La riforma Fornero, sulla scia delle precedenti, ne ha già ridotto di circa il 20% la consistenza: l’ulteriore decurtazione dovuta alla restituzione dei tre anni di “scivolo” porterà l’entità delle pensioni dei lavoratori italiani - nati tra il 1951 e il 1953 - che aderiranno al progetto, ad un importo lontanissimo a quello percepito dagli attuali pensionati che hanno versato meno contributi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): quella annunciata dal ministro Poletti è una soluzione tutt’altro che redditizia, anche perché nel frattempo in altri Paesi si continua ad andare in pensione senza ‘trappole’. Un docente della Germania lascia il lavoro dopo 24 anni di servizio, senza decurtazioni e con uno stipendio quasi doppio rispetto ai nostri insegnanti. La verità è che questo Governo aveva promesso di mettere mano nel 2016 alla riforma Fornero, prendendo un impegno con gli italiani. Mentre questa proposta, che coinvolge le banche per sovvenzionare la pensione in anticipo, rappresenta l’ennesimo bluff alle spalle di chi ha lavorato una vita e merita di andare in pensione in tempi decenti e con degli assegni dignitosi.
Lascia molto perplessi, per non dire esterrefatti, la proposta del pre-pensionamento Ape che il Governo si appresta a formalizzare per lenire gli effetti devastanti prodotti dalle ultime riforme pensionistiche: in base a quanto preannunciato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il progetto sarà fruibile da tutti i lavoratori, “sia autonomi che dipendenti, sia privati che statali”, per “garantire maggiore flessibilità in uscita ai lavoratori”, al fine di “smussare la rigidità della riforma Fornero”.
“A partire dal prossimo anno, quindi, - scrive Orizzonte Scuola - potrebbe partire il progetto sperimentale dell’Ape, una sperimentazione che durerà soltanto 3 anni, fino al 2019 e che coinvolgerà i lavoratori nati tra il 1951 e il 1953. Ai lavoratori cui mancano meno di 3 anni per accedere alla pensione sarà permesso, quindi, di richiedere all’Inps la certificazione del requisito per poter accedere al beneficio che permetterebbe di anticipare la pensione grazie a prestiti concessi dalle banche, ma erogati dall’Inps che sarebbero poi restituiti al raggiungimento dei requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia con microprelievi sull’assegno pensionistico. La restituzione del prestito – conclude la rivista specializzata - dovrà avvenire in 20 anni, anche se, riguardo all’Ape, sono molti i lati oscuri ancora da chiarire, come ad esempio quali sarebbero i ruoli delle banche che finanzieranno l’uscita anticipata e quale garanzia fornirà loro lo Stato”.
A questi interrogativi, si aggiungono quelli riguardanti la consistenza dell’assegno che percepirà il pensionato che deciderà di aderire al progetto Ape. Considerando che la riforma Fornero, sulla scia delle precedenti, ha già ridotto di circa il 20 per cento la consistenza dell’assegno di quiescenza, l’ulteriore decurtazione dovuta alla restituzione dei tre anni di “scivolo” potrebbe portare la consistenza delle pensioni dei lavoratori italiani che aderiranno al progetto preannunciato dal ministro Poletti, ad un importo quasi dimezzato rispetto a quello percepito dagli attuali pensionati che hanno versato meno contributi.
“È una prospettiva che non appare affatto redditizia – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal –, anche perché nel frattempo in altri Paesi europei si continua ad andare in pensione senza ‘trappole’ o tranelli. Un docente della Germania, tanto per capirci, lascia il lavoro dopo 24 anni di servizio e senza decurtazioni. Percependo, tra l’altro, uno stipendio, quindi una conseguente pensione, quasi doppio rispetto ai nostri insegnanti. La verità è che questo Governo aveva promesso di mettere mano nel 2016 alla riforma Fornero, prendendo un impegno con gli italiani. Mentre questa proposta, che coinvolge le banche per sovvenzionare la pensione in anticipo, rappresenta l’ennesimo bluff alle spalle di chi ha lavorato una vita e merita di andare in pensione in tempi decenti e con degli assegni dignitosi”.
“Invece, le cose stanno andando diversamente. Basti pensare all’effetto trascinamento della riforma Fornero che nel 2018 porterà la pensione di vecchiaia a quasi 68 anni. Considerando che già oggi per più di quattro pensionati su dieci l'assegno non arriva neppure a mille euro al mese, in futuro potrà solo che andare peggio, alla luce del penalizzante sistema contributivo che entrerà a regime. Anief ha stimato che gli insegnanti immessi in ruolo nel corso del 2015 attraverso la Buona Scuola, rispetto a chi lascia il servizio oggi, andranno a percepire un assegno mensile davvero esiguo: se un docente che oggi lascia il lavoro sui 65 anni percepisce una pensione media di 1.500 euro, chi è stato immesso in ruolo nel 2015 andrà in pensione solo a 70 anni con assegni sicuramente sotto i mille euro”.
Anief comunica che, per far fronte alle esigenze di migliaia di associati interessati, ha siglato una convenzione con il Centro servizi Cedan, società autorizzata ad erogare, per mezzo della confederazione Cisal, servizi di Caf e patronato: sarà possibile avvalersi di tali servizi scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Contatta la sede più vicina cliccando su questo link.
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