° Irrinunciabile: la legalità costituzionale e il rispetto della sentenza della CGUE
A questo punto del contorto percorso di questa c.d. “riforma”, occorre non lasciarsi confondere dalla ammuina che i decisori politici producono con le continue parziali modifiche, e tenere fermo il riferimento alla stella polare, al principio di legalità.
Irrinunciabile: la legalità costituzionale e il rispetto della sentenza della CGUE
L’allegra brigata di improvvisatori che da alcuni mesi si è intestata la riforma della Scuola – una riforma quale che sia, visto che il testo è stato cambiato parecchie volte – procede per tentativi ed errori: i tentativi sono quelli di snaturare, in un modo o nell’altro, la matrice statale del servizio di istruzione e la natura professionale della funzione docente; gli errori sono quelli politici nei rapporti del Governo con il mondo della scuola, con l’elettorato di Sinistra e con alcuni parlamentari del PD. In questi ultimi mesi, le diverse versioni del disegno di legge sono state ispirate pervicacemente da questi tentativi prospettando provvedimenti i più diversi, alcuni assolutamente strampalati che sono via via caduti (pensiamo, ad es., all’abolizione della voce anzianità nella progressione economica). A questo punto del contorto percorso di questa c.d. “riforma”, occorre non lasciarsi confondere dalla ammuina che i decisori politici producono con i contorcimenti dei gruppi parlamentari PD, e tenere fermo il riferimento alla stella polare, al principio di legalità. Legalità è: •- rispettare la sentenza della CGUE assumendo a t.i. chi è stato ingaggiato con contratti a t.d., dallo Stato per oltre 3 anni complessivi calcolati sommando periodi di insegnamento, anche frazionati, di almeno 180 giorni e i periodi effettuati dal 1° febbraio a fine attività scolastiche; •- rispettare, senza bizantinismi, la lettera della Costituzione, attuando quanto stabilisce l’art.33 (“L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. …Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”), e riconoscendo alla Scuola l’autonomia e la dignità istituzionale che le deriva dall’art.117 della legge cost. n.3/2001. Com’è noto, una petizione con 68mila adesioni è stata consegnata al Presidente Sergio Mattarella e pone, appunto, la questione della costituzionalità del d.d.l.: “Ci appelliamo a Lei e al Suo ruolo di Garante della Costituzione affinché siano messi in luce gli evidenti profili di incostituzionalità di quella proposta, che andrebbero a ledere in maniera definitiva e drastica la Scuola della Repubblica…. Conferire al Dirigente Scolastico il potere di scelta dei docenti, istituendo albi regionali che di fatto li precarizzano, violerebbe non solo i diritti acquisiti di quei docenti, ma anche l’art. 33 Cost., secondo il quale “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. La libertà d’insegnamento implica un’autonomia didattica e metodologica che non potrebbe essere più garantita nel momento in cui, come pretende la Riforma, si aumentasse la discrezionalità del Dirigente Scolastico fino al punto di consentirgli la selezione della sua “squadra”, scegliendo un docente rispetto a un altro in base a criteri meramente soggettivi. Con ciò verrebbero meno i presupposti minimi di oggettività e di merito su cui dovrebbe essere improntata l’azione del pubblico impiego, specie in un settore così delicato, come quello dell’istruzione, preposto alla formazione delle persone e dei cittadini. Verrebbero meno, inoltre, i principi di imparzialità e di buon andamento della P.A., come sancito dall’art. 97 Cost. Il che non significa assenza di orientamento, perché non è preclusa ai funzionari pubblici la possibilità di esprimere valutazioni discrezionali, ma ciò deve avvenire nella piena osservanza della legge e senza discriminare i soggetti coinvolti. Il principio di imparzialità, del resto, non si applica solo all’attività della P.A. (divieto di discriminazione), ma anche alla sua organizzazione: i concorsi pubblici servono proprio ad evitare il formarsi di una burocrazia che miri a scopi personali…”. Sono le parole dei nostri valorosi e coraggiosi colleghi, e vogliamo sottolineare che, in questa Italia dilaniata fin dentro le istituzioni dall’arbitrio e dall’illegalità, parole così ovvie debbano essere ribadite malgrado che una sentenza della Corte Costituzionale (la n. 76, 24 aprile del 2013) abbia sancito l'incostituzionalità della “chiamata diretta” nella pubblica amministrazione: è illegittimo introdurre criteri discrezionali all'interno della P.A.: né per l’ordine delle assunzioni, né per la destinazione della sede, né per la retribuzione premiale. E molto ci preoccupa constatare che il governo possa tenere in non cale l’esito di una votazione effettuata in seno alla Commissione “Affari costituzionali” del Senato che, lo scorso 9 giugno ha espresso parere negativo proprio sulla costituzionalità del d.d.l. Serve o non serve il Parlamento ? Ed è inconsueto che il presidente della Commissione non si sia astenuta dal votare: “Il parere in commissione Affari Costituzionali del Senato non passa per il "voto determinante" di Mario Mauro senatore di Gal che nei giorni scorsi ha annunciato l'uscita dalla maggioranza. Il presidente Anna Finocchiaro ha votato sì." (repubblica.it, 9 giugno 2015). Proviamo a ragionare e a fare ragionare i decisori politici circa gli aspetti di incostituzionalità del d.d.l. n.1934, e se gli attuali decisori politici non saranno in grado di capire dovranno rassegnarsi alla bocciatura perché la bocciatura, prima o poi, la riceveranno da noi elettori, se non da insegnati. Nel d.d.l. Senato n.1934, il secondo articolo “Autonomia scolastica e offerta formativa”inizia con: “Al fine di dare piena attuazione al processo di realizzazione dell’autonomia….”. Quali sono i connotati di una normativa che dia piena attuazione all’autonomia scolastica ? Iniziamo da una banale osservazione lessicale: Con piena attuazione dell’Autonomia scolasticasi intende il compimento delle premesse poste nella normativa pregressa (principalmente, nel D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, ma anche nell’art.21 Legge 15 marzo 1997, n. 59, nel d.lgs 31 marzo 1998, n. 112, nell’art. 50 D.l. 9 febbraio 2012, n.5, ecc…) poiché è stata attuata solo in parte. Procediamo per tabulas, limitandoci al D.P.R. 275, e vediamo se il decreto in esame al Senato ne sia l’attuazione. Art. 3 Piano dell'offerta formativa. 1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dell'offerta formativa. Il Piano è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale-progettuale delle istituzioni scolastiche, esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia…. 3. Il Piano dell'offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto”. Tutte le versioni del d.d.l. proposte hanno cercato di trasferire, dagli organi collegiali a quello monocratico, la responsabilità dell’elaborazione del POF; pertanto, è evidente che il d.d.l. 1934 vuole piuttosto limitare l’autonomia delle comunità scolastiche, e non vuole darne piena attuazione. Art. 4 Autonomia didattica. 1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, a norma dell'articolo 8 concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo. 2. Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune …”. Il testo del d.d.l. 1934 conferma e moltiplica le forme di autonomia didattica previste nel D.P.R. 275 ma tende a farle progettare e a metterle sotto la responsabilità del d.s.; ciò contrasta con la specificità della professione docente, che postula la libertà progettuale (non quella organizzativa, che è collegiale). Art. 7 Reti di scuole. Le istituzioni scolastiche possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il raggiungimento della proprie finalità istituzionali…. L'accordo può prevedere lo scambio temporaneo di docenti, che liberamente vi consentono, fra le istituzioni che partecipano alla rete i cui docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti che accettano di essere impegnati in progetti che prevedono lo scambio rinunciano al trasferimento per la durata del loro impegno nei progetti stessi, con le modalità stabilite in sede di contrattazione collettiva…”. Ciò comporta la libera adesione dei docenti alla mobilità territoriale salvo che in casi di sovrannumero. Art. 15 Competenze escluse. Sono escluse dall'attribuzione alle istituzioni scolastiche le seguenti funzioni in materia di personale il cui esercizio è legato ad un ambito territoriale più ampio di quello di competenza della singola istituzione, ovvero richiede garanzie particolari in relazione alla tutela della libertà di insegnamento: la formazione delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti territoriali più vasti di quelli della singola istituzione scolastica; reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato”. Attribuire alle singole scuole queste competenze non significa “attuare” ma ribaltare la normativa. Art. 16 Coordinamento delle competenze. 1. Gli organi collegiali della scuola garantiscono l'efficacia dell'autonomia delle istituzioni scolastiche nel quadro delle norme che ne definiscono competenze e composizione. 2. Il dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali. 3. I docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e della attuazione del processo di insegnamento e apprendimento. Perché compito e responsabilità della progettazione e attuazione ? Perché la laurea quinquennale e l’abilitazione all’insegnamento qualificano i docenti a un’attività di tipo professionale, connotata da:- facoltà decisionale collegiale, in materia didattica e docimologica; - facoltà di proposta e programmazione educativa, nell'ambito di direttive (quelle generali emanate dal MIUR e quelle specifiche deliberate dalle scuole, secondo le prerogative degli organi preposti); - attività di collaborazione gestionale, in seguito a mandato elettivo o a designazione fiduciaria; -attività di ricerca e studio, in campo epistemologico e pedagogico, richiedente specializzazione e preparazione professionale di settore a livello universitario. In particolare, con riferimento alla Legge 11 luglio 1980, n. 312, TITOLO II “Personale della scuola”, possiamo dire che l’insegnamento comporta, oltre che attività didattica, “attività di studio e di elaborazione di piani e di programmi richiedenti preparazione professionale di livello universitario, con autonoma determinazione dei processi formativi e attuativi, in ordine agli obiettivi e agli indirizzi impartiti”. Quanto alla preparazione in ingresso e alle competenze richieste nei pubblici concorsi, si consideri che i candidati devono possedere, a parte che competenze disciplinari specifiche: - conoscenza dei fondamenti epistemologici e degli strumenti didattici riferiti ai contenuti disciplinari; - conoscenza dei fondamenti psicopedagogici; - competenze nella programmazione e organizzazione dell’apprendimento (anche in materia di orientamento scolastico e di bisogni educativi speciali); - competenza docimologica per la valutazione scolastica e per quella di sistema; - conoscenza delle Indicazioni nazionali e delle Linee guida; - conoscenza della legislazione e della normativa scolastica; - conoscenza della dimensione europea dell’educazione, e dei documenti europei in materia educativa, recepiti dall’ordinamento italiano; - Conoscenza di una seconda lingua comunitaria al livello B2 del QCER; - competenze informatiche e del corredo didattico strumentale (Decreto direttoriale n.82/2012 Avvertenze generali, Allegato 3). Sulla imprescindibilità del collegamento tra funzione di insegnamento e attività autonoma di studio e ricerca, il D.P.R. 275/1999, agli artt. 6 e 13, recita: “Art. 6 Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo. 1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, esercitano l'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali e curando tra l'altro: la progettazione formativa e la ricerca valutativa; la formazione e l'aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico; l'innovazione metodologica e disciplinare; la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi; la documentazione educativa e la sua diffusione all'interno della scuola; gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici; l'integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, d'intesa con i soggetti istituzionali competenti, fra i diversi sistemi formativi, ivi compresa la formazione professionale. … Art. 13Ricerca metodologica. … Le istituzioni scolastiche possono contribuire a definire gli obiettivi specifici di apprendimento di cui all'articolo 8 riorganizzando i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze. 2. Il Ministero della pubblica istruzione garantisce la raccolta e lo scambio di tali ricerche ed esperienze, anche mediante l'istituzione di banche dati accessibili a tutte le istituzioni scolastiche”. Chiaramente si tratta di attività di ricerca che non può essere in alcun modo etero diretta postulando un’autonomia progettuale e operativa che è incompatibile con quanto il d.d.l. governativo stabilisce (in materia di chiamata diretta e di valutazione premiale da parte del d.s.) e competenze culturali proprie del docente e di nessun’altra figura di lavoratore della Scuola (salvo che del d.s. e dell’ispettore ma solo nel caso che possiedano abilitazione nell’area specifica). Infilatosi in un vicolo cieco (emblematica la posizione della Puglisi, responsabile Scuola sia adesso, nel 2013 quando tuonava contro la “chiamata diretta” proposta in Lombardia dall’assessore Valentina Aprea), prima di battere sul muro (cioè sull’elettorato e sulla Corte Costituzionale), il PD cerca adesso rimedi. Il punto di compromesso, sarebbe il seguente: chiamata diretta, valutazione dell’anno di straordinariato e valutazione premiale non toccherebbero all’organo monocratico (il d.s.) ma a un organo collegiale nominato dal Collegio docenti e presieduto dal d.s. E verrebbe cassata la previsione del limite triennale della nomina agli insegnanti. E’ un compromesso che non elimina la “chiamata diretta”, e dunque non rispetta il criterio della legalità da noi invocato, quanto alla necessità di rispettare la collocazione meritocratica di ciascun docente (quale risulta dal punteggio maturato, nelle graduatorie concorsuali e corso-concorsuali, attraverso i titoli formativi e di servizio). Dobbiamo, dunque, fare nostro, quanto Antimo DiGeronimo (ItaliaOggi – 9 luglio 2015) ha scritto: “Sulla questione del superpreside, la minoranza PD ha presentato un emendamento che, una volta diventato legge, avrebbe come unico effetto di rilievo la modifica della composizione del comitato di valutazione. Che sarebbe costituito dal preside e da 4 docenti, individuati in seno al consiglio di istituto (e non più eletti dal collegio dei docenti). I due genitori rimarrebbero, ma senza diritto di voto. Idem nelle scuole superiori, dove al posto di uno dei due genitori entrerebbe un alunno. Il comitato di valutazione, sempre secondo l'emendamento presentato dalla minoranza, assumerebbe su di sé la competenza a scegliere i docenti dagli ambiti territoriali. Rimarrebbe intatto, dunque, il metodo del mero gradimento in luogo del sistema della mobilità fondato su regole tassative e trasparenza delle operazioni. L'emendamento, se approvato, non andrebbe incontro alle richieste dei docenti e dei sindacati. E non fugherebbe il rischio di arbitri e discriminazioni. Tanto più che il dirigente avrebbe gioco facile a controllare il comitato, in forza del suo ruolo gerarchicamente sovraordinato rispetto ai docenti”. Leonardo MAIORCA