Ma la scuola ha bisogno di altre risposte: sblocco del contratto, fondi per l’edilizia, stabilizzazione dei precari, innovazione didattica e ricerca sono le priorità su cui investire come in Francia, Germania e Stati Uniti. Anief chiede di ridurre i costi della politica.
Non basta ritornare alle 18 ore come quando ci si sveglia da un brutto sogno ma ci si accorge che la realtà è ancora più tragica. Per una settimana, infatti, il legislatore si è interrogato su come reperire i milioni di euro richiesti alla scuola senza prendere coscienza che bastava semplicemente cancellare auto blu, accesso gratuito a mezzi di trasporto, cinema e teatro per alcuni privilegiati, in un momento in cui essere cittadino italiano, in una repubblica fondata sul lavoro, è diventato un privilegio per pochi:
- l’accesso al lavoro per le nuove generazioni è rimandato per il blocco del turn-over, la razionalizzazione, l’aumento dell’età pensionabile;
- la precarietà del rapporto di lavoro è assunta come modello principale nella firma dei contratti al fine di comprimere il diritto alle ferie, a un’equa retribuzione, a permessi;
- il blocco delle carriere e degli stipendi riporta il potere d’acquisto a vent’anni fa, rispetto all’aumento del costo della vita con mortificazione di motivazione, professionalità, dignità;
- il patrimonio pubblico inteso come servizi e beni è in svendita, laddove non utilizzato in strutture fatiscenti e insicure, non rispondenti all’interesse del territorio.
L’unica nota positiva è il risveglio tardivo del sindacato, dovuto ai rumorosi malumori della base, disposto a riesumare la vecchia arma dello sciopero generale (mai in questi anni abbandonata dall’Anief), eppure ancora schiavo di tatticismi e narcisismi, con due scioperi proclamati a distanza di dieci giorni (14 e 24 novembre) ma da organizzazioni diverse, in un momento in cui anche le due più grandi confederazioni (CGIL, CISL) si sono rese conto della necessità del ricorso, quando sono private del potere contrattuale (seguendo l’Anief che di questa necessità ha fatto virtù, in mancanza di rappresentatività).
Nel frattempo, gli altri Paesi d’Europa economicamente più avanzati investono in ricerca, innovazione didattica, personale, stipendi proprio nel settore della conoscenza, sordi ai richiami di quegli ignoranti detrattori del sapere che hanno incrementato i loro redditi grazie anche alle speculazioni dei mercati.
Qualunque partito o movimento che intenda essere protagonista nella prossima XVII legislatura deve dare una risposta urgente alle altre domande che provengono dal mondo della scuola e dell’università o è meglio che non si presenti alle future elezioni perché gli italiani, con le proteste di questi giorni, hanno dimostrato di non voler cambiare Paese e di voler vivere ancora in uno stato di diritto.