Test INVALSI. Perché alla Ministro piacciono tanto e non piacciono affatto agli insegnanti
Le scuole boicottano i test INVALSI e la Giannini stenta a mantenere l’aplomb.
° Test INVALSI. Perché alla Ministro piacciono tanto e non piacciono affatto agli insegnanti
Le scuole boicottano i test INVALSI e la Giannini stenta a mantenere l’aplomb temendo che venga in parte compromessa una costruzione che lentamente e faticosamente è stata stratificata negli anni con l’intento, inizialmente, di raccogliere dati da utilizzare per comparazioni interne e internazionali sulla Scuola. La Giannini si rammarica e punta il dito sui docenti, colpevoli di un simile spreco. Ragioniamo: la ministro ha mai fatto qualcosa per evitare le ingerenze nella valutazione scolastica e per mettere rimedio ai difetti dei test INVALSI quali sono stati segnalati da eminenti studiosi ? Esopo: Superior stabat la Giannini (e stabant, prima ancora, la Carrozza, il subridens Profumo, e la tetragona Gelmini). Tutti costoro possono dir di aver fatto qualcosa per evitare questo boicottaggio? Uno studente su quattro non si è presentato al test, e qualche pasdaran ha minacciato ritorsioni sul voto di condotta e ha annunciato che somministrerà prove a sorpresa prima della fine dell’anno. Riportiamo: “Epicentro della protesta è stata Roma, dove alla protesta hanno aderito tantissime scuole, con picchi di totale paralisi in istituti come il Malpighi o il Volta...” (Il Messaggero, 13 maggio 2015). Deve finire così una utile rilevazione statistica, per l’ottusità dei decisori politici ? La colpa è a valle ? Ad rivum eundem lupus et agnus venerant siti compulsi; superior stabat lupus longeque inferior agnus. Tunc fauce improba latro incitatus iurgi causam intulit. «Cur» — inquit — «turbulentam fecisti mihi aquam bibenti?». Laniger contra timens: «Qui possum, quaeso, facere, quod quereris, lupe? A te decurrit ad meos haustus liquor»…..Haec propter illos scripta est homines fabula, qui fictis causis innocentes opprimunt ». Con supponenza («Tanto io sono io» – disse il Marchese del Grillo, «e voi non contate…»), gli esimi decisori politici, per lo più privi di esperienza di insegnamento nelle scuole, nulla hanno fatto per prevenire questa reazione della base (che danneggia il trend della rilevazione statistica), e hanno volutamente ignorato le spiegazioni di qualificati docimologi (l’apprezzamento per i test lo leggono nelle dichiarazioni degli economisti !). E’ di questi giorni l’ennesima bacchettata all’INVALSI (questa da Giorgio Israel ma potremmo segnalarne di molti altri): «Sono anni – non mesi – che vengono avanzate critiche argomentate e costruttive nei confronti dell’Invalsi: autoreferenzialità dell’ente sottratto a ogni valutazione e composto sempre dalle stesse persone, discutibilità dei metodi statistici e dei test proposti, eccesso di intervento con la prova per la secondaria di primo grado che fa media, sconsiderata incentivazione del deleterio “teaching to the test”, ecc. Come è possibile costruire test di validità universalmente condivisa, oggettivi, su simili basi? Una buona valutazione non può andar oltre un processo di confronto tra vedute diverse che miri al massimo possibile di condivisione e di equanimità nei giudizi; il che non è affatto la stessa cosa dell’oggettività… come se l’Invalsi potesse essere l’equivalente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, di che stupirsi? Questo è il pantano in cui stiamo affondando”. Perfino (paradossale per quanto sia !) la prima responsabile dell’INVALSI, la prof.ssa Ajello, all’atto dell’insediamento nella carica, ha dichiarato perplessità circa i test INVALSI, in quando risultano, a volte, indecifrabili, confusi, contraddittori: “Ho provato a leggere le domande del test di seconda elementare, in alcuni casi ho dovuto leggerle due volte prima di capire la domanda. Non è ammissibile… Non si possono effettuare le prove sulla base di tranelli o furbizie. Non vanno rese più difficili i test ricorrendo a queste complicazioni…”. Seconda elementare ! Indecifrabili ! Pazzesco; noi poniamo, però, una questione ben più grave rispetto a questa della formulazione dei quesiti: proporre test di apprendimento formulati a distanza di tempo (un anno almeno) e su obiettivi eventualmente estranei a quelli cui gli alunni sono stati formati in attuazione della programmazione educativa e didattica, è un’eresia docimologica perché non attiene a ciò che andrebbe verificato. Inoltre, se si toglie ai consigli di classe la prerogativa di adattare gli obiettivi didattici posti dal MIUR, nel contesto educativo disegnato nel POF, che cosa resta dell’autonomia didattica di cui al D.P.R.275/1999 ? La pretesa che i test INVALSI entrino a condizionare la valutazione scolastica sarebbe ammissibile solo se fosse approvata una modifica costituzionale di abrogazione del principio della libertà d’insegnamento. Non facciano i finti tonti, i decisori politici, la ragione dell’ostilità di buona parte di insegnanti e di utenti nei confronti dei Test non sta nel rifiuto della loro finalità statistica ma nella resistenza al disegno che trasferisce la responsabilità delle scelte educative, dagli insegnanti all’INVALSI, disegno - funzionale al proposito di demansionare la funzione docente a funzione esecutiva - che ispira la “Buona scuola” renziana. Così demansionati, i professori li si potrà continuare a pagare con gli attuali stipendi. Anche noi vorremmo che il MIUR continuasse, attraverso i test, a cumulare informazioni sulla Scuola, dalle quali trarre orientamenti per governarla, ma deve farlo con intelligenza e con la consapevolezza dei confini entro i quali la rilevazione ha senso e legittimità, come, del resto, era nella mission originaria dell’INVALSI. Benedetto Vertecchi (che, nel 2001, lasciò la presidenza in dissenso) disse che si era passati “dal CEDE che aveva come scopo l’approfondimento e l’analisi, a una struttura che ha assunto altro ruolo: quello di sbirro, di sentinella” (www.rassegna.it/articoli, 23.06.2011). Un poco di buon senso, di umiltà, di ragionevolezza non potrebbe albergare nei “palazzi”, o devono albergarvi arroganza, puerilità e testardaggine ? Ci vorrebbe poco per salvare la funzione statistica dei test: 1- Dichiarare che le prove Invalsi non devono incidere sul voto dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione: La prova Invalsi - non facendo riferimento al contesto educativo nel quale si è sviluppato il percorso triennale di studi ed essendo elaborata su un’entità immaginaria, lo studente-tipo che esiste solo nell’empireo della statistica – porta a risultati, per numerosi candidati, difformi dagli esiti che questi riportano nella altre prove e come voto di ammissione riferito al curricolo triennale. L’incidenza pesante (per 1/6) nel computo della valutazione complessiva finale, dell’esito delle prove Invalsi, induce non pochi insegnanti a una didattica utilitaristica, appiattita sulle tecniche per superare i test (il c.d. Teaching for test,) e al conformismo su contenuti standard, di modo che è la valutazione a suggerire la programmazione didattica (il che è come mettere il carro davanti ai buoi). 2- Confermare la linea del D.lgs. 19.11.2004 n.286 (non assegna all’INVALSI di valutare alunni); 3- Sciogliere l’equivoco docimologico presente nel testo del D.lgs. n.286/2004, perché assegnare a un medesimo istituto la funzione di effettuare «verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti, e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni di istruzione e di istruzione e formazione professionale…» significa indurre l’Istituto nella tentazione di utilizzare gli stessi criteri per le due rilevazioni, cosa inqualificabile sotto il profilo docimologico; 4- Dovendo i test monitorare gli obiettivi educativi che i Collegi dei docenti programmano in riferimento alle Indicazioni nazionali e alle proprie scelte didattiche, occorre che l’INVALSI concordi i test con referenti eletti dai collegi docenti. Questo coinvolgimento, nel rispetto delle finalità educative e della responsabilità didattica che la legge riserva agli insegnanti, potrebbe effettuarsi in vari modi. Ad esempio, l’INVALSI potrebbe predisporre modelli di test per le rilevazioni nazionali ma toccherebbe alle singole scuole formulare, secondo questi modelli, i test. In alternativa, l’INVALSI potrebbe predisporrebbe i test delle prove nazionali secondo le modalità consuete ma in numero sovrabbondante all’interno del quale le scuole sceglierebbero test consentanei all’offerta formativa programmata o a quella effettivamente erogata nella scuola. Il personale scolastico comunque coinvolto nell’operazione test Invalsi dovrebbe essere designato dall’organico funzionale, oppure retribuito adeguatamente – com’era nella proposta (di Daniele Checchi, Andrea Ichino e Giorgio Vittadini) pubblicata nel dicembre 2008 sul sito INVALSI, e perfino nelle disposizioni del ministro Gelmini (abrogate dal prof. Monti, sempre caro al nostro cuore). Leonardo MAIORCA