Prolungamento del blocco degli scatti stipendiali e dell’indennità di vacanza contrattuale, penalizzazioni per i dipendenti che assistono i disabili, aumento delle ore d’insegnamento settimanale dei docenti. Secondo l’Anief, se la Legge di stabilità dovesse realmente contenere queste novità peggiorative, non vi sono dubbi: il rischio fondato è quello di ritrovarsi una scuola italiana sempre più in ginocchio.
L’Anief però non starà a guardare. Sull’ennesimo blocco degli stipendi, il nostro sindacato l’ha detto già da un anno: l’unica strada è ricorrere al tribunale. A poco possono servire, invece, iniziative di piazza, scioperi, accordi con l’Aran e revisioni dei contratti d’istituto. Come deciso da altre organizzazioni. La realtà è che non c’è più tempo da perdere, perché la situazione economica che si sta venendo a determinare è davvero grave: non ci dimentichiamo che con gli stipendi dei docenti fermi al 2000, il Governo ha anche deciso di aumentare l’Iva, peraltro per la seconda volta in pochi anni.
“Questo doppio provvedimento - sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir – penalizzerà tutti i dipendenti pubblici, in particolare gli insegnanti. I quali, a parità di lavoro, risultano già i meno pagati tra i 37 paesi economicamente più sviluppati. Per questo, contro il blocco stipendiale non resta che fare ricorso”.
Sarà, inoltre, altrettanto forte l’opposizione dell’Anief alle ipotesi di ridurre del 50% le giornate di assistenza ai disabili non di primo grado e di aumentare a costo zero il carico di ore settimanale degli insegnanti. “L’incremento delle ore frontali – continua Pacifico – non farebbe altro che creare nuovo precariato. Inoltre, saremmo di fronte ad una palese lesione di un diritto costituzionale, quale è a la garanzia dell’adeguata retribuzione per il lavoro svolto. E questo, è bene ricordarlo, a cospetto di un sempre maggiore carico fiscale e del costo della vita”.
Per l’Anief si tratta di ipotesi improponibili. “Il Governo deve quindi decidere: riscoprire la sua vocazione pubblica, affrancandosi una volta per tutte dai poteri dei datori di lavoro privati; oppure tartassare i suoi cittadini lavoratori, vessandoli attraverso decreti d’urgenza che violano palesamente le regole costituzionali del diritto al lavoro e su cui è fondata – conclude Pacifico - la nostra Repubblica”.