Dal prossimo anno avremo sempre più docenti ultrasessantenni. Mentre per i 250mila precari abilitati il ruolo si allontana: ci arriveranno sfiniti e coi i capelli bianchi. Anief: bisognava prevederlo, dando la possibilità agli insegnanti con 30 anni di servizio usurante di lasciare le classi e diventare i tutor dei nuovi professori. Un po’ di giustizia potrebbe comunque arrivare dalla Corte dei Conti, chiamata ad esprimersi sui Quota 96.
La riforma delle pensioni voluta dal Governo Monti e dal ministro Fornero comincia a fare le prime “vittime”: dalle prime informazioni ufficiali provenienti dagli Uffici scolastici territoriali, risulta che in un solo anno il numero di pensionamenti della scuola si è infatti più che dimezzato. Così, se nel 2012 sono stati in 30mila - tra insegnanti, amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici - ad essere collocati in pensione, quest’anno saranno neanche 15mila. Con degli effetti paradossali: si moltiplicherà infatti il numero di docenti ultrasessantenni costretti a rimanere dietro la cattedra; come è destinato a crescere il numero di anni di precariato decine di migliaia di docenti e Ata che attraverso il turn over speravano di essere assunti in ruolo.
I dati forniti da alcuni uffici scolastici periferici sono più che emblematici: a Campobasso nel 2012 sono andati in pensione 113 docenti e Ata; quest’anno ne andranno via appena 34. A Terni andrà ancora peggio: lo scorso anno hanno lasciato la scuola in 93; a settembre se ne andranno solo in 22. Un ultimo esempio: a Salerno gli ultimi pensionati sono stati 676; ora se ne contano solamente 201.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir, questi primi importanti segnali dimostrano che “la scuola italiana doveva assorbire la riforma in modo diverso. Il nostro Paese, infatti, annovera già da tempo i docenti più vecchi dell’area Ocse. E manda in ruolo i precari alle soglie dei 40 anni. Ora, con le nuove norme che obbligano ad andare in quiescenza non prima dei 65-67 anni, ci ritroveremo con un numero altissimo di insegnanti stanchi e demotivati, costretti a trasmettere conoscenze a classi-pollaio, di 30 e più alunni”.
“Sarebbe stato sicuramente più opportuno – continua Pacifico – dare la possibilità a chi ha svolto 25-30 anni di insegnamento di rimanere nella scuola con il ruolo di tutor o di supervisore dei giovani aspiranti docenti. Non è l’uovo di Colombo, perché si tratta di una modalità già adottata in diversi Paese. E funziona. In tal modo questi docenti non avrebbero comunque gravato sulla previdenza, ma in compenso si sarebbe dato impulso alla didattica, migliorando la formazione delle nuove leve, e favorito il turn over”.
L’Anief non ha dubbi: la riforma delle pensioni fa acqua da tutte le parti. A garantire un po’ di equità potrebbero ancora una volta essere allora i giudici. A Bologna e a Bari la Corte dei Conti, infatti, ha deciso di sospendere i processi sulla richiesta di pensionamento formulata da diverse centinaia di dipendenti della scuola che avevano iniziato l’anno scolastico 2011/12 convinti di andare in pensione, ma poi rimasti bloccati dagli estensori della riforma Fornero, che non hanno voluto saperne di concedere loro l’inserimento dell’intero anno scolastico e raggiungere in tal modo la fatidica Quota 96.
“Ora la Consulta – commenta Pacifico – deciderà se la scuola merita di attuare il fisiologico ricambio del corpo insegnante. Per rinnovare, tra l’altro, una delle professionalità più usuranti che esistono. Mentre, per come si stanno mettendo le cose, considerando anche l’assunzione sicura della metà dei vincitori del concorso a cattedra, ci troviamo con la prospettiva di vedere fortemente compromesse le assunzioni in ruolo dei precari. Inoltre, le supplenze annuali e fino al termine dell’anno scolastico subiranno un drastico ridimensionamento: con oltre 250mila iscritti nelle graduatorie ad esaurimento costretti a rimanere in una assurda posizione di stallo. Ed altre decine di migliaia neo-abilitati, attraverso i famigerati Tfa, addirittura lasciati fuori”.
Anief coglie l’occasione per inviare al nuovo Governo un appello: occorre tornare ad investire sui giovani, iniziando a dare loro la possibilità di avere docenti motivati e non costretti a rimanere in cattedra loro malgrado.
Il nostro sindacato continuerà nel frattempo a notificare presso la Corte dei Conti il diritti di chi anche quest’anno ha presentato domanda di pensionamento usufruendo della deroga che il Governo italiano si ostina a negare ai dipendenti della scuola. Coloro che sono interessati possono scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..