° Concludiamo la presentazione-commento a “La buona scuola” (Scheda decimoterza)
Per esprimere un’opinione serena e ragionevole sul VI capitolo occorre, per un verso sfrondarlo degli artifici retorici con i quali vuole rassicurare, e dei voli pindarici (in stile Super-Renzi), per l’altro verso liberare la mente da pregiudizi anacronistici stratificatisi nel mondo della scuola.
I finanziamenti privati alla scuola suscitano, da sempre, perplessità in molti ambienti. Le associazioni studentesche li demonizzano (“Si vuole allineare la didattica agli interessi di un mercato del lavoro sempre più desideroso di precari senza diritti e senza competenze critiche”.). Anche il CNPI ha espresso (novembre 2012) un preoccupato parere: “Le relazioni con l’esterno, attivate dalle istituzioni scolastiche, presentano situazioni diverse che, pur discendendo dal quadro normativo definito dal Regolamento di autonomia, interpretano una visione orizzontale del sistema, foriera di possibili derive autoreferenziali o di esasperazione competitiva tra le istituzioni scolastiche”. Luciano Muhlbauer ha segnalato (http://milanoinmovimento.com/news-stream/dallarete, 05.09. 14) che la proposta avanzata nel Documento “Renzi” riprende alcuni punti dell’originario disegno di legge n.953/2008, c.d. “Aprea” (“Norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti”). L’art.2: “Trasformazione delle istituzioni scolastiche in fondazioni. 1. Ogni istituzione scolastica può, nel rispetto dei requisiti, delle modalità e dei criteri fissati con regolamento adottato ai sensi … su proposta del Ministro della pubblica istruzione, costituirsi in fondazione, con la possibilità di avere partner che ne sostengano l'attività, che partecipino ai suoi organi di governo e che contribuiscano a raggiungere gli obiettivi strategici indicati nel piano dell'offerta formativa e a innalzare gli standard di competenza dei singoli studenti e di qualità complessiva dell'istituzione scolastica. 2. I partner previsti dal comma 1 possono essere enti pubblici e privati, altre fondazioni, associazioni di genitori o di cittadini, organizzazioni non profit. Le istituzioni scolastiche che sono trasformate in fondazioni devono prevedere nel loro statuto l'obbligo di rendere conto alle amministrazioni pubbliche competenti delle scelte effettuate a livello organizzativo e didattico e svolgere una costante azione di informazione e di orientamento per genitori e studenti. 3. Le istituzioni scolastiche trasformate in fondazioni definiscono gli obiettivi prioritari di intervento, prevedono le necessarie risorse economiche e individuano, mediante appositi regolamenti interni, le funzioni e gli strumenti di indirizzo, di coordinamento e di trasparenza dell'azione didattica e finanziaria”. Se vogliamo dirla tutta, occorre segnalare che è stato l’ex ministro Berlinguer a conferire, alle scuole, margini di autonomia finanziaria. Infatti, il D.P.R. 275/1999 prevede, all’art.7, che le scuole: - possano promuovere accordi di rete o entrarvi: per realizzare attività didattiche, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, formazione e aggiornamento, per amministrazione e contabilità, per acquisto di beni e servizi, e per altre attività coerenti con le finalità istituzionali;- possano stipulare convenzioni con università e con istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio (numerosissime sono state, negli ultimi 15 anni, le convenzioni con le università per i tirocini diretti” delle SSIS e dei TFA); - possano promuovere e partecipare ad accordi e convenzioni per il coordinamento di attività di comune interesse che coinvolgono più scuole, enti, associazioni del volontariato e del privato sociale;- possano costituire o aderire a consorzi pubblici e privati per scopi istituzionali e per l'acquisizione di servizi e beni utili ai compiti di carattere formativo). Chiarito ciò, facciamo notare che tre lustri sono trascorsi dall’emanazione del decreto 275/1999, e pur con queste premesse, pochissime sono state (a parte, ovviamente, le imprese private che gestiscono scuole paritarie) le Aziende che abbiano investito capitali nella Scuola. Più che una invasione di capitani d’industria, constatiamo la mancanza di interesse; né ci risulta che in passato le imprese abbiano scelto di finanziare le scuole per ottenere che modificassero l’offerta formativa (per gli imprenditori è più economico formare le maestranze attraverso l’apprendistato e altri percorsi formativi incentivati dallo Stato, piuttosto che raccordarsi con le scuole, per stage o per utilizzare, nei margini di tempo consentiti, gli impianti per la formazione dei propri dipendenti). Questo mancato interesse degli imprenditori ha contribuito a produrre il disallineamento tra Scuola e mondo del lavoro, dal quale deriva che, per talune qualifiche, le imprese abbiano difficoltà a reperire lavoratori con le competenze che richiedono. L’ANIEF, così, non erige steccati ideologici. La nostra principale perplessità, a fronte dei contenuti del VI capitolo, nasce dal constatare una contraddizione di fondo: Renzi vuole potenziare l’offerta formativa e valorizzare il mondo della Scuola (perché si dice convinto che possa essere il volano della rinascita economica del Paese) ma i soldi nella Scuola non li mette. Non li ha? La ragione per la quale pone con urgenza il tema dei finanziamenti dei privati alle scuole, aggiuntivi a quelli dello Stato, e enunciata nel Documento: “Un disegno ambizioso come quello che abbiamo descritto non è a costo zero”. Se ne desume che, dopo avere stanziato i miliardi necessari ad assumere i precari (come UE dispone), il Governo non destina altro alla Scuola, e che, per migliorare gli standard del servizio, la scuola va finanziata con fondi UE e dai privati. Dovrebbero essere i privati, per esempio, a sopperire alle funzioni in passato espletate dal MOF e da risorse di cui alla L. 440 che, allo stato delle cose, sono 2 morti ammazzati. Gli estensori del documento ne parlano come fossero in cerca dell’assassino; parlano dei 2 cadaveri con finta nonchalance, come pesci in barile: “Il primo è un fondo utilizzato per retribuire il personale della scuola su attività aggiuntive e in favore degli alunni. Nel tempo è stato però spesso utilizzato per pagare altro, ossia l’adeguamento degli scatti e degli arretrati stipendiali dei docenti. Basti pensare che se nel 2010 le risorse destinate al MOF erano di quasi un miliardo e mezzo di euro, quelle rimaste utilizzabili per le attività in favore degli alunni sono diventate quest’anno meno di mezzo miliardo. Uno scopo certamente importante, ma che non può diventare la ragione per ridurre la qualità e la varietà dell’offerta formativa a favore degli studenti. Se non interveniamo, il MOF avrà da oggi in poi – “a regime” come si dice in gergo ministeriale – solamente 689 milioni di euro. Stessa sorte è toccata alle risorse della Legge 440. Sono passate dai 93 milioni del 2012, ai 78 nel 2013, ai circa 20 milioni attuali. Anche qui, perché quest’anno in particolare 39 milioni sono stati usati per recuperare le posizioni economiche del personale ATA e altri 20 milioni sono serviti negli ultimi mesi per affrontare il problema di circa 11 mila esuberi di addetti alle pulizie delle scuole (ex LSU). Altro intento nobile, per ragioni principalmente occupazionali, ma che di fatto tolgono risorse destinate agli alunni”. Il tono esplicativo (“a regime, come si dice in gergo ministeriale”; signori estensori, “a regime” lo dicono cani e gatti), vorrebbe riuscire convincente, per l’opinione pubblica (il documento è indirizzato, oltre che al mondo della Scuola, a tutti i cittadini), del fatto che chi ha sbagliato non decide più niente (tutti “rottamati”). Preoccupa però questa frase: “Innanzitutto, un reintegro parziale del MOF potrà essere destinato a quegli istituti che sviluppano pratiche di potenziamento dell’offerta formativa di particolare impatto (di formazione, di autoproduzione di contenuti didattici, di progettualità) … In questo modo il Ministero avrà finalmente a disposizione gli strumenti per “incubare” le migliori soluzioni sviluppate dalla scuola: non possiamo infatti permetterci di mantenere il criterio dimensionale (quantità di studenti e organico) come unico indicatore per quantificare e allocare le risorse destinate alle scuole”. La interpretiamo così: Questo governo giovane non farà gli errori dei predecessori e i fondi per il MOF li darà soltanto a chi merita. Per le scuole di periferia, di campagna, di montagna, di frontiera immigrazione: “Stuiativi u mussu e ghitivi a alluppiare”. Quanto a “incubare” (che finezza !), vedremo che cosa nascerà nelle scuole “difficili” incubate. Nell’attuale situazione politica, a noi sembra non esistano le prospettive che, in una dichiarazione (fine 2012), il presidente Pacifico auspicava: "Anziché programmare il sostegno economico da parte di Fondazioni, spesso tutt'altro che avulse da interessi, il Parlamento farebbe bene a creare le basi per far reperire fondi adeguati alla crescita dei nostri giovani. Bisogna tornare a considerare l'istruzione un investimento indispensabile aumentando i finanziamenti per l'istruzione di almeno un punto percentuale di PIL". Ci chiediamo se non sia strumentalmente più efficace, nella fase politico-economica che l’Italia attraversa, piuttosto che chiudere aprioristicamente all’ingresso dei capitali privati, avanzare precise proposte circa i paletti e le condizioni di fattibilità: a cominciare dal fatto che il guadagno massimo consentito a favore dei privati debba comunque segnare un risparmio per lo Stato, e circa i criteri con i quali calcolare i risultati dell’intervento sponsorizzato. Nell’ambito di queste proposte, si potrebbe, ad esempio, consigliare che, nel Paese delle truffe MOSE e per l’allestimento di EXPO, interventi dei privati secondo la modalità Social Impact Bonds, vadano autorizzati con cautela. Ciò perché l’investitore privato rientra della spesa sostenuta (lo Stato la rifonde) quando sia stato dimostrato che l’intervento sociale ha avuto buon esito; come dire: un intervento che non presenta difficoltà a concludersi con successo, o verso il quale è certo che i valutatori saranno benevoli, rappresenta un investimento, ma non per lo Stato. Le altre modalità di finanziamento non ci sembrano essere opere di Satana. Concludiamo segnalando che il documento tace su questioni rilevanti, tra le quali: - l’innalzamento dell’obbligo scolastico; - il diritto allo studio; - l’indennità da corrispondere ai docenti immessi nell’organico funzionale con obbligo di servizio in più sedi distanti; e che glissa sul ritardo con cui si procede al riordino delle classi di concorso (senza il quale, gli organici sono anacronistici e producono caos e iniquità).
Leonardo MAIORCA