorio nazionale (art. 120, primo comma, Cost.).

Tale regola ordinamentale, in verità, non deriva soltanto dall’ art.1 comma 4 della Legge n. 167/2011 – che aveva soltanto un valore ricognitivo della normativa previgente (“[…] le graduatorie relativo al biennio 2011 – 2012/2012 – 2013, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 97 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2004, dovrà essere improntato al principio del riconoscimento del diritto di ciascun candidato al trasferimento dalla provincia prescelta”), ma deriva dalle seguenti leggi mai abrogate:

- LA LEGGE N. 124 DEL 03.05.1999, laddove, al comma 6 dell'art. 1 stabilisce che le graduatorie sono periodicamente integrate con l'inserimento dei docenti che hanno chiesto il trasferimento dalla corrispondente graduatoria permanente di altra Provincia.

- LA LEGGE 20 AGOSTO 2001, N. 333, inoltre, all’art. 1, stabilisce che hanno titolo all'inserimento “[…] oltre ai docenti che chiedono il trasferimento dalla corrispondente graduatoria di altra provincia, le sottoelencate categorie di personale docente ed educativo […]”.

La conseguenza della pronuncia della Corte Costituzionale è, dunque, di una ovvietà disarmante:

1) L’aggiornamento delle graduatorie, in ossequio alle leggi vigentie mai abrogate(LEGGE 20 AGOSTO 2001, N. 333; LEGGE N. 124 DEL 03.05.1999; LEGGE N. 143 DEL 2004), deve essere effettuato consentendo il trasferimento provinciale;

2) I ricorrenti, secondo i chiari principi affermati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 41/2011, devono essere considerati de iure inseriti a pettine nelle graduatorie provinciali opzionali, e ciò ai fini delle immissioni in ruolo e delle supplenze annuali tratte da tali graduatorie nel biennio 2009-2011.

 

4. SE IL MIUR PERSISTERÀ NEL PROPRIO INTENTO DI NON CONSENTIRE IL TRASFERIMENTO PROVINCIALE E NON INTENDERÀ SANARE LA POSIZIONE DEI DOCENTI CHE – SE INSERITI A PETTINE - AVREBBERO POTUTO STIPULARE UN CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO E A TEMPO DETERMINATO, CHE COSA ACCADRÀ?

Accadrà verosimilmente che oltre 20.000 docenti chiederanno l’accertamento giudiziale dei danni subiti e l’immissione in ruolo retroattiva, invocando a proprio favore non soltanto il tenore letterale di leggi dello Stato mai abrogate ma anche una sentenza della Corte Costituzionale che non potrà essere vanificata neppure dalla legislazione ordinaria sopravvenuta!

In tal caso, ovviamente, il MIUR, oltre a subire la condanna ai risarcimenti per i danni subiti dai ricorrenti, dovrà sopportare la condanna al pagamento delle spese legali (2500 euro di spese legali per ventimila ricorrenti…) e l’ulteriore sanzione del risarcimento per lite temeraria. Ai sensi dell’ Art. 96 del codice di procedura civile, infatti, se risulta che la parte soccombente ha resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.

Mi pare ovvio che di tale disastro per le casse dello Stato ne risponderanno personalmente, innanzi alla Corte dei Conti, i dirigenti costretti dal MIUR ad operare in conclamata e quasi rivendicata violazione dello stato di diritto.

 

5. SUL VALORE SIMBOLICO DELLA NOSTRA BATTAGLIA LEGALE

Alcune forze sindacali stanno propagandando l’idea secondo la quale, per perseguire il proprio tornaconto, si può disprezzare ed ignorare anche l’alto presidio di legalità rappresentato dalla Corte Costituzionale.

Se capitolerà tale ultimo barlume di stato di diritto, invero, nessuno potrà più coltivare la certezza di poter insorgere contro la violazione anche dei più fondamentali diritti.

Lo scontro legale che stiamo conducendo da anni, in verità, vuole affermare una verità ovvia: l’amministrazione deve rispettare le sentenze pronunciate nel nome del popolo italiano senza ricorrere ad espedienti e a tecniche puramente dilatorie.

Ci conforta, tuttavia, l’idea che in tale battaglia non siamo soli. Il recente intervento del Presidente della Repubblica sul decreto mille proroghe per scongiurare il tentativo di vanificare gli effetti della sentenza n.41/2011, in verità, dimostra che esistono ancora baluardi di legalità ai quali guardare con fiducia contro ogni tentativo di capovolgere la realtà asservendo le istituzioni ad interessi di parte.