Nella Legge di Bilancio per il 2022 il sistema degli Enti Pubblici di Ricerca continua ad essere oggetto di politiche contradditorie e incomprensibili. Stando a quanto emerge dalle prime bozze del testo, l’art. 99 prevede infatti risorse finanziarie per il superamento del precariato, per la promozione di sviluppo professionale di ricercatori/tecnologi (passaggio di livello a I° ricercatore) e per la valorizzazione del personale tecnico/amministrativo per i soli EPR vigilati dal MUR
Nulla in favore invece degli altri Enti di Ricerca. Ciò equivale a sostenere che, dopo oltre un decennio di blocco sostanziale delle carriere, sviluppo professionale del personale e precariato non siano un problema da risolvere negli EPR non vigilati dal MUR. Ovvero, nei fatti, che non siano tutto sommato da promuovere le attività e le professionalità in ambiti quali la sanità, l’ambiente, l’energia, il lavoro, le analisi sociali e delle politiche pubbliche e l’agricoltura. Paradossi e palesi contraddizioni che evidentemente stridono con le emergenze drammatiche di questi tempi.
In attesa di una puntuale verifica dell’adeguatezza delle risorse finanziarie ipotizzate rispetto agli obiettivi dichiarati, si assiste peraltro ad una ulteriore crescita del numero di fondi in Capo al MUR. Oltre all’incremento del recente “Fondo italiano per la Scienza” e ad ulteriori interventi sulle risorse ex comma 5 del DLGS 218/16 (art. 99, comma 2 e comma 4), la legge di Bilancio istituisce un nuovo “Fondo italiano per le scienze applicate” (art. 99, comma 3). Nel prendere atto positivamente di un incremento di risorse per (alcune) attività di ricerca, vanno nondimeno sollevati dubbi su una politica della ricerca fatta di interventi a cascata, senza una revisione e organizzazione organica delle linee di intervento e finanziamento, con rischi concreti, già ravvisati nel passato, di mancata e chiara valutazione delle effettive ricadute degli investimenti.
Ulteriori incongruenze emergono sul piano strettamente normativo. Va certamente chiarito come si intenda concretamente procedere alla valorizzazione del personale tecnico/amministrativo degli EPR vigilati dal MUR (art. 99, lettera c)): si tratta di passaggi di livello ovvero di attribuzione di premi e incentivi? Non condivisibile è inoltre la previsione sulla composizione di commissioni di soli esterni per i passaggi a I° Ricercatore, che nei fatti liquida le norme vigenti del CCNL. Tantomeno condivisibile è inoltre la messa ad esaurimento dei profili di ricercatore/tecnologo di III livello. Va ricordato che “esperimenti” di questo tipo sono stati già fatti nell’Università, con esiti disastrosi sul piano delle attività e delle stesse professionalità, tanto da indurre la stessa politica a ripensamenti e correttivi sul piano normativo. Senza contare che, stando ad una puntuale interpretazione della norma, la messa ad esaurimento dovrebbe riguardare solo i ricercatori/tecnologi degli EPR vigilati dal MUR. E che tale intervento sarebbe adottato dal Governo in modo unilaterale in vista del rinnovo del CCNL. In un colpo solo si procederebbe quindi a spaccare ulteriormente il sistema della ricerca pubblica e a porre una ipoteca su qualsiasi confronto in sede contrattuale in tema di revisione degli ordinamenti.
Discorso a parte va fatto sul CNR. L’art. 100 della Legge di Bilancio prevede l’adozione di un piano di riorganizzazione e di rilancio della durata di tre anni, con la previsione di specifiche risorse finanziarie per l’attuazione del piano e per la stabilizzazione dei precari. Si tratta quindi di un intervento organico, finalizzato nelle intenzioni a rafforzare il maggior Ente di Ricerca italiano ed a risolvere le sue annose criticità.
In questo quadro, desta nondimeno dubbi l’istituzione con decreto del MUR di un “Comitato strategico per il rilancio dell’ente (Supervisory Board), composto da cinque esperti, italiani o stranieri, di comprovata competenza ed esperienza, anche gestionale, acquisite nel settore della ricerca nazionale ed internazionale”. Considerando che il Comitato Strategico e lo stesso il Presidente del CNR possono avvalersi anche di soggetti esterni all’amministrazione, sul piano politico sembra di intravedere la convinzione che il CNR possa essere adeguatamente riformato solo “dal di fuori” e “dall’alto”, azzerando autonomie e ruolo degli organi statutari. Nel constatare che la moda del ricorso alla figura taumaturgica del tecnico stia travalicando ogni ragionevole limite, a nostro parere andrebbe quantomeno riconsiderata l’ipotesi che il rinnovamento del CNR può avvenire compiutamente solo attraverso il coinvolgimento del personale e delle sue rappresentanze. E soprattutto sottolineiamo che il “metodo del tecnico di turno” non è applicabile a prescindere, in particolare quando rischia di tradursi in una sistematica scelta della politica e delle Istituzioni di delegare ad altri il proprio ruolo e responsabilità. O peggio, di far passare come asettiche ed inconvertibili scelte già fatte a priori.
Per l’ANIEF EPR è quindi necessario ed urgente affrontare queste tematiche, chiarendo i vari aspetti critici della legge di Bilancio, apportando i dovuti correttivi e definendo interventi in favore di tutto il sistema della ricerca pubblica.