Maciej Szpunar: “non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive”. Prende largo la tesi sull’incoerenza tra l’abuso di precariato nelle scuole italiane rispetto alla clausola 5 della Direttiva UE 1999/70 che impone agli stati membri l’adozione di misure preventive e sanzionatorie. L’ultima parola spetta alla Corte, che si esprimerà in autunno, ma per oltre 100mila supplenti italiani si aprono le porte dell’assunzione.
Secondo Sergio Galleano, uno dei legali che tutela i ricorrenti Anief a Lussemburgo, “il tono delle conclusioni depositate non sembra lasciare molto spazio ad una soluzione diversa”.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): crescono le nostre speranze per un epilogo a favore di migliaia di lavoratori della scuola che hanno creduto nella tutela del sindacati. Perché in caso di esito favorevole, Italia i giudici del lavoro non potranno che darne esecuzione. E lo Stato non potrà fare altro che stabilizzare in fretta 100mila docenti e 25mila Ata che operano su posti vacanti: altrimenti riceverebbe multe salatissime, anche di miliardi di euro, da mettere in carico alla collettività.
La consuetudine tutta italiana di reclutare il 15 e il 20 per cento del personale scolastico attraverso supplenze annuali, anche in presenza di posti vacanti utili alle immissioni in ruolo, lasciando centinaia di migliaia precari abilitati alla professione in perenne lista di attesa, “non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive”: a sostenerlo è l’Avvocato generale presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, Maciej Szpunar, che poche ore fa ha depositato le sue conclusioni nel procedimento Mascolo C-22/13 ed altri, avviato a seguito delle quattro ordinanze di rimessione del Tribunale di Napoli nel gennaio 2013 e dell’ordinanza della Corte costituzionale 207/2013 del luglio 2013 aventi come oggetto la valutazione di compatibilità della disciplina di reclutamento italiano del personale del settore scolastico con la normativa europea.
Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale ha ammesso in modo inequivocabile l’incoerenza tra l’abuso di precariato nelle scuole italiane rispetto, in particolare, alla clausola n. 5 della Direttiva UE 1999/70 che impone agli stati membri l’adozione di misure preventive e sanzionatorie proprio per evitare la reiterazione abusiva dei contratti a termine.
L’Anief, come si ricorderà, dopo essersi rivolta, prima organizzazione sindacale, ad inizio 2010, alla Corte europea, aveva patrocinato dinanzi alla Corte costituzionale uno di questi procedimenti, con gli avvocati Vincenzo De Michele e Sergio Galleano, insistendo per la rimessione pregiudiziale proprio alla Corte europea, evidenziando come la disciplina del reclutamento del personale docente ed Ata della scuola fosse palesemente contraria alla direttiva UE: una procedura che dal 1999 ad oggi ha consentito, attraverso la reiterazione dei contratti a termine, la formazione di un precariato che ha ormai raggiunto livelli del tutto inaccettabili per un paese moderno europeo.
L’udienza, alla quale ha presenziato anche l’Anief, si è tenuta lo scorso 27 marzo. In quell’occasione il relatore non si pronunciò: insieme ai giudici, ascoltò le parti costituite e il procuratore generale. Per poi riservarsi di comunicare la data di pubblicazioni delle argomentazioni in materia da parte della stessa Corte. A distanza di oltre 100 giorni da quell’udienza, oggi l’Avvocato generale si è espresso in modo perentorio: al punto 73, in particolare, osserva come “sebbene tale assunzione di personale supplente sia in via di principio temporanea, il fatto che non sia stato fissato alcun termine preciso per l’espletamento dei concorsi per l’assunzione di personale di ruolo genererebbe un’incertezza totale quanto al momento di svolgimento di tali concorsi”.
Secondo Maciej Szpunar, quindi (punto 74), “la normativa oggetto dei procedimenti principali consente l’utilizzo di contratti a tempo determinato al fine di sopperire «stabilmente ad esigenze permanenti» del settore scolastico, utilizzo che è censurabile e che dovrebbe essere impedito attraverso l’adozione di una o più delle misure restrittive previste dalla clausola 5 dell’accordo quadro”.
L’avvocato generale conclude chiedendo che la Corte europea affermi come la disciplina italiana del reclutamento del personale scolastico “non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato”. Ovviamente, come di rito, rimette ad giudice nazionale di trarre le conclusioni conseguenti per la decisione delle singole cause.
“Al parere dell’avvocato generale – spiega Sergio Galleano, il legale che tutela in questa causa i lavoratori che si sono rivolti all’Anief - seguirà la sentenza della Corte, probabilmente in autunno. Ma il tono delle conclusioni depositate non sembra lasciare molto spazio ad una soluzione diversa da quella consigliata dall’avvocato Szpunar”.
Anche l’Anief, che ha già ottenuto presso diversi tribunali del lavoro sentenze positive in primo grado in tema di stabilizzazione e/o risarcimenti danni, reputa la posizione dell’avvocato generale davvero incoraggiante: “anche se l’ultima parola spetterà alla Corte Giustizia europea – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – questa presa di posizione netta fa crescere le nostre speranze per un epilogo del ricorso favorevole a migliaia di lavoratori della scuola che hanno creduto nell’operato dell’Anief”.
Per i circa 125mila dei 140mila precari annuali della scuola italiana, che hanno superato le procedure per accedere al ruolo, con almeno 36 mesi di servizio svolti, una pronuncia positiva della Corte europea aprirebbe le porte dell’assunzione: i giudici italiani del lavoro, chiamati ed esaminare cause di questo genere, non potranno infatti che esprimersi per l’assunzione a tempo indeterminato dei supplenti. Adottando l’art.5, comma 4-bis del decreto legislativo n.368 del 2001. E non le norme successive approvate “abilmente” dal legislatore nazionale per aggirare la sua adozione. Sulla impossibilità di opposizione dei giudici del lavoro rispetto ad una sentenza emessa a Lussemburgo, si è espressa già chiaramente la Commissione Europea: quanto stabilito dalla Corte UE ha prevalenza e non può essere disapplicato.
Di conseguenza, secondo Pacifico “sulla questione precariato, per il Governo e il Miur siamo orami alla resa dei conti: negli stessi giorni in cui alcuni rappresentanti del Governo ammettono la volontà di eliminare le graduatorie d’istituto, con i quasi 500mila supplenti che vi sono dentro, e nelle stesse ore in cui il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan prefigura un “contratto unico con forme di tutela progressiva” e da Viale Trastevere non giungono risposte alla richiesta dell’Anief diimmettere in ruolo 100mila docenti e 25mila Ata precari, dall’Europa arrivano indicazioni sempre più cogenti per portare alla loro assunzione tramite il tribunale”.
“E lo Stato italiano non potrà che darne seguito: qualora continui a lasciare al palo così tanti precari della scuola pubblica, incorrerebbe in sanzioni salatissime. Che potrebbero raggiungere miliardi di euro. Il cui pagamento andrebbero tra l’altro a carico dell’erario e - conclude Pacifico - dei cittadini onesti che pagano le tasse”.
Per approfondimenti:
LE CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE MACIEJ SZPUNAR (presentate il 17 luglio 2014)
Sui 140 mila precari la Corte di Giustizia europea prende tempo, l’Italia ne approfitti