La distribuzione dei posti per il prossimo ciclo del TFA per conseguire la specializzazione su sostegno ha scatenato polemiche e la sacrosanta indignazione delle regioni che hanno registrato l’attivazione di un numero di posti irrisorio rispetto alle esigenze del territorio.
Del Piemonte, su cui come segreteria ANIEF regionale siamo prontamente intervenuti, abbiamo già scritto con dovizia di dettagli, considerato che ai piedi delle Alpi si è registrato il record negativo di attivazioni tra tutte le regioni italiane: 205 posti, appena l’1% del totale. A questo punto, uno ‘zero’ sarebbe stato più sensato e dignitoso. Ma anche Lombardia ed Emilia-Romagna hanno sicuramente molto da recriminare sull’offerta formativa delle università locali.
Il tema della localizzazione dei posti attivati è specchio dell’illogicità di molte, troppe scelte che riguardano la Scuola. Se è vero che, in linea di principio, nulla impedisca agli aspiranti di svolgere le selezioni presso qualsiasi ateneo italiano, è pur vero che la realtà dei fatti è che tale scelta avrà comunque effetti non solo - e tanto già basterebbe - sulla vita dei singoli docenti in termini di costi diretti (trasferimenti) e indiretti (diminuzione – se non annullamento – delle possibilità lavorative visto che la maggior parte dei posti sarà attivati al Sud) ma verosimilmente anche sulla disponibilità di docenti di sostegno per il prossimo anno nelle regioni del Nord con meno posti disponibili per i corsi.
Proviamo a spiegarci meglio: in questo momento, in Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna, i posti in deroga di sostegno di ogni ordine e grado sono occupati in via quasi esclusiva con contratti a tempo determinato da docenti non specializzati. Questi docenti, in larga misura, provengono da altre regioni, segnatamente del Centro e soprattutto del Sud dove, notoriamente, c’è minore disponibilità di cattedre libere. Oggi questi docenti vengono indotti a svolgere le selezioni per il TFA Sostegno al Sud, considerato che in Sicilia, ad esempio, si concentra il 25% circa dei posti disponibili. È chiaro che in caso di ammissione ai corsi presso queste università, i docenti che oggi lavorano al Nord non potranno continuare a farlo, a pena di costi di gestione enormi, da sommare alle già faraoniche tasse di iscrizione ai corsi, e nella consapevolezza di dover osservare l’obbligo di frequenza.
La logica conseguenza di tale scenario potrà, quindi, significare enormi difficoltà per le scuole del Nord, specie in Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna nel reperire, il prossimo anno scolastico, personale docente da utilizzare sui posti di sostegno. Già adesso, lo ricordiamo, in Piemonte sono tantissime le scuole, soprattutto primarie, a dover fare i salti mortali per coprire con messa a disposizione i posti vuoti.
Ma a rendere grottesca la situazione si aggiunge anche la prospettiva, per i docenti che conseguiranno al Sud la specializzazione su sostegno, di dover fare verosimilmente comunque ritorno al Nord con il loro nuovo titolo in tasca per poterlo spendere utilmente, visto che è proprio al Nord che si trova la maggior quantità di posti di sostegno disponibili. Un assurdo andirivieni tutto sulle spalle dei docenti e, cosa ancor più grave, su quelle degli alunni disabili.
Come ANIEF abbiamo già fatto richiesta al Ministero dell’Università e della Ricerca di informativa sui pareri espressi dai comitati regionali di coordinamento, nella certezza che l’unico criterio preso illegittimamente in considerazione sia stato quello dell’offerta didattica, senza tenere in alcuna considerazione le specifiche esigenze dei territori. Una decisione per noi evidentemente inaccettabile.
Vorremmo, insomma, che almeno su questo trionfasse, una volta tanto, la ragionevolezza anziché la più assoluta illogicità.
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Marco Giordano
Presidente regionale ANIEF Piemonte