Le malattie professionali degli insegnanti che determinano l’inidoneità all’insegnamento presentano una diagnosi psichiatrica nell’80% dei casi. Tuttavia, ai docenti non è ancora riconosciuta ufficialmente tale malattia professionale, sia a causa della ritrosia del sistema pubblico nazionale a riscontrare il burnout, sia per via di una macchina amministrativa statale lentissima, non aggiornata e con il personale ridotto ai minimi termini. Il risultato è che i medici delle Commissioni Mediche di Verifica quasi sempre ignorano le patologie professionali dei docenti, finendo per riammettere in servizio insegnanti con pesanti diagnosi psichiatriche. A denunciarlo è il dottor Vittorio Lodolo D’Oria, tra i massimi esperti nazionali della patologia tra gli insegnanti. Per il sindacato Anief occorre procedere ad un immediato adeguamento, anche attraverso una formazione apposita, delle Commissioni e dei Centri medici pubblici di competenza perché si adeguino alla consistenza e gravità delle patologie mentali della categoria. Parallelamente, diventa fondamentale che i docenti italiani vengano collocati in pensione così come avviene nei Paesi europei, ovvero a 63 anni, e non legando l’uscita dal lavoro all’aspettativa di vita: a tale scopo, il giovane sindacato chiede la presentazione degli emendamenti alla Legge di Bilancio che permetterebbero l’accesso e la decorrenza del trattamento pensionistico secondo le regole precedenti alla legge Fornero, oltre a collocare la professione docente tra quelle di tipo gravoso.
È proprio il caso di dire: il burnout, questo sconosciuto. Perché lo stress da cattedra è alla base di un numero crescente di patologie tra i docenti, tuttavia i primi a non riscontrarlo sono i medici che per legge dovrebbero essere deputati a farlo. “Gli accertamenti medici, operati dai Collegi Medici di Verifica su richiesta del lavoratore o del suo dirigente scolastico – scrive il dottor Vittorio Lodolo D’Oria su Orizzonte Scuola - vengono attuati sulla base della documentazione medica, prodotta dall’interessato, purché proveniente esclusivamente da struttura pubblica. Ed è proprio quest’ultimo requisito a generare ulteriori problemi per il docente che presenta un disagio psichico. Infatti il Centro Psico Sociale di zona ha lunghe liste di attesa ed è spesso sottodimensionato in termini di personale”.
“Diviene così impossibile far certificare il proprio “burnout” da una struttura pubblica e si corre il rischio che la il Collegio Medico di Verifica ti rimandi a scuola col giudizio di idoneità, nonostante la precaria situazione clinica. Se invece i Collegi Medici di Verifica sono accorti, richiedono una relazione psichiatrica allo stesso Centro Psico Sociale che, dopo settimane di attesa, viene costretto a rispondere al Collegio Medico”.
Il medico, quindi, descrive una testimonianza che “esprime compiutamente tutte le difficoltà accennate. Prima fra tutte è certamente quella dovuta al mancato riconoscimento ufficiale di malattia professionale degli insegnanti. Ne consegue che i medici, schiacciati dagli stereotipi al pari dell’opinione pubblica, e totalmente ignari delle malattie professionali della scuola, sono all’oscuro del nesso che lega le diagnosi psichiatriche all’insegnamento”.
La testimonianza è quella di “una docente presso una scuola primaria” che di recente si è “recata presso il Centro Psico Sociale di zona dove” è “stata visitata da una psichiatra”. La maestra racconta di essere “rimasta alquanto perplessa in quanto la dottoressa – dopo alcuni lunghi minuti di silenzi” le “ha detto che in quella sede vengono curati pazienti con malattie ben più gravi e serie (come ad esempio la schizofrenia) e che il medico di famiglia avrebbe potuto limitarsi” a prescriverle “un farmaco antidepressivo”.
L’alta incidenza di malattia psichiatriche ed oncologiche è stata di recente confermata da un gruppo di ricercatori che hanno compiuto un’indagine nazionale, utilizzando più questionari, volti ad indagare diversi ambiti problematici connessi con lo sviluppo della sindrome. Dai risultati desunti dallo studio, risulta che spesso ciò che manca nel lavoro docente è la possibilità di essere sostenuti da una rete (di esperti, di colleghi, etc.), che contribuisca a fornire un supporto sempre presente e disponibile nei momenti di inevitabile difficoltà vissuti a scuola. Ciò è emerso anche in altri studi nazionali ed internazionali (Gabola e Albanese, 2015; Di Giovanni e Greco, 2015): i più esposti al rischio burnout risultano, oltre ai più giovani, anche i docenti più emotivi e stanchi, spesso con tanta anzianità lavorativa alle spalle. E ciò avviene, confermano, perché i medici delle Commissioni Mediche di Verifica spesso ignorano le patologie professionali dei docenti, finendo per riammettere in servizio insegnanti con pesanti diagnosi psichiatriche.
Non si schioda, quindi, l’indifferenza delle strutture pubbliche dinanzi al problema dei gravi disagi psicologici degli insegnanti, derivanti dallo stress cosiddetto da “cattedra”: è infatti assodato che in altissima percentuale la professione del docente, se condotta continuativamente per anni e per decenni, porta al burnout, quindi all’insorgenza di malattie professionali sempre più spesso anche invalidanti.
In questa situazione, quindi, è chiaro che occorre procedere con un immediato adeguamento, anche attraverso una formazione apposita, delle Commissioni e dei Centri medici pubblici di competenza perché si adeguino alla reale consistenza e gravità delle patologie mentali della categoria. Parallelamente, diventa fondamentale che i docenti italiani vengano collocati in pensione così come avviene nei Paesi europei, ovvero a 63 anni, e non legando l’uscita dal lavoro all’aspettativa di vita. Invece, tranne per i maestri della scuola dell’infanzia, si continua a considerare la loro professione non particolarmente gravosa: così ci ritroviamo con il personale insegnante più vecchio del mondo.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “vale la pena ricordare che in Germania un insegnante continua a lasciare il lavoro anche dopo 25 anni di servizio e in Francia si va in pensione tra i 60 e i 62 anni. Ecco perché l’Anief ha fatto, in questi giorni, da tramite per chiedere la presentazione, nel disegno di legge sul “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021” AC n. 1334, di una serie di emendamenti che permettano, tra l’altro, l’accesso e la decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità secondo le regole precedenti alla legge Fornero, oltre a collocare la professione docente tra quelle a carattere gravoso in tutti gli ordini di scuola”.
GLI EMENDAMENTI ANIEF SUGLI ANTICIPI PENSIONISTICI PER IL PERSONALE DELLA SCUOLA:
DISEGNO DI LEGGE
Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021
AC n. 1334
Emendamenti ANIEF
ART. 21.
(Fondi per l’introduzione del reddito e delle pensioni di cittadinanza e per la revisione del sistema pensionistico)
III
All’articolo 21, comma 2, alla fine del periodo inserire il seguente testo: “Per il personale docente, ad ogni modo, si applicano ai fini del diritto all’accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità, le disposizioni normative previgenti all’approvazione dell’articolo 24, della legge 22 dicembre 2011, n. 214 e successive modificazioni. Per la copertura degli oneri derivanti dal presente intervento, si dispone l’incremento del Fondo per la revisione del sistema pensionistico con le risorse ulteriori da reperire a seguito della soppressione all’articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 294 delle parole “ricettive” e “ricreative”.
Motivazione [Esonero dalla riforma Fornero per il personale docente]: il carattere peculiare della professione docente rispetto alle altre professioni della Pubblica Amministrazione per il diffuso e gravoso stress psicofisico, unito all’attuale pesante gap generazionale tra docenti e discenti con il personale insegnante più vecchio del mondo, necessita di un’apposita finestra che permette l’accesso e la decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità secondo le regole previgenti la riforma cosiddetta “Fornero”. La copertura finanziaria è garantita da un incremento del Fondo per la revisione del sistema pensionistico con le risorse derivanti dal pagamento dell’ICI dei soggetti proprietari di immobili destinati ad attività ricettive e ricreative, prima esonerati, a seguito della sentenza n. 166 del 6 novembre 2018 della Corte di Giustizia Europea nella Cause riunite C-622, C-623, C-624/16.
IV
All’articolo 21, comma 2, alla fine del periodo inserire il seguente testo: “All’allegato b) di cui all’articolo 1 comma 148, punto H della legge 27 dicembre 2017, n. 205, dopo la parola “infanzia” aggiungere le seguenti parole “, primaria e secondaria. Per la copertura degli oneri derivanti dal presente intervento, si dispone l’incremento del Fondo per la revisione del sistema pensionistico con le risorse ulteriori da reperire a seguito della soppressione all’articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 294 delle parole “ricettive” e “ricreative”.
Motivazione [Estensione carattere gravoso a tutta la professione docente]: lo svolgimento della professione docente ha un carattere gravoso in tutti gli ordini di scuola, come si evince dagli studi sullo stress da lavoro correlato e bornout del dott. Lodolo D’Oria, ragion per cui risulta indispensabile allargare l’attuale finestra di pensione anticipata prevista soltanto per il personale dell’infanzia. La copertura finanziaria è garantita da un incremento del Fondo per la revisione del sistema pensionistico con le risorse derivanti dal pagamento dell’ICI dei soggetti proprietari di immobili destinati ad attività ricettive e ricreative, prima esonerati, a seguito della sentenza n. 166 del 6 novembre 2018 della Corte di Giustizia Europea nella Cause riunite C-622, C-623, C-624/16.
PER APPROFONDIMENTI: