A proposito della questione stipendiale e delle possibili gabbie salariali che l’autonomia differenziata comporterebbe, con “200/300 euro di aumento in regioni dove il costo della vita é superiore di 1/3 rispetto alle altre regioni”, oggi il parlamentare grillino ha detto che regionalizzare i salari indebolirebbe “i lavoratori e i loro diritti proprio mentre Luigi Di Maio ha fatto misure che stanno riducendo il precariato e vuole rispondere ai bassi salari con il salario minimo. La considererei una misura contro gli italiani. Un piccolo vantaggio immediato per qualcuno diventerebbe un grande danno per tutti dopo pochi anni”. Di conseguenza, “la contrattazione nazionale deve restare”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, approvare la regionalizzazione significherebbe tornare indietro di cento anni. Senza più garanzie sul salario minimo e anche sull’orario e i carichi di lavoro, oltre che sulla libertà d’insegnamento. Perché ogni regione potrebbe imporre la sua linea localistica, sganciandola dall’unitarietà nazionale che è oggi garanzia di un’offerta formativa di qualità e senza intromissioni di parte.
Gli stipendi dei docenti italiani sono una prerogativa di carattere nazionale, inglobati in un contratto di categoria unico: non si possono regionalizzare, né ricondurre all’interno di discriminanti gabbie salariali, che andrebbero a danneggiare il personale meritevole sulla base della collocazione territoriale e non rispetto al lavoro profuso. Anief lo sostiene da sempre, ma il modello di regionalizzazione che vorrebbe la Lega, incentrato su un’autonomia differenziata, metterebbe tutto in discussione, minacciando le già ridotte buste paga di oltre un milione di docenti e Ata della scuola pubblica.
Il progetto di Legge, non presente nella sezione Scuola del Contratto di Governo in carica, ma che la Lega vorrebbe imporre al più presto in Consiglio dei Ministri e approvare celermente, senza modifiche, anche presso le due Camere, continua a destare molte perplessità in seno agli altri partiti. Anche della maggioranza. Tanto che diversi rappresentanti del Movimento 5 Stelle non perdono occasione per metterne in risalto i profili discriminanti e anche ad alto rischio di incostituzionalità.
IL NO DELL’ON. LUIGI GALLO
Tra i parlamentari pentastellati più critici, figura l’on. Luigi Gallo, presidente della Commissione Cultura della Camera, il quale oggi, in un’intervista ad Orizzonte Scuola, ha detto che “l’autonomia si può realizzare in tanti modi”, ma di sicuro “il M5S non permetterà un progetto che aumenti le disuguaglianze sociali e territoriali”. Perché, ha spiegato, “ogni territorio può avere la sua ricetta per far vincere tutti gli italiani ma questo non deve essere un ostacolo alla creazione di un fondo nazionale per garantire a tutte le regioni di raggiungere i livelli minimi essenziali per tutti per asili nido, mense scolastiche, trasporto per disabili ed altro”.
Gallo ha quindi insistito sul “bisogno di riconoscere la dignità della professione docente anche dal punto di vista salariale”, a livello nazionale. “Su questo – ha aggiunto -, c’è la piena disponibilità del M5S a trovare soluzioni e c’è stato un impegno importante del Presidente Conte per garantire un aumento stipendiale significativo che io vorrei che fosse di 3 cifre. Poi è anche vero che mi scrivono tanti insegnanti del Nord che invece – ha concluso - sono preoccupati dalla regionalizzazione e che ci chiedono di fermarla”.
ANIEF CONDIVIDE
Anief condivide le considerazioni dell’on. Luigi Gallo e ritiene significativo che anche nelle regioni del Nord c’è preoccupazione per l’approvazione dell’autonomia differenziata. “Lo abbiamo ribadito qualche giorno fa – ricorda il suo presidente nazionale. Marcello Pacifico - partecipando alla manifestazione "No alla regionalizzazione scolastica, per difendere la Scuola di Stato", assieme ad altri sindacati, associazioni e comitati di settore: già in quell’occasione abbiamo detto di essere pronti, qualora il disegno di legge dovesse avere il via libera del governo, a raccogliere le firme per un referendum abrogativo e ad andare dinanzi alla Corte costituzionale. Perché non c’è alcun bisogno della regionalizzazione, visto che abbiamo già la scuola dell'autonomia”.
“Dalla nostra parte – dice ancora il sindacalista autonomo – ci sono già le sentenze, n. 242/2011 della Consulta, che hanno bloccato le norme allora proposte dalla provincia autonoma di Trento. I problemi della scuola sono svariati, ma non c’è alcun bisogno di far transitare il personale dallo Stato alle Regioni: si provveda, piuttosto, ad assegnare organici differenziati e risorse aggiunte alle scuole site in province con meno servizi, con alti tassi di abbandoni e migratori. Le differenze si colmano sostenendo chi è in difficoltà, non affossandolo”, conclude Pacifico.
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