Le donne sono l'82% dei prof, ma assunte tardi e lontano da casa.
(ANSA) - ROMA, 8 MAR - L'82% degli insegnanti è donna, ma "con sempre meno diritti: assunte over 40 lontano da casa, con scarse possibilità di tornare, stipendi mini e pensioni-miraggio". E' l'analisi della "scuola in rosa" fatta dall'associazione sindacale Anief in occasione dell'8 marzo. La scuola pubblica italiana parla al femminile. Quasi l'82% degli insegnanti sono donne: ben 610 mila su 751.563. E le circa 87mila nuove cattedre assegnate con il piano straordinario di assunzioni della Buona Scuola, suddiviso in quattro fasi, ha confermato questa tendenza, sempre più tipica della nostra penisola. Basta dire che in Spagna, complessivamente, le docenti si fermano al 63% e negli Stati Uniti al 74%. In Europa, solo un Paese, l'Ungheria, conta una presenza maggiore di insegnanti "rosa" (peraltro leggerissima, visto che tocca l'82,5%). A livello di scuola primaria, la maggioranza delle maestre italiane diventa pressoché totale: coprono oltre il 96% delle cattedre (mentre in Spagna il 75%, nel Regno Unito l'81%, in Francia l'82%), lasciando ai colleghi di sesso maschile appena 8.193 posti su 224.124. Nelle scuole dell'infanzia, le maestre raggiungono la ragguardevole percentuale del 99,3, mentre gli uomini sono appena 590 su oltre 93mila (quindi 1 ogni 153 maestre). E anche se alle superiori la presenza di insegnanti donna scende al 65%, c'è poco da preoccuparsi. Perché in Germania sono quasi 20 punti in meno: il 46,2%. Anche includendo tutti i lavoratori della scuola - ad iniziare dal personale Ata - il quadro non cambia: gli ultimi resoconti, riguardanti il 2014, indicano che "nella scuola risultano un totale di 1.038.606 dipendenti, di cui 821.144 donne e 217.462 uomini. Sono solo 17.078 i lavoratori che hanno conseguito un titolo post laurea e sono quasi esclusivamente donne". Se si allarga il quadro su scala nazionale, oltre al comparto scuola, il risultato non cambia: basta dire che le donne lavoratrici laureate in Italia sono 3,5 milioni, mentre gli uomini si fermano a quota 2,9 milioni. Eppure, poi, sul fronte lavorativo questi risultati si invertono. Secondo l'Anief, i motivi di tale fenomeno di prevalenza femminile dietro le cattedre italiane è dovuto a diversi fattori: dallo stipendio ridotto degli insegnanti italiani (i docenti spagnoli percepiscono fra i 32mila e i 45mila euro lordi l'anno; i tedeschi tra i 46mila e i 64mila; gli italiani si fermano tra i 24mila e i 38mila euro), con le donne che percepiscono pure un ulteriore 7% in meno, sino alla lunga attesa per essere immesse in ruolo (in prevalenza attorno ai 40 anni, con diversi casi anche dopo i 50 e in alcuni pure over 60). Anche le decisioni politiche degli ultimi anni, che sulla scuola hanno agito con il machete, hanno influito. Perché, con i 200mila tagli di posti negli ultimi anni, il loro reclutamento è diventato sempre più complicato: i precari sono stati tagliati del 25%, i prof di ruolo sono scesi del 6%. E i tempi di attesa per il ruolo si sono allungati. Secondo Marcello Pacifico (presidente Anief) nel "2015, migliaia di precarie sono state assunte fuori provincia. Sinora, tante hanno potuto beneficiare della supplenza annuale, valida come anno di prova, ma con il nuovo anno saranno costrette ad abbandonare genitori, coniugi e figli. E aderire al nomadismo professionale andando a finire nei mega-ambiti territoriali, passando da precarie a docenti transumanti. E malgrado svolgano un lavoro sempre più esposto a rischi di malattie professionali, dovranno lasciarlo alle soglie dei 70 anni, per percepire un assegno di quiescenza che già oggi per quasi la metà delle donne non arriva a mille euro al mese". (ANSA).