Per il sindacato, quanto previsto nel disegno di legge governativo, che vorrebbe riordinare le prestazioni di natura assistenziale e previdenziale, costituisce un grosso passo indietro. Anche perché l’attuale trattamento della pensione di reversibilità implica già non pochi limiti in merito al numero dei familiari e al suo ammontare: oggi, l’importo è infatti pari al 60% della pensione del familiare deceduto se va solo al coniuge. Inoltre, la pensione viene tagliata del 25% se il reddito è superiore a 1.500 euro mensili (tre volte la pensione minima), del 40% se supera 2mila euro e del 50% se l’assegno di quiescenza supera i 2.500 euro. Anief, come ha fatto con le decurtazioni delle pensioni, annuncia sin d’ora l’intenzione di impugnare in tribunale qualsiasi decisione presa dal Governo per limitare l’assegno di reversibilità.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): il Governo faccia molta attenzione, perché pure stavolta a favore dei danneggiati si potrebbe schierare il giudice. È accaduto meno di un anno fa, quando la Consulta ha di fatto annullato integralmente il blocco sulle indicizzazioni senza fare alcuna distinzione tra reddituali. Poi, l’Esecutivo ha cercato di mettere tutto a posto con una ridicola una-tantum, ma la bocciatura rimane e fa giurisprudenza. Tanto che la storia si è ripetuta, di recente, al tribunale di Palermo che ha sollevato questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 36 e 38, richiamati dallo stesso giudice delle leggi nella sentenza n. 70/2015.