La risposta della Commissione europea a una precisa interrogazione sul personale scolastico precario italiano conferma la politica sindacale dell’ANIEF tesa a ottenere la stabilizzazione di Docenti e ATA attraverso i tentativi di conciliazione, in applicazione della normativa comunitaria e nazionale.
Il Commissario europeo responsabile dell’occupazione, degli affari sociali e dell’integrazione, Lazlo Andor, risponde (E-2354/2010) così il 10 maggio 2010 all’interrogazione dell’on. Rita Borsellino (PD) del 16 aprile 2010, in merito alla mancata stabilizzazione del personale ATA della Scuola, e ritiene che la questione non possa interessare l’Italia, in quanto il nostro Paese ha recepito la direttiva UE 1999/70/CE nella normativa nazionale con il decreto legislativo n. 368/01 (modificato). L’art. 4 specifica che un contratto a tempo determinato può essere prorogato non più di una volta e che la durata totale di uno o più contratti a tempo determinato non può superare i tre anni. L’art. 5, c. 4-bis prevede che uno o più contratti di durata superiore ai tre anni siano considerati contratti a durata indeterminata. Poiché, però, in Italia, come segnalato dall’europarlamentare siciliana, vi sono ancora 70.000 precari ATA, e aggiungiamo noi, 130.000 docenti assunti ogni anno e licenziati a giugno o ad agosto, la Commissione scriverà alle autorità italiane per ottenere informazioni e chiarimenti sulla (falsa) applicazione della normativa italiana. Tale pronuncia conferma l’interpretazione data dall’ANIEF che, da parte sua, nell’attesa, prosegue i tentativi di conciliazione per i docenti/ata precari iscritti in ogni ULPMO del territorio nazionale, propedeutici per i ricorsi al giudice del lavoro, per ottenere la stabilizzazione di ognuno dei 200.000 precari Docenti e ATA che ogni sono assunti a settembre e licenziati a giugno o ad agosto, e il relativo risarcimento danni. I consulenti territoriali del Sindacato sono impegnati in ogni provincia ed entro la fine del prossimo autunno saranno concluse tutte le operazioni utili a richiedere il petitum violato (conciliazioni e deposito degli eventuali ricorsi).
D’altronde, con l’art. 1, c. 1 della L. 167/09, ottenuto anche grazie all’azione decisa dell’ANIEF in XI Commissione lavoro, il legislatore italiano ha previsto espressamente la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo determinato per il personale docente e ata, inserito nelle graduatorie (ad esaurimento), e il cui CCNL (c. 4, art. 40) ne preveda la liceità. Di fronte ai pensionamenti di massa e ai blocchi degli stipendi degli insegnanti di ruolo, sembra giunto il momento per migliaia di professionisti della scuola di ottenere la stabilizzazione grazie a un’azione sindacale incisiva e costante nelle aule parlamentari come nelle aule giudiziarie.
Comunicato sulle conciliazioni attivate dall’ANIEF
L’interrogazione dell’on. Borsellino
In Italia esistono più di 70 mila ausiliari tecnici amministravi (personale ATA) che si occupano a diverso titolo del funzionamento della scuola pubblica. Molti di questi assistenti amministrativi operano da diversi anni con contratti a tempo determinato, reiterati negli anni, senza che la loro posizione sia mai stata regolata. Di fatto questo ha dato vita a una forma di precariato di lunga durata, senza che venissero riconosciuti a questa fascia di lavoratori gli stessi diritti derivanti dall'assunzione a tempo indeterminato.
Il 4 luglio 2006 la Corte di giustizia europea, nella causa C-212/04 Konstantinos Adeneler e altri contro Ellinikos Organismos Galaktos (ELOG), ha chiarito l'interpretazione dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e della direttiva 1999/70/CE consolidando la tutela dei lavoratori. Secondo la Corte, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato successivi, anche nel settore pubblico, deve avvenire sulla base di alcune rigide condizioni riferite a circostanze specifiche, precise e concrete caratterizzanti una determinata attività e collegate con la natura delle funzioni da espletare. La Corte, pur lasciando agli Stati membri la discrezionalità per la definizione di contratto a tempo determinato, ha considerato una violazione della direttiva 1999/70/CE la disposizione nazionale che considerava successivi e autorizzava i singoli rapporti di lavoro a tempo determinato separati da intervalli pari o inferiori a 20 giorni lavorativi.
1. Sulla base di queste considerazioni contenute nella sentenza della Corte, non ritiene la Commissione europea che l'Italia non abbia rispettato i principi da essa enunciati, contenuti anche nell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e nella direttiva 1999/70/CE?
2. Non ritiene la Commissione che gli operatori amministrativi che lavorano da diversi anni con contratti a tempo determinato, reiterati nel corso degli anni, abbiano diritto alla trasformazione dei rapporti di lavoro dalla data di stipulazione dei contratti iniziali ad oggi, avendo essi svolto un'attività lavorativa continuativa e senza interruzioni con successivi contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il Ministero dell'Istruzione?
La risposta del Commissario Laszlo Andor a nome della Commissione
Lo scopo della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP su lavoro a tempo determinato è di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l'applicazione del principio di non discriminazione nonché di creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato.
L'Italia ha recepito la direttiva nella normativa nazionale con il decreto legislativo n. 368 del 6 settembre 2001 (modificato). L'articolo 4 del DL specifica che un contratto a tempo determinato può essere prorogato non più di una volta e che la durata totale di uno o più contratti a tempo determinato non può superare i tre anni. L'articolo 5 prevede che i contratti a durata determinata sono considerati contratti a durata indeterminata se vengono rinnovati entro un periodo di 10 giorni dalla data di scadenza per un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi. Inoltre l'articolo 5, punto 4bis del suddetto DL stipula che, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi, qualora per effetto di una successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato, indipendentemente dai periodi d’interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro.
Nella causa C-212/04 la Corte di giustizia europea ha stabilito che la normativa europea osta all'applicazione di una normativa nazionale per cui solo contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato tra i quali intercorra un periodo non superiore a 20 giorni lavorativi debbano essere considerati «successivi»; in altre parole, che un nuovo contratto a tempo determinato concluso più di 20 giorni dopo la scadenza del precedente contratto debba essere considerato come tale e non come un contratto «successivo». La Corte di giustizia tuttavia non ha considerato che la direttiva 1999/70/CE conferisca un diritto automatico a trasformare un contratto a durata determinata in un contratto a durata indeterminata.
La questione non interessa l'Italia, in quanto l'articolo 5, punto 4 bis del DL n. 368 del 6 settembre 2001 prevede che uno o più contratti di durata superiore ai tre anni siano considerati contratti a durata indeterminata.
Ciononostante la Commissione scriverà alle autorità italiane per ottenere informazioni e chiarimenti sull'applicazione della normativa italiana agli ausiliari tecnici amministrativi delle scuole pubbliche ed esaminerà i punti sollevati dall'on. parlamentare alla luce delle nuove informazioni ricevute.