Marcello Pacifico (segretario organizzativo Confedir e presidente Anief): la sentenza della Corte di Giustizia UE della prossima settimana potrebbe finalmente rappresentare la svolta. I precari vanno poi candidati tra le Rsu. E prima di introdurre il merito del personale, su cui ci potremmo anche mettere a discutere, va assolutamente cancellato il divario rispetto al costo della vita, mettendo sul piatto economie vere.
Assumere i precari con oltre 36 mesi di servizio svolto, permettere anche al personale non di ruolo di candidarsi in occasione del rinnovo delle Rsu, adeguare lo stipendio di tutti i pubblici dipendenti almeno al livello dell’inflazione: a chiederlo è stato oggi Marcello Pacifico, segretario organizzativo Confedir e presidente Anief, durante l’incontro tenuto dalla Confederazione con Angelo Rughetti, sottosegretario alla Funzione Pubblica.
Nell’affrontare le criticità del Pubblico Impiego e della dirigenza, la Confedir ha chiesto al sottosegretario di ripartire dal protocollo d'intesa del maggio 2012 e di attivare gli specifici tavoli sui temi significativi della dirigenza pubblica e del precariato. Da parte del sottosegretario sono state espresse parole di disponibilità per le proposte presentate.
“A Rughetti – ha detto al termine dell’incontro Pacifico – abbiamo ricordato che tra una settimana la Corte di Giustizia europea potrebbe finalmente sanare la piaga tutta italiana dell’abuso del precariato, chiedendo al nostro Stato di dare finalmente applicazione al comma 5 delladirettiva UE 1999/70. Una eventuale condanna, a seguito del maxi-ricorso avviato prima di tutti dall’Anief nel 2010, verrebbe esteso a tutti i dipendenti della scuola, docenti e Ata, ma anche a quelli di tutti i comparti della pubblica amministrazione. Comportando una ricaduta storica ai fini della stabilizzazione di centinaia di migliaia di precari della PA”.
“Abbiamo poi chiesto – continua il sindacalista Confedir-Anief – di permettere di inserire anche i precari tra i candidati al rinnovo delle Rsu, nel rispetto delle direttive UE 70/99 e 14/02, dell’art. 27 della CEDU; come del resto ribadito dalla recente sentenza della Corte Europea “Association dé mediation sociale”. In modo da garantire la parità di diritti tra personale precario e di ruolo”.
Durante l’incontro si è parlato anche del blocco degli stipendi dei pubblici dipendenti, confermato per tutto almeno tutto il 2015 e che potrebbe essere esteso, vista l’assenza di vacanza contrattuale fino a tutto il 2018, per un ulteriore triennio. “Non è possibile continuare a tenere gli stipendi degli statali 3-4 punti sotto l’inflazione. Esemplare è quanto accade nella scuola: un insegnante della scuola media neo-assunto, a fronte di una retribuzione europea media lorda che sfiora i 27mila euro, in Italia si deve accontentare di 24mila euro, sempre lordi. E fine carriera il gap si triplica, visto che i nostri docenti si pensionano con circa 36mila euro, contro i 45mila dei colleghi Ue. E alle superiori la differenza è ancora più alta”.
“Considerando il blocco dei prossimi anni, la differenza non potrà che acuirsi. Ma così non si può andare avanti: prima di introdurre il merito del personale, su cui ci potremmo anche mettere a discutere, va assolutamente cancellato il divario rispetto al costo della vita, mettendo sul piatto economie vere attraverso la legge di stabilità di fine anno: se l’inflazione corre di più degli stipendi – ha concluso Pacifico – è inutile parlare di tutto il resto”.