Sono pronti a mobilitarsi e a scendere in piazza i sindacati della scuola contro l'ipotesi - prevista dall'ordine del giorno approvato dal governo - di introdurre nuove 'gabbie salariali' per il personale della scuola, ovvero stipendi differenziati a seconda che si lavori al nord o al sud Italia. E i sindacalisti accostano questa ipotesi, all'autonomia differenziata. "Mi sembra ci sia nella testa del governo solo la divisione: si dividono il paese e i lavoratori, non c'è una idea di coesione. La contrattazione collettiva nazionale nasce anche per dare una risposta di unità al Paese ma dal governo arriva, con questo ordine del giorno e con l'autonomia differenziata, una operazione opposta", scandisce Gianna Fracassi, che guida la Flc Cgil e che precisa: "Se si andrà avanti su questa strada, siamo pronti ad una mobilitazione forte". Anche per il leader del giovane sindacato Anief, Marcello Pacifico, gli aumenti "andrebbero assicurati a tutti i lavoratori della scuola da parte di chi la governa. Pensare di risolverli con un'operazione di incremento indistinto a livello regionale, che sembra il proseguimento dell'autonomia differenziata, non ci può trovare d'accordo". Sulla stessa linea Ivana Barbacci, a capo della Cisl Scuola: "La questione della retribuzione degli insegnanti è un tema di carattere nazionale, che attiene al contratto collettivo nazionale e che deve avere un ruolo primario in termini di riconoscimento salariale". Piuttosto, i sindacati invitano il ministro dell'Istruzione, Giuseppe Valditara, a trovare le risorse per rinnovare il contratto della scuola: "stanno chiudendo la legge di bilancio, se si vuole dare risposta al forte aumento costo della vita mettano le risorse per il rinnovo del contratto, hanno l'occasione giusta per farlo". Eppure a vedere bene i margini per trovare una forma di accordo sulla questione ci sono. Il deputato Rossano Sasso della Lega, infatti, precisa sui social che "l'idea è di avere uno stipendio uguale per tutti ma con qualche elemento accessorio legato al costo della vita o al fatto che si tratti di lavoratori fuorisede. Nessuno - chiarisce Sasso - vuole differenziare o discriminare stipendi e insegnanti, qualcuno sta semplicemente pensando come aiutare i tantissimi insegnanti fuorisede che vedono la propria retribuzione perdere potere d'acquisto". Una logica che non è lontana da quella delle sigle sindacali. Ivana Barbacci (Cisl), vede infatti la possibilità "non di intervenire sugli stipendi, differenziandoli, ma di pensare piuttosto ad un sistema di contrattazione di secondo livello, che possa attingere a risorse locali per riconoscere benefit e welfare a tutto il personale che lavora fuori dalla propria sede, sia del nord che del sud". Ed anche per Anief, "quello che si può fare è introdurre delle indennità dovute alle trasferte, alle difficoltà del territorio, al grado di dispersione, alla presenza di alunni stranieri e con limiti di apprendimento". (ANSA).