Mi preme rispondere al maestro e giornalista Alex Corlazzoli (https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/08/14/scuola-linsegnamento-della-religione-cattolica-sta-diventando-un-ufficio-di-collocamento-delle-diocesi/6289261/
in merito ad una serie di affermazioni che dipingono i docenti di religione cattolica e lo stesso insegnamento in maniera alquanto fuorviante.
Tali docenti sono impreparati?
La formazione universitaria quinquennale o più che quinquennale di cui sono forniti i docenti di religione cattolica (lauree magistrali in Scienze Religiose o eventuali Baccalaureati e Licenze in Teologia) non è da meno in quanto a curriculum alle lauree civili ma non è in alcun modo spendibile per l'accesso ad altre classi di concorso (e non esiste una classe di concorso per i docenti di religione).
Se in Italia un docente su tre lavora in regime di precariato, per la categoria dei docenti di religione la statistica parla di uno su due.
Ci sono colleghi che lavorano ben oltre 36 mesi anche da vent'anni con un contratto a tempo determinato e non si trova la volontà politica di risolvere il loro precariato.
Non inganni la notizia del DPCM del 20 luglio 2021 che mette a bando 5116 posti di IRC, perché, essendo i posti un terzo rispetto ad i candidati, sono a rischio le cattedre di docenti che lavorano in regime di precariato anche da oltre vent'anni, senza che le graduatorie del concorso 2004 siano andate a totale scorrimento (bloccate dal 2008 al settembre scorso), senza che sia stato bandito un concorso triennale, secondo quanto previsto dalla L 186 del 2003 da 17 anni e senza che siano stati previsti canali di stabilizzazione.
Perché per un precario di altre classi di concorso che ha "racimolato" tre anni di insegnamento il Ministero prevede un concorso straordinario, addirittura assunzione diretta dalle GPS di prima fascia, invece per un precario di 20 e più anni, di per sé già abilitato, presenta un arruolamento ordinario?
Io non nego le ragioni di chi sostiene che l'insegnamento in Italia potrebbe essere rivisto.
Posto che il tutto, come detto, è materia concordataria.
Lamentare oggi che lo Stato paga gli insegnanti di religione proposti dalla Chiesa cattolica significa ignorare la Storia: i Patti Lateranensi misero infatti fine alla "Questione romana" e alla frattura Stato/Chiesa, dato che, con la breccia di Porta Pia, lo Stato aveva messo fine unilateralmente al Regno della Chiesa, incamerandone i beni senza farsi problemi, rifacendosi alle ragioni del dover unire l'Italia; i "Patti Lateranensi" hanno trovato un accordo dopo decenni di contrapposizione.
La Costituzione del 1948 ha ritenuto poi di recepirli.
Al momento per un docente di ruolo di religione che abbia un'altra laurea non è possibile accedere ad altra classe di concorso, deve comunque fare nuovamente le prove concorsuali dedicate.
Se lo Stato dovesse arrivare a istituire un insegnamento di Storia delle Religioni sostitutivo all'attuale, cui accedere per prove concorsuali, siamo allo stesso punto.
Se viceversa dovesse stabilizzare i docenti e poi non riconoscere i loro titoli universitari pontifici congrui alla nuova classe di concorso, dovrebbe stipendiali senza utilizzarli come insegnanti ma collocandoli con altri incarichi all'interno dell'istituto.
Ormai preti e suore che insegnano sono ridotti al lumicino.
Per quel che riguarda la formazione, come detto, gli studi universitari che durano dai cinque ai sette anni, non sono da meno degli studi universitari statali; solo che se eravamo in Germania gli studi aprivano a sbocchi ulteriori, qui in Italia, ad esempio, le recenti proposte di riforma per insegnamento in altre classi di concorso riguarda la Laurea Magistrale in Scienze Storico Religiose statale, la LM64, non i titoli pontifici.
Quindi, per lo Stato, una sostituzione tout court dell'attuale insegnamento concordatario con un insegnamento di Storia delle Religioni senza una stabilizzazione di questi docenti, li metterebbe in mezzo ad una strada.
Altra affermazione erronea del Corlazzoli: in Italia l'insegnamento della religione è facoltativo, non obbligatorio.
In Europa le nazioni dove si insegna una sola religione, oltre l'Italia, sono Irlanda, Portogallo, Slovacchia, Croazia e Malta il cristianesimo cattolico, Grecia e Cipro quello ortodosso, Turchia l'Islam.
In sei nazioni si impartisce uno Studio laico di Storia delle Religioni.
Nelle restanti vengono insegnate più Religioni confessionali: cattolicesimo, cristianesimo ortodosso, cristianesimo evangelico-riformato o anglicanesimo, ebraismo e islam. Solo in Austria e in Russia a queste si aggiunge il Buddismo.
In tre nazioni non si insegna alcuna religione.
Ci sono Stati in cui i docenti vengono formati in università laiche e Stati in cui la loro formazione è curata dalle istituzioni religiose e riconosciuta dai Ministeri dell'Istruzione.
Ci sono Stati in cui l'insegnamento è obbligatorio (con possibilità di esonero) e stati dove è facoltativo (come in Italia).
Ci sono Stati dove prevale un modello integrazionista tra Religione e Stato (Anglicanesimo in Inghilterra, cristianesimo evangelico-luterano negli Stati Scandinavi, cristianesimo ortodosso in Grecia e Cipro, Islam in Turchia) e Stati in cui prevale un modello concordatario (nazioni a maggioranza Cattolica, Olanda e Romania).
L'Italia non è uno Stato confessionale, per cui l'IRC è facoltativa ma in ogni modo è necessario riconoscere che essa è un'ora di cultura e non di catechismo confessionale.
Riassumiamo.
Auspichiamo una riforma dell'ora di religione e una sua rivisitazione perché i docenti della stessa siano formati e riconosciuti dallo Stato?
Allora lo Stato, se ritiene di recepire queste richieste, si preoccupi di riconoscere come abilitanti i titoli pontifici di cui sono muniti gli attuali insegnanti e li confermi nell'insegnamento di questa rinnovata materia che, a questo punto, non sarebbe più "cattolica" ma una materia di "Storia delle Religioni".
Aprendo l'insegnamento della stessa anche a nuovi candidati.
Se poi vogliamo proporre dei corsi integrativi ben venga.
Ma mettere in mezzo ad una strada insegnanti che lavorano da decenni nelle scuole laiche italiane seguendo le leggi dello Stato italiano dopo che non sono stati stabilizzati da 17 anni a questa parte, questo sì, sarebbe sconsiderato.
Prof. Alessandro Manfridi
Referente ANIEF IRC