° Per la produttività dell’investimento in istruzione, è utile la valutazione selettiva ?
La notizia è che in Austria, con l’anno scolastico 2012, gli studenti che riporteranno insufficienze in alcune discipline non dovranno ripetere l’intero stesso programma, e seguiranno lezioni finalizzate a ripianare le carenze. Lo stesso avviene in altre nazioni. In Italia decine di migliaia di studenti, ogni anno, abbandonano la scuola dopo essere stati bocciati; occorre porre il tema del costo sociale della dispersione scolastica.
Per alcuni decenni, dagli anni Settanta, l’aggiornamento in servizio e la formazione iniziale degli insegnanti in tema di sociologia dell’educazione ha fatto riferimento, per lo più, al concetto di “investimento sociale produttivo in capitale umano”, e al concetto, correlato, di “investimento educativo e formativo in capitale umano”. In atto, quelle teorie sono passate di moda, perché l’attuale ministro (i consiglieri…. ?) ha emanato disposizioni normative tese a un maggiore rigore nella valutazioni scolastiche secondo la parola d’ordine “meritocrazia”, come ad imputare i modesti risultati degli studenti italiani alla scarsa severità dei professori. E però, c’è una contraddizione politica: il ministro Sacconi, in riferimento alla dispersione scolastica (e, pure, portando numeri che sottovalutano il fenomeno) ha evocato l’immagine del “disastro”.
Ci sono in Europa sistemi scolastici che, per la loro qualità, non hanno bisogno di bocciare. Nell’ordinamento scolastico di Danimarca, Norvegia, Svezia, Islanda, il ciclo scolastico primario e quello secondario sono unificati nei nove anni della scuola gratuita eobbligatoria, e quindi, per anni, non si procede a bocciature; la prima valutazione selettiva si effettua al penultimo anno della scuola dell’obbligo. In sostanza, in questi sistemi scolastici, il modello dei “cicli scolastici” sostituisce quello delle classi a promozione annuale, rispettando i ritmi individuali d’apprendimento. Infatti, non richiede che, al termine di ogni anno, gli allievi conseguano tutti uno stesso livello di maturazione, e si consente, agli allievi che stentano, di proseguire fino al termine del ciclo. Alcuni alunni per un certo periodo stentano ad apprendere, e poi recuperano per le mutate condizioni psicofisiche, un po’ come avviene, in pubertà, per la crescita corporea. I Consigli di classe consentono all’alunno in difficoltà di proseguire fino al termine del ciclo, e gli interdicono il passaggio alla classe successiva solo nel caso in cui ravvisino che il suo trend di sviluppo cognitivo e di apprendimento non gli consentirà di recuperare conseguendo, nel tempo assegnato al ciclo, determinati obiettivi essenziali (potremmo dire, gli OSA). La tanto conclamata “Strategia di Lisbona” è orientata a non lasciare nessuno indietro (ed anche la politica scolastica dell’attuale amministrazione USA), per non disperdere il capitale umano.
Quanto all’Italia, facendo riferimento all’art.3 cost., si desume che la legge fa carico alle istituzioni scolastiche di attivare strategie idonee a rimuovere gli ostacoli all’apprendimento degli studenti. Ed effettivamente ci sono leggi ordinarie (ad es., l’art.2 D.P.R. 24 giugno 1998 n.249, il cd. Statuto degli studenti) che recepiscono il principio per cui è lo Stato a provvedere.
A parte il modello dei cicli della scuola primaria, in quella secondaria, la Legge 30/2000 (Luigi Berlinguer) ha introdotto i periodi didattici, denominandoli “cicli biennali”, e lo stesso è avvenuto con la Legge 53/2003 (Letizia Moratti) che ha istituito due “periodi didattici biennali” nella Secondaria di secondo grado. La scansione in “periodi biennali” avrebbe dovuto comportare una nuova prassi nella valutazione scolastica ma il succedersi dei ministri (e delle abrogazioni di quanto fatto dai predecessori) ha “distratto”, diciamo così, i Collegi docenti, dall’applicazione di criteri docimologici consentanei al nuovo, e i consigli di classe hanno spesso “bocciato” dinanzi a situazioni di grave insufficienza in una disciplina, o di insufficienza in due. E dire che i decreti applicativi della Riforma Moratti erano espliciti, in materia. Con riferimento al primo ciclo, il D.lgs n.59/2004, Capo III art.8, disponeva che: i docenti responsabili delle attività educative e didattiche esprimessero, per ciascun allievo, al termine di ogni periodo didattico, una valutazione positiva o negativa circa l’accesso al periodo successivo. Solo in casi eccezionali, comprovati da specifica motivazione, essi, all’unanimità, avrebbero potuto decidere di non ammettere l’alunno alla classe seconda di un periodo biennale. Lo stesso va detto con riferimento ai “periodi didattici biennali” nella Scuola secondaria; il d.lgs 17 ottobre 2005 n.226 stabiliva che il passaggio dello studente dalla prima alla seconda classe di ogni biennio non fosse precluso dalla presenza di carenze nel profitto. Ai fini del passaggio al periodo successivo, lo studente sarebbe stato promosso o respinto, ogni due anni; si disponeva che fosse ripetuto il secondo anno del biennio didattico, quando l’allievo avesse mantenuto debiti formativi in due o più discipline, o nel Comportamento.