Un Focus nazionale sugli abbandoni scolastici e sulle sue conseguenze, pubblicato in queste ore da Tuttoscuola, ci dice che al Nord all’interruzione del percorso scolastico corrisponde una maggiore occupazione, anche se si deve pensare a come incrementare le competenze di fronte ad un mondo del lavoro che progredisce rapidamente, mentre nel Meridione aumentano gli abbandoni e i disoccupati. Le stesse zone dove il tempo pieno viene svolto da meno del 10% degli alunni. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, ricorda che in Italia per combattere l’alto tasso di dispersione scolastica, si continua a parlare di orientamento da migliorare. Senza però cogliere l’essenza del problema.
Ecco la lista di provvedimenti urgenti che occorrerebbe attuare: il supporto agli agenti culturali che operano nei territori, il sostegno sociale necessario a supportare i giovani che presentano difficoltà a scuola e appartenenti a famiglie non in grado di sostenerli; la maggiorazione degli organici, per le zone a rischio, facenti registrare un alto tasso dispersivo e di stranieri, anche utilizzando le decine di migliaia di precari abilitati e rimasti ingabbiati nelle graduatorie d’istituto anziché essere collocati nelle GaE; l’incremento del tempo scuola; l’anticipo dell’obbligo formativo a cinque anni di età anziché gli attuali sei; l'obbligo formativo a 18 anni; la creazione di servizi e supporti locali; l’incremento delle nuove tecnologie applicate alla didattica.
Lasciare la scuola prematuramente ha effetti devastanti per il futuro di un ragazzo: soprattutto al Sud, dove non c’è un mercato del lavoro in grado di assorbire i giovani, né vi sono altre agenzie formative, alternative alla scuola pubblica, in grado di prendersi carico della sua formazione. A confermarlo è ora Tuttoscuola, attraverso un Focus nazionale sugli abbandoni scolastici e sulle sue conseguenze pubblicato in queste ore: “Al nord – scrive la rivista - all’interruzione del percorso scolastico corrisponde una maggiore occupazione, anche se si deve pensare a come incrementare le competenze di fronte ad un mondo del lavoro che progredisce rapidamente, ma al sud aumentano gli abbandoni e i disoccupati, anche se nel triennio 2014-2017 c’è stata una lieve inversione di tendenza e per la prima volta una riduzione del divario”.
Sempre Tuttoscuola rileva che la “crisi dell’occupazione giovanile (in Italia il dato dei NEET è molto elevato), la diseguaglianza sociale che si ripercuote sulle scelte scolastiche dei giovani, la scarsa motivazione ad intraprendere un percorso formativo che non abbia un rapporto efficace con la realtà esterna e non sia capace di offrire occasioni di promozione sociale e lavorativa, fanno cambiare idea circa il ruolo della scuola, virando verso aspetti formativi legati allo sviluppo della persona”.
Una scuola, tra l’altro che si rivela un “colabrodo”, soprattutto nel Meridione: il risultato di questa situazione, infatti, è che almeno un giovane ogni quattro che si iscrive alla scuola secondaria non arriva al diploma di maturità; in alcune regioni, soprattutto del Meridione e nelle Isole, quasi uno su due non ce la fa a diplomarsi. Questo significa che almeno 130 mila adolescenti che in questi giorni hanno iniziato le scuole superiori non arriveranno a superare l’Esame di Stato. Inoltre, “tra chi si diploma e si iscrive all’università uno su due non ce la fa. Complessivamente su 100 iscritti alle superiori solo 18 si laureano. Ma poi un quarto dei laureati va a lavorare all’estero… E il 38% dei diplomati e laureati che restano non trovano un lavoro corrispondente al livello degli studi che hanno fatto. Un disastro”. Inoltre, “spesso chi abbandona i libri così precocemente finisce nel buco nero dei Neet, quei giovani che non studiano e non lavorano di cui fa parte 1 ventenne su 3 del Mezzogiorno”.
Anief insiste nel sostenere che la riduzione del tempo scuola è una delle cause che stanno alla base nel rendimento scolastico negativo. Sempre in base ai dati forniti da Tuttoscuola, risulta che nel 2016/17, in tutta Italia, erano state 6.314, cioè il 41,8% delle 15.093 scuole primarie, ad avere chiesto e ottenuto il tempo pieno. Lo scorso anno scolastico le scuole che al loro interno avevano il tempo pieno erano 6.361, il 42,3% delle 15.038 funzionanti, con un incremento di appena 47 nuove scuole che per la prima volta si sono aperte al tempo pieno (lo 0,3%). Una differenza risibile, che la dice lunga sulla volontà dello Stato di cambiare marcia. Senza dimenticare che al Sud le percentuali di tempo pieno diventano sensibilmente più basse: in media, sono inferiori al 10%.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, in Italia per combattere l’alto tasso di dispersione scolastica, si continua a parlare di orientamento da migliorare. Senza però cogliere l’essenza del problema: il supporto agli agenti culturali che operano nei territori, il sostegno sociale necessario a supportare giovani che presentano difficoltà a scuola e appartenenti a famiglie non in grado di sostenerli; la maggiorazione degli organici, per le zone a rischio, facenti registrare un alto tasso dispersivo e di stranieri, anche utilizzando le decine di migliaia di precari abilitati e rimasti ingabbiati nelle graduatorie d’istituto anziché essere collocati nelle GaE; l’incremento del tempo scuola; l’anticipo dell’obbligo formativo a cinque anni di età anziché gli attuali sei; l'obbligo formativo a 18 anni; la creazione di servizi e supporti locali; l’incremento delle nuove tecnologie applicate alla didattica, considerando che oggi tra Nord e Sud c’è un abisso”.
“Si tratta di provvedimenti – continua Pacifico - che nel volgere di pochi anni porterebbero già risultati tangibili sicuri, avvicinando finalmente il tasso nazionale di abbandono precoce dei banchi a quel 10% che ci chiede da tempo Bruxelles e andando anche incontro alle richieste fatte dal nostro Capo della Stato alcuni giorni fa, in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno scolastico, quando ha detto che abbiamo un numero ancora troppo elevato di ragazzi che desistono dagli studi prima di completare il ciclo delle superiori o addirittura prima di completare quello dell’obbligo. Ma anche dal presidente della Commissione Cultura della Camera Luigi Gallo che ha parlato della necessità di organizzare delle iniziative culturali nei territori più degradati”, conclude il sindacalista autonomo.
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