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Diploma a 18 anni? Il Miur vuole solo fare cassa

I più recenti studi indicano di allungare l’apprendimento in classe.

Ridurre di un anno la durata del percorso scolastico? Se è vera l’indiscrezione riportata nelle ultime ore dai mass-media, che porterebbe i nostri ragazzi a diplomarsi a 18 anni anziché a 19, il ministro Profumo farebbe bene a concentrare i propri sforzi su aspetti decisamente più importanti. Come quello di portare fino alla maggiore età l’obbligo scolastico e contemporaneamente di coinvolgere gli studenti più “difficili” potenziando l’alternanza scuola-lavoro.

Il progetto del Miur di cancellare un anno di studi - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - rappresenta un altro tentativo che va contro la logica del merito e della cultura all’investimento delle risorse umane. Come se il tasso di abbandono scolastico in Italia non fosse tra i più alti dell’area Ocse. Il forte sospetto è che la spinta a realizzare certe iniziative nazionali sarebbe allora legata a mere esigenze di cassa”.

L’Anief ritiene significativo che tutte le indagini sull’istruzione prodotte negli ultimi anni, confermate da agenzie internazionali e persino dallo stesso Miur, abbiano invece indicato la necessità di far frequentare la scuola a tutti i lavoratori: ciò favorirebbe una migliore riconversione professionale, oltre che i processi di razionalizzazione e ricapitalizzazione dell’impiego delle risorse umane.

Un esempio virtuoso che l’Italia dovrebbe seguire – sostiene Pacifico – è quello condotto da alcuni Stati degli Usa, dove è stato dimostrato che un percorso di apprendimento ridotto non porta a maggiori chance nella ricerca del lavoro. Né, tantomeno, permette di acquisire più conoscenze, capacità e competenze. Il nostro Governo potrebbe anche guardare a modelli educativi-formativi geograficamente più ‘vicini’, come quello tedesco: in Germania, infatti, gli studenti possono contare su un sapiente utilizzo dell’apprendistato, che essendo strettamente collegato al tessuto industriale permette ai giovani di specializzarsi in campi produttivi reali ma contemporaneamente di accrescere il proprio sapere continuando a frequentare la scuola”.

Alla luce di queste considerazioni, l’Anief teme quindi che il progetto ora all’esame di una decina di esperti incaricati dal Miur possa avere solo uno scopo: il taglio di 50mila unità di personale. “Non bisogna essere dei guru – conclude Pacifico – per prevedere che l’anticipo di un anno del corso di studi, assieme alla volontà espressa da tempo di abolire il valore legale del titolo di studio, metterebbe una pietra tombale sulla validità del nostro sistema scolastico”.