Non assumere 60mila docenti abilitati e 40mila Ata esporrebbe lo Stato a risarcimenti miliardari, molto superiori ai costi della loro stabilizzazione negata. Sbaglia il sottosegretario Gabriele Toccafondi a dire, come ha fatto oggi rispondendo ad un’interpellanza parlamentare, che la questione si ritiene chiusa con il programma “di assunzioni a tempo indeterminato di circa 148mila docenti delle scuole di ogni ordine e grado da attuarsi nell'a.s. 2015/16, con conseguente chiusura definitiva delle graduatorie ad esaurimento”.
Marcello Pacifico (presidente Anief): chi governa continua a ragionare come se la storica sentenza del 26 novembre a Lussemburgo non fosse mai esistita, trattando il fenomeno del precariato per comparti. Il punto è che è finito il tempo di far operare i lavoratori nello Stato per lunghi periodi, a tempo determinato e su posti vacanti e disponibili senza alcuna ragione sostitutiva.
La storica sentenza del 26 novembre della Corte di Giustizia europea ha messo in chiaro, una volta per tutte, che la stagione delle discriminazioni verso i precari è giunta al capolinea: invece i rappresentanti del Governo continuano ad esternare come se non fosse accaduto nulla. Come il sottosegretario Gabriele Toccafondi che, rispondendo oggi ad un'interpellanza urgente dell’on. Silvia Chimienti (M5S) sulle modalità che l’Esecutivo intende adottare per dare seguito al parere espresso dalla Corte di Lussemburgo sulla reiterazione dei contratti, si è limitato a dire che la questione si ritiene chiusa con il programma “di assunzioni a tempo indeterminato di circa 148mila docenti delle scuole di ogni ordine e grado da attuarsi nell'a.s. 2015/16, con conseguente chiusura definitiva delle graduatorie ad esaurimento”, come previsto dalla ‘Buona Scuola’ e dalla Legge di Stabilità 2015.
Il sottosegretario, inoltre, ha spiegato che “i posti che si renderanno vacanti e disponibili per effetto del turn over a decorreredall'anno 2016saranno coperti con docenti assunti a tempo indeterminato grazie allaregolare indizione di appositi concorsi. Tutto ciò, renderà stabile e sistematica la procedura di reclutamento dei docenti. È evidente – ha concluso Toccafondi - che l'attuazione del piano consentirà di eliminare il ricorso reiterato a contratti a tempo determinato ed utilizzare le supplenze solo per esigenze contingenti ed imprevedibili”.
Ancora una volta, il Governo non spende una parola per tutti gli abilitati all’insegnamento non inclusi nelle GaE. E nemmeno sui tanti precari appartenenti al personale Ata che da un lungo periodo, superiore ai tre anni servizio svolto, indicati dalla Curia europea, operano per l’amministrazione scolastica in stato di precarietà. Si continua, in sostanza, a considerare per buona la Legge 106/2011, che autorizza alla reiterazione dei contratti a termine, mentre la suprema Corte UE ha nel frattempo spiegato, a chiare lettere, che qualsiasi norma di questo stampo risulta in palese contrasto con la direttiva europea 1999/70/CE.
“Si continua a trattare il fenomeno del precariato – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – per sottocomparti. Eppure, i giudici della Corte di Giustizia europea non hanno indicato come elemento imprescindibile, per essere assunti, quello della collocazione dei precari in particolari o determinate graduatorie. Per essere immessi in ruolo occorre il titolo di studio richiesto e i 36 mesi di servizio, anche non consecutivi, su posto previsto in organico di diritto, quindi con scadenza collocata almeno sino al termine dell’anno scolastico. Più l’abilitazione all’insegnamento, ovviamente quando si parla di personale docente”.
“Ora, siccome ci sono almeno 100mila precari della scuola in questo stato, 60mila insegnanti e 40mila Ata, è evidente che non volerli assumere significa automaticamente esporsi ad una nuova stagione di ricorsi. Ma proprio alla luce della sentenza europea della scorsa settimana, continuare a tenere la testa nella sabbia, come sembra voler far il Governo italiano, può essere davvero rischioso: stavolta lo Stato italiano rischia di pagare risarcimenti salatissimi, anche di 6 miliardi di euro”, dice ancora Pacifico.
Per evitare l’avvio di decine di migliaia di impugnazioni in tribunale, il Governo farebbe quindi bene a cambiare registro. Prendendo atto del fatto che lo scenario politico e giuridico è mutato. Ecco perché l’Anief ha chiesto al Parlamento, prima alla Camera e ora al Senato, sempre con richieste di atti emendativi alla Legge di Stabilità 2015, di prevedere un allargamento di 100mila unità al piano di assunzioni e di includervi il personale non docente.
Il giovane sindacato chiede, pertanto, di incrementare il cosiddetto organico funzionale per un totale quindi di 210mila immissioni in ruolo di personale docente. Per il personale docente, la proposta Anief è quella di consentire l’inserimento in quarta fascia aggiuntiva, considerato tra l’altro che in alcune province e per alcune classi di concorso le Graduatorie ad esaurimento sono ormai vuote. Come si fa, visto che vi sono i posti vacanti e il personale abilitato a cui affidarli, a continuare a traccheggiare in attesa di nuovi concorsi da bandire nel 2016 e concludere, se va bene, l’anno successivo? Lo stesso discorso vale per gli amministrativi, tecnici e ausiliari della scuola, che, come i docenti, svolgono un ruolo fondamentale ed a sostegno della scuola pubblica: hanno tutti i requisiti, ma vengono lasciati ancora una volta al palo.
Anief ribadisce che la sentenza del 26 novembreriguarda tutto il pubblico impiego, ma solo per la scuola italiana coinvolge oltre 250mila precari, tra personale docente e Ata. Perchénegli ultimi tredici annile immissioni in ruolo sono state appena 250mila, a fronte di un milione e mezzo di supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche su posti liberi e appena 300mila pensionamenti. I supplenti di lungo corso, con almeno quattro supplenze annuali o al 30 giugno, vanno assunti: “è finita l’epoca di farli operare nello Stato per lunghi periodi a tempo determinato su posti vacanti e disponibili e senza alcuna ragione sostitutiva. Chi ci governa – conclude Pacifico – se ne faccia una ragione”.
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