La settimana scorsa è stata densa di commenti all’art.9 del d.d.l. 2994
E’ l’articolo che costituirà lo scoglio maggiore all’approvazione del disegno di legge, al Senato
°La settimana scorsa è stata densa di commenti all’art.9 del d.d.l. 2994
E’ l’articolo che, al Senato, costituirà lo scoglio maggiore all’approvazione del disegno di legge. L’ex segretario del PD, ha dichiarato:“Tutti vedono quali sono i problemi aperti. Il primo è il rapporto tra il dirigente scolastico e la dignità e l'autonomia dell'insegnante…. Una ferita molto profonda difficile da spiegare e motivare" (la Repubblica, 22 maggio). Dignità e autonomia ! Cioè tutto. Il d.d.l. 2994 declassa la funzione docente, da professione ad attività subordinata perfino nelle scelte educative e didattiche. Con la consueta chiarezza, Giorgio Israel ha denunciato l’intento di: “controllo politico-ideologico in modo da disporre di un ceto di dirigenti che faccia da cinghia di trasmissione dei precetti ministeriali…. La scuola diventerà una mera propaggine della burocrazia e di chi vuol servirsene soltanto a scopi meramente strumentali…” (il Manifesto, 15 maggio 2015). Accetterà Renzi il rischio politico che, in Parlamento, i voti di F.I. vadano a sostituire quelli di una parte del PD ? Da ciò, l’indecoroso spettacolo del trasformismo e dell’opportunismo politico, in deputati del PD (compresa la Responsabile Scuola, Puglisi) che biascicando deboli argomentazioni difendono il modello di scuola che dall’opposizione avversavano quando a prospettarlo era F.I. La disponibilità da parte di Forza Italia c’è tutta (i pochi emendamenti accettati, al testo del disegno di legge 2994 sono per lo più quelli avanzati dall’On. Elena Centemero, responsabile scuola di Forza Italia, la quale, a conclusione dell’iter alla Camera, ha sottolineato che l’impianto del disegno di legge sulla scuola è liberale e di centrodestra. Cogliendo il cuore della questione, Alessandra Ricciardi ha scritto: “Il riposizionamento anche se parziale di Forza Italia, che ha votato in difesa della chiamata diretta dei professori, è segnale del caos che potrebbe scatenarsi a Palazzo madama” (ItaliaOggi, 19 maggio). Non è la prima volta, anzi è una specie di theia moira, il fatto che le riforme scolastiche debbano essere teleguidate da ragioni ideologiche e piegate a lotte politiche che nulla hanno a che fare con l’efficienza delle scuola e con le finalità educative e didattiche. Stefano Rodotà ha dichiarato: “La riforma della scuola approvata ieri alla Camera mostra un elemento radicale: l’idea che Renzi ha della società… La riforma disconosce che la scuola sia un corpo sociale composto da soggetti differenziati e ribadisce una fortissima spinta verso la segmentazione sociale. Attacca il contratto nazionale, esclude i corpi intermedi, e in particolare i sindacati, non riconosce la partecipazione democratica espressa dagli insegnanti e dagli studenti che si stanno opponendo…. In questo modello di società non c’è spazio per la coesione sociale…. Con questo disegno di legge Renzi tende a trasferire questa visione del potere a tutti i livelli della società. Alle figure apicali dei presidi affida la missione della scuola, quella di produrre buona cultura, uguaglianza e rispetto dell’altro. Sono d’accordo con chi ha definito questa politica come una «pedagogia del Capo»…La possibilità di selezionare i docenti è lo stesso meccanismo visto all’opera nel Jobs Act: all’imprenditore sono stati concessi sgravi fiscali, l’abolizione dell’art.18, per facilitare le assunzioni. In questo modo i diritti dei lavoratori sono stati subordinati al suo potere sociale. Con la riforma della scuola si crea un centro di potere per gestire un istituto con una logica tutta imprenditoriale e ad esso si subordina la partecipazione nella scuola…. Nei settori dove questo è accaduto, ad esempio nelle opere pubbliche, sono venuti meno i meccanismi di controllo, di partecipazione e trasparenza. Il potere è stato usato in maniera discrezionale e la corruzione si è moltiplicata…. Man mano che si introduce la logica privatistica e l’accentramento della gestione si indeboliscono le possibilità di controllo e di partecipazione” (il Manifesto, 21 maggio). Cento anni addietro, Gaetano Salvemini spiegava all’opinione pubblica quale tattica adottasse l’allora Capo di Governo: “far la politica conservatrice per mezzo dei condottieri e dei partiti democratici”; a parere nostro, c’è un’analogia col presente, pur con le debite proporzioni per la differente statura politica dei protagonisti di allora e di adesso. Qualcuno obietterà che prima del 1913 il corpo elettorale era, rispetto all’attuale, parecchio ristretto, e che invece ora il PD fruisce di una vasta platea parlamentare; di contro occorre considerare la percentuale attuale di astensionismo elettorale, e che l’incostituzionale Porcellum assegna al PD una quota di parlamentari che non dovrebbe avere. La chiamata diretta degli insegnanti è una previsione di legge del tutto priva di utilità – e anzi dannosa – sotto il profilo educativo e didattico; sotto il profilo ideologico è connotata in senso reazionario facendoci fare un salto all’indietro, a prima della Riforma Misasi. Sul d.d.l. 2994, Indebolimento della posizione del docente e concentrazione dei poteri nel dirigente scolastico determinano un cambiamento qualitativo nel rapporto di lavoro degli insegnanti, fino ad oggi considerati lavoratori dipendenti ma non subordinati. Ogni forma di subalternità degli insegnanti è incompatibile con la loro autonomia professionale e con la libertà di insegnamento, tutelata dalla Costituzione a presidio di pluralismo culturale della scuola pubblica”; il sindacalista ha fatto un’apertura: “Il miglioramento dell'incontro tra le esigenze progettuali delle scuole e le specifiche competenze professionali degli insegnanti può, invece, essere realizzato senza ricorrere alla chiamata nominativa. L'incontro deve avvenire su base volontaria: le scuole esprimono quali sono le curvature professionali necessarie alla realizzazione della propria offerta formativa e i docenti che le posseggono, a domanda, chiedono di essere assegnati alle scuole richiedenti. Le modalità di regolazione e promozione di questa forma di mobilità professionale sono di competenza della contrattazione….”(www.scuolaoggi.com – 16 maggio 2015). Al riguardo, la mia proposta (avanzata in questa rubrica la settimana scorsa) è differente: la chiamata diretta potrebbe essere ammessa solo limitatamente alla quota residuale (l’8%, sembra) dell’organico complessivo delle singole scuole, cioè alla quota che è “funzionale” a peculiari offerte formative espresse nel POF e alle esigenze di staff dell’Ufficio di presidenza. Del resto, non avrebbe senso assegnare a cattedre di insegnamento docenti che non possiedano abilitazione specifica; agli insegnanti invitati direttamente dal d.s. si può chiedere – in virtù di competenze e titoli specifici che possiedono –di adempiere a funzioni consentanee a detti titoli e competenze, qualunque sia l’abilitazione posseduta ma estendere la chiamata diretta di docenti per le cattedre di insegnamento comprometterebbe la qualità dell’offerta formativa delle scuole. Sarebbe un proposito folle che rimetterebbe a un’istanza monocratica la valutazione (in materia didattica e disciplinare) di competenza di collegi di esperti. Questi: - ove abbiano fatto parte di commissioni concorsuali, hanno valutato i candidati attraverso prove scritte e orali e assistendo alla simulazione di una lezione; - ove abbiano fatto parte di una commissione concorsuale seguita da corso formativo hanno valutato mediante prove ancora più numerose (in entrata, attraverso prove scritte e orali; nel corso della formazione, attraverso centinaia di ore di lezione e una ventina di esami; in uscita, attraverso una prova scritta su traccia assegnata individualmente per sorteggio, una prova orale e la discussione di una ponderosa tesi scritta). Invece, il malcapitato d.s., pur se tetragono a condizionamenti esterni, si troverebbe a dover scegliere, a gritta a gritta, quali insegnanti invitare senza averli visti all’opera e solo consultandone il c.v. e attraverso un colloquio nel quale sarebbe in condizione impari (nella maggior parte dei casi, il d.s. non ha competenza nel merito dei contenuti disciplinari e dell’epistemologia specifica di singole materie d’insegnamento, ein materia di didattica le sue competenze restano quelle che ha acquisito da insegnante). E’ follia immaginare che la valutazione del d.s. possa avere una qualche attendibilità a conferma (e meno che meno a correzione o smentita) della valutazione in materia disciplinare e in materia didattica, qual è sancita da commissioni di esperti di nomina statale. Nel testo del d.d.l. 2994 (http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0030810.pdf) è scritto:“ART.9. C.2. Per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica, il dirigente scolastico propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti medesimi. Il dirigente scolastico può utilizzare i docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati, purché posseggano titoli di studio validi per l’insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire. ART.9. C.4. L’incarico è assegnato dal dirigente scolastico e si perfeziona con l’accettazione del docente. Il docente che riceva più proposte di incarico opta tra quelle ricevute. L’ufficio scolastico regionale provvede a assegnazioni nei confronti dei docenti che non abbiano ricevuto o accettato proposte e comunque in caso di inerzia del dirigente scolastico”. Venerdì scorso, in questa rubrica, abbiamo indicato come l’art.9 andrebbe emendato. A parere nostro, ammesso e non concesso che ci sia una ragione plausibile per la chiamata diretta generalizzata, questa modalità dovrebbe limitarsi a una quota residuale dell’organico, e andrebbe stabilita a bocce ferme di modo che chi intraprenda il percorso abilitante possa regolarsi ove non fosse disposti a consegnarsi, a vita, scelte discrezionali del d.s. Sotto il profilo legale, è da vedere se Renzi possa vanificare diritti acquisiti in anni e decenni di scelte e lavoro; sotto il profilo politico, pagherà questo ignorare diritti e scelte di vita dei lavoratori. La priorità nelle designazioni alle cattedre non può, per ragioni di logica, prescindere dalla collocazione dei singoli docenti nelle graduatorie concorsuali e corso-concorsuali; dagli albi territoriali, i candidati dovrebbero essere chiamati secondo la collocazione in graduatoria. E c’è anche un dubbio di legalità: la chiamata discrezionale, che prescinda dalla collocazione dei docenti nelle graduatorie, configura effetti retroattivi della norma di legge; introdurrebbe modifiche alle regole, a partita in corso. E’ come se il giocatore di scopone che, con in mano il sette d’oro, avesse una precisa strategia apprendesse che ex abrupto la partita è modificata in briscola, per cui le carte di primiera con cui sta giostrando sono adesso prive di valore. Fuori metafora: chi ha vinto il concorso può vedersi precedere da altri che hanno riportato punteggio inferiore (quasi che le commissioni concorsuali fossero formate da gente meno competente di un d.s. quale che sia). Ritengo ciò ingiusto; altri veda se l’effetto retroattivo è legittimo; può una norma produrre effetti retroattivi e vanificare le scelte professionali compiute da chi è iscritto in graduatorie concorsuali e corso-concorsuali formate secondo regole stabilite con formali bandi ? Scegliere equivale a precludersi le possibilità connesse alle opzioni scartate. Per di più, il medesimo d.s. che ha scelto l’insegnante sarebbe colui che, in conflitto di interesse, gli attribuirebbe la retribuzione premiale e la conferma triennale. Il governo distrugge il criterio meritocratico che vige nella Scuola, e vi introduce il nepotismo che caratterizza molte università; i dd.ss. delle scuole saranno “avvicinabili” non meno di quanto lo siano stati i decisori che negli atenei gestiscono la lottizzazione (familismo e ogni altra forma di affinità e scambio) delle nomine. Si prospetta altro lavoro per la magistratura.
Leonardo Maiorca