Dal 1° gennaio 2011 la quota deve essere devoluta dall’amministrazione, non dai dipendenti. La legge parla chiaro: occorre procedere subito, con un decreto ingiuntivo e chiedendo anche il rimborso degli arretrati. Non occorre alcuna pronuncia della Consulta!
Per l’interruzione dell’illegittima trattenuta del 2,5% applicata ai dipendenti della scuola, finalizzata all’accantonamento del ‘Trattamento di fine rapporto’, non c’è altro tempo da perdere: occorre procedere subito, anche attraverso un decreto ingiuntivo, senza aspettare alcuna pronuncia della Consulta e chiedendo il recupero delle somme pagate impropriamente dagli stessi dipendenti a partire dal 1° gennaio 2011. Sono queste le nuove indicazione che l’Anief dà a tutti i dipendenti della scuola che intendono non subire passivamente l’incredibile decisione dell’amministrazione statale di applicare un “prelievo forzoso” del 2,5% su degli stipendi già di per sé erosi dall’inflazione e dai mancati rinnovi contrattuali.
Secondo il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, sono ormai 15 mesi che il personale scolastico si vede sottratta questa parte dello stipendio: “per dire basta all’ingiustizia – ha dichiarato - si potrebbe chiedere anche subito un decreto ingiuntivo per interrompere il prelievo forzato sullo stipendio del lavoratore, recuperare le somme spettanti e intimare al Miur il pagamento dell’intera quota del 6,91%, previa specifica diffida”. Del resto, la legge parla chiaro: il TFR è una retribuzione differita a totale carico del datore di lavoro, che prevede un accantonamento pari alla retribuzione annua (per ciascun anno di servizio o frazione di anno), divisa per 13,5. Per i lavoratori pubblici l’aliquota di computo è del 6,91%, e deve essere totalmente a carico dell’amministrazione.
“Questo perché – spiega il Presidente dell’Anief - dal 1° gennaio 2011 il TFR, a seguito del recente intervento del legislatore che disciplina ex novo la materia con un chiaro effetto novativo dell’istituto, per i lavoratori pubblici è soggetto alla stessa modalità di finanziamento previsto per i lavoratori privati. A rendere i due collocamenti lavorativi equiparabili è infatti l’articolo 2120 del Codice Civile (Disciplina di trattamento di fine rapporto), cui fa riferimento anche lo stesso articolo 12, comma 10, della Legge 122/2010 in vigore dall’inizio del 2011”.
Secondo l’Anief l’interpretazione fornita dall’INPDAP con la circolare 17/2010 secondo cui la normativa avrebbe mutato unicamente le regole sulla modalità di calcolo e non la natura è di fatto scorretta, perché in costanza di rapporto d’impiego, ha la sola conseguenza di sottrarre al lavoratore pubblico parte della stessa retribuzione, a differenza del lavorato privato, e di diminuire contestualmente la quantità di TFR che lo stesso lavoratore andrà maturando nel tempo. Con l’effetto di alleggerire il peso dell’accantonamento della quota TFR a carico del datore di lavoro – amministrazione (4,91%).
“A questa conclusione – sottolinea Pacifico - sono giunti i giudici del Tar Calabria che con la sentenza n. 53/2012 hanno denunciato l’illegittimità del perdurare del prelievo del 2,5% sull’80% della retribuzione (sin qui operata a titolo di rivalsa sull’accantonamento sull’indennità di buona uscita) sullo stipendio dei magistrati, a far fede dal 1° gennaio 2011, e hanno condannato l’amministrazione intimata alla restituzione degli accantonamenti già eseguiti a decorrere dalla suddetta data, con rivalutazione monetaria ed interessi legali”.
Tuttavia non è stato sino ad oggi evidenziato che la remissione alla Corte Costituzionale, disposta dai giudici con l’ordinanza successiva n. 89/12 riguarda invece altri articoli della suddetta legge (blocco degli scatti, riduzione di una percentuale determinata dei trattamenti retributivi superiori a certe soglie, riduzione indennità giudiziaria), non certo la questione del TFR, chiaramente innovata dal legislatore.
“L’Anief, pertanto, a differenza degli altri sindacati, - sostiene il Presidente - ritiene che a seguito del mancato accoglimento della diffida notificata all’amministrazione dal lavoratore o della mancata risposta entro 30 giorni dalla ricezione della stessa, si debba procedere subito, eventualmente anche con un decreto ingiuntivo, all’interruzione della trattenuta del 2,5% illegittima, al recupero delle somme spettanti, al versamento da parte del Miur – datore di lavoro dell’intera quota del 6,91% del finanziamento spettante per la costituzione del TFR, senza aspettare alcuna pronuncia della Consulta”.
Tutto il personale docente e Ata interessato può aderire all’iniziativa scaricando il modello di diffida da inviare per raccomandata a/r alle amministrazioni competenti, a conservare copia dello stesso. Il personale dovrà inoltre inviarne copia alla e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. insieme a eventuali risposte dell’amministrazione, al fine di ricevere, entro il 30 aprile 2012, le istruzioni operative per ottenere il maltolto e far applicare all’amministrazione statale la corretta percentuale sul TFR.