Secondo l’accusa, gli alunni di appena tre anni sarebbero stati costretti a trascorrere buona parte della mattinata in classe, seduti e con la testa appoggiata sul banco: quando provavano a sollevare il capo, le maestre gliela sbattevano con forza sul banco. Il sindacato dice no alle strumentalizzazioni: ammesso che sia tutto confermato si tratta di casi isolati, a fronte di 800 mila insegnanti che ogni giorno entrano in classe e fanno egregiamente il loro dovere pur essendo lasciati soli e sistematicamente bistrattati dal loro datore di lavoro, lo Stato. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, sostiene che se ci sono alcune ‘mele marce’, la scuola non può trasformarsi in un luogo di detenzione. Se si ragiona in questi termini allora le videocamere permanenti dovrebbero essere poste anche nelle caserme, a tutela dei cittadini fermati, oppure negli oratori. Noi siamo con il garante della privacy, il quale ha ribadito più volte che l'unica ipotesi di videosorveglianza scolastica da ritenersi lecita riguarda la finalità di tutela dell'edificio scolastico e dei beni scolastici da atti vandalici. La verità è che per tutelare gli alunni bisogna prima accertarsi che siano tutelati i loro insegnanti che svolgono, come i medici, gli psicologi e gli infermieri, delle helping profession ad altissimo richio burnout.
Ha destato rabbia la notizia di oggi dell’arresto di quattro maestre della scuola Montessori di Capurso, in provincia di Bari, attuato dai carabinieri per avere maltrattato, spintonato e preso a schiaffi 13 bambini, tutti di 3 anni, al primo anno di scuola dell’infanzia: dall’accusa sembrerebbe che i piccoli erano anche costretti a stare a lungo con il capo riverso sul banco e, quando provavano a sollevarlo, le maestre glielo sbattevano con forza sullo stesso banco. Senza attendere l’esito degli interrogatori delle maestre, Anna Rita Tateo e Rossano Sasso, deputati pugliesi della Lega, hanno detto che “un deterrente a questi atteggiamenti è sicuramente la videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole d’infanzia, su cui come Lega abbiamo dato parere favorevole sia in Commissione Cultura che in Aula alla Camera pochi giorni fa”.
Dopo avere ricordato che in Italia ogni giorno lavorano quasi 800 mila insegnanti, per formare circa 8 milioni di alunni, e che quello che potrebbe essere accaduto nella scuola dell’infanzia pugliese è un caso tutt’altro che frequente, Anief non accetta che si strumentalizzi una vicenda isolata per colpire un’intera categoria: “Certi comportamenti, a danno dei bambini, se confermati rappresentano un fatto gravissimo. Contro il quale vanno applicate tutte le norme penali previste. Perché, certamente, l’incolumità dei bambini va salvaguardata sempre. Detto ciò, tuttavia non riteniamo che, se ci sono alcune ‘mele marce’, la scuola debba trasformarsi in un luogo di detenzione”.
“Se si ragiona in questi termini – prosegue il sindacalista autonomo – allora le videocamere permanenti dovrebbero essere poste anche nelle caserme, a tutela dei cittadini fermati, oppure negli oratori, dove non tutti i prelati e chi li aiuta si pongono sempre a tutela dei bambini che frequentano la parrocchia. Il nostro sindacato, quindi, si pone al fianco del garante della privacy, il quale sull’impiego di telecamere ha ribadito in più occasioni che l'unica ipotesi di videosorveglianza scolastica da ritenersi lecita riguarda la finalità di tutela dell'edificio scolastico e dei beni scolastici da atti vandalici: quindi, i dispositivi di registrazione possono essere installati solo al di fuori delle scuole”.
“Inoltre – conclude Pacifico - è dimostrato che la registrazione di una lezione scolastica con delle telecamere può generare interpretazioni non sempre corrette. Anche rivolgersi alla classe con tono deciso, infatti, può essere considerato un presunto maltrattamento. E allora? La verità è che, per tutelare gli alunni, bisogna prima accertarsi che siano tutelati i loro insegnanti che svolgono, come i medici, gli psicologi e gli infermieri, delle helping profession ad altissimo rischio burnout. L’errore è lasciarli soli, in prima linea, ad affrontare classi anche da 30 e più alunni, diversi dei quali con disturbi accertati dell’apprendimento. Pensare che il deterrente delle telecamere possa risolvere tutto – conclude il leader dell’Anief – sarebbe troppo facile e semplicistico”.
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