“La buona scuola”
Qualche osservazione a margine di questa vicenda, beffarda per la Scuola, per la funzione docente, per gli esiti educativi della popolazione.
° “La buona scuola”. Facciamo qualche osservazione a margine di questa vicenda, beffarda per la Scuola, per la funzione docente, per gli esiti educativi della popolazione
In questi giorni di luglio abbiamo dedicato l’Aggiornamento quotidiano alla presentazione dei 209 commi dell’unico articolo di questo d.d.l. Non è la prima “riforma” della Scuola di cui abbiamo seguito l’iter parlamentare, per lo più ispirate ad esigenze politiche generali che poco o nulla hanno a che fare con ragioni culturali, educative e meno che meno didattiche. Abbiamo ancora negli occhi l’immagine di Berlusconi, trionfante accanto alla Moratti, nella conferenza stampa all’indomani del 12 marzo 2003. La riforma Moratti, Legge-delega n.53 del 28.3.2003 era stata approvata a conclusione di un dialogo tra sordi ma il premier si dichiarava orgoglioso di essere riuscito in ciò che non era riuscito in ben 34 tentativi dall’avvento della Repubblica: modificare l’ordinamento scaturito dalla Riforma Gentile (1923) e dalla Carta della scuola di G. Bottai (1939). Non era riuscito al partito balena bianca in 50 anni di governo (Gonella 1951, Moro 1958, Gui 1964, Misasi, Dieci punti dì Frascati, 1970), non era riuscito alla “Commissione Biasini” (“Nuovo piano della scuola”, 1971), né a partititi di opposizione: PCI (1972 e 1983), MSI (1979), PLI (1984), AN. (1993). Adesso, la legge 53/2003 abrogava la legge Berlinguer-De Mauro 10.2.2000 n.30 di Riordino dei cicli scolastici, nonostante che questa fosse stata predisposta da prestigiosi esperti e pedagogisti (278, suddivisi in 13 sottocommissioni, avevano redatto il “Programma quinquennale di progressiva attuazione del riordino dei cicli di istruzione”, approvato nel dicembre 2000). Né sorte migliore è toccata alla riforma Moratti che il quotidiano la Repubblica bollò con un giudizio perentorio: è una “controriforma”, e fu poi cassata dal ministro Fioroni non tenendo in conto che alla riforma Moratti avevano lavorato non pochi degli intellettuali che in precedenza avevano collaborato con Berlinguer (tra essi: Cesare Scurati e quel Giuseppe Bertagna che aveva guidato il Gruppo Ristretto di Lavoro). A conti fatti; alla Scuola è sufficiente dare qualunque pseudo riformicchia, tanto le ragioni che contano sono quelle di politica generale; nel caso di Renzi sono: - l’abbattimento del prestigio dei docenti per evitare che ne lieviti il costo nelle scuole private e in quelle pubbliche; - l’introduzione nel pubblico impiego, su input di conta nella U.E., di un modello di contratto lavorativo che abbia analogie con il Jobs act del settore privato; - le incostituzionali prerogative date ai dd.ss. in ordine alla chiamata diretta dei docenti, in ordine alla valutazione degli stessi, in concorso con genitori e studenti; - la incostituzionale elargizione di denaro pubblico alle scuole paritarie; - l’abbattimento della spesa per supplenze; - l’intento di deviare in corner la staffilata della CGUE per tentare di contenere (tentativo raffazzonato) i numeri della stabilizzazione dei precari aventi diritto, iscritti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto e/o dei diplomati magistrali non inseriti nelle GaE. Cultura, principi educativi e didattici non contano; addirittura, il d.s. può utilizzare i docenti per cattedre per le quali non sono abilitati, e possono discrezionalmente rendere strutturale la discontinuità didattica. Il d.d.l. recupera le tre “i” che erano nella “riforma” Moratti e le rimpolpa con paroloni che servono a distogliere l’attenzione dai passaggi incostituzionali del disegno di legge. Gustosissima, su la Repubblica, questa noticina del professore Michele Ainis: “Che c’è in comune fra la Buona Scuola e l’Italicum ? E fra quest’ultimo e il Jobs act, la legge Delrio sulle Province, quella di Stabilità? Semplice: sono tutte figlie d’un maxiemendamento, sul quale cade poi come una scure il voto di fiducia. E almeno in questo, Renzi non si distingue dai suoi predecessori. Hanno maxiemendato Prodi (cui si deve il record di 1.365 commi stipati in un solo articolo di legge), Berlusconi, Monti, Letta. Sempre aggiungendo al testo un’invocazione amorosa al Parlamento, che Renzi ha ripetuto 30 volte (in media ogni 12 giorni) durante il suo primo anno di governo. «Ti fidi di me, mi vuoi ancora bene? Dimmelo di nuovo, giurami fiducia». …. Succede con ogni maxiemendamento. Perché il suo primo effetto è di trasformare il Parlamento in organo consultivo del governo: quest’ultimo ascolta quanto hanno da dire gli onorevoli colleghi, leggiucchia le loro proposte di modifica, poi sceglie petalo da petalo, e li incarta in una rosa che ha per spina la fiducia. Sequestrando la libertà dei parlamentari, messi davanti a un prendere (la legge) o lasciare (la poltrona). Sommando su di sé il potere esecutivo e quello legislativo, specie se il testo contiene 9 deleghe al governo, come accade per la Buona Scuola….209 commi che si succedono senza uno straccio di titolo per orientarne la lettura… (“È la legge non scritta della Seconda Repubblica: se vuoi incassare una riforma, devi violentarne la forma” - 26 giugno 2015). Noi non riusciamo ad essere altrettanto leggeri; le ultime penose vicende parlamentari le abbiamo seguito con la morte in cuore (Infandum iubes, Regina, renovare acerbum dolorem) vedendo come questi giovanotti al governo siano cresciuti senza comprendere la funzione docente e possano immaginarla al pari di un qualunque impiego da eseguire in modo eterodiretto. Come sono potuti uscire così, dagli studi ? E com’è possibile che nessun insegnante li abbia educati al rispetto dello spirito della Costituzione ? Adesso che si godono il trionfo, e non hanno più necessità di distorcere l’informazione, almeno rientrino nella regolarità istituzionale modificando la Costituzione. Abbandonino le ipocrisie. Nella Costituzione non può ancora esserci più scritto: “ L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento…. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. (art.33, commi 1 e 3); visto che il Governo demansiona l’insegnamento (che dovrebbe strutturalmente avere natura non subordinata, nel senso che è frutto dell’esercizio del diritto costituzionale), e visto che accresce l’elargizione di denaro pubblico alle scuole private. Né può ancora essere scritto, nella Costituzione: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione” (art.97, comma 2), visto che una istanza monocratica può disporre quale sia la sede di servizio del professore, e visto che può utilizzarlo in classi di concorso per le quali non è abilitato. Resta da vedere che cosa la Corte Costituzionale dirà su questo papocchio firmato Speedy-Renzi - il giovane che, avendo detto di volere valorizzare la funzione docente, la discrimina rispetto a qualunque altro lavoro nel pubblico impiego. Alla Consulta chiederemo di stabilire se in Italia viviamo prima o dopo il 1789, come cittadini o come sudditi. Giovedì 2 luglio, in Commissione Cultura a Montecitorio, tutte le richiese di modifica sono state cassate; dal 7 luglio, la relatrice Maria Coscia (Pd) ha riferito in Aula, e siamo adesso all’epilogo. Rivedendo il film dei volti di alcuni parlamentari del PD, giovedì scorso, nel giorno della prepotenza nell’aula del Senato (del ministro Giannini, ad es., il giovedì in cui il Senato ha varato il provvedimento), risentendo i toni striduli (dell’ on. Puglisi, ad ese., in quella circostanza), rileggendo le grevi parole (dell’on. Zanda, a commento delle proteste del pubblico durante la seduta), riassestiamo a una scena di gente sull’orlo di una crisi di nervi. Caro signor Freud, è il caso di cercare a livello subliminale, r fare riemergere episodi dell’infanzia ? Escluderemmo dall’analisi il compìto ministro della Giustizia, Andrea Orlando che gli sviluppi parlamentari sulla Scuola, probabilmente, se li è fatti raccontare, se è vero che, interpellato alla Festa dell’Unità di Roma, si è detto convinto che la norma sulla chiamata diretta dei professori da parte del d.s. era stata annullata, con il maxi emendamento Puglisi (L. Ficara, “Il ministro disinformato sostiene che la chiamata diretta non c’è più”; latecnicadellascuola.it, 27 Giugno 2015). Così gli avranno detto; ma è possibile che, su un provvedimento di questa importanza, un ministro possa regolarsi per sentito dire o per disciplina di partito ? Renzi sta dando il colpo di grazia alla funzione docente. “Decontrattualizza la mobilità e buona parte del compenso accessorio dei docenti, sostituendo le disposizioni contrattuali con una sorta di clausola di gradimento, mutuata dal diritto societario (si vedano, per esempio, gli articoli 2355-bis, 2468 e 2469 del codice civile). Gradimento che sarà esercitato dal dirigente scolastico non solo per l'ingresso, la permanenza o l'uscita dei docenti dall'organico della scuola, ma anche per la distribuzione di una provvista di denaro di circa 25mila euro l'anno che sarà assegnata alle scuole”. (Antimo Di Geronimo, ItaliaOggi, 07/07/2015). Se i giovani abilitati, titolari di lauree e master lasciano l’Italia, sappiamo chi ha fatto traboccare il vaso. Tutti i sindacati, ormai, riconoscono che l’unica strada efficace contro i provvedimenti illegittimi prospettati dal Governo è quella percorsa fin qui con successo da Marcello Pacifico: la via giudiziaria, e perché non ci siano insinuazioni sugli scopi dell’ANIEF, il Presidente ha dichiarato: “Il nostro sindacato patrocinerà gratuitamente, presso il Tribunale Civile di Roma una serie ricorsi contro la Presidenza del Consiglio, con lo scopo di ottenere risarcimenti milionari per tutti quei docenti che sono stati in questi anni sfruttati coi contratti a termine. Inoltre, chiederemo la loro stabilizzazione con ricorsi seriali per tutti coloro a cui sarà negata la facoltà di insegnare anche come supplenti… Sono soltanto alcuni delle migliaia di ricorsi che investiranno la scuola italiana, per colpa di una riforma - ha detto ancora il presidente Anief- voluta soltanto dal premier". Migliaia: innanzitutto la richiesta alla Consulta per la declaratoria diincostituzionalità della chiamata diretta, e alla magistratura amministrativa la richiesta perl'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale abilitato, per l'assunzione di tutti gli idonei dei vecchi concorsi, per la contestazione, anche attraverso le Rsu d'Istituto, dei criteri di assegnazione del merito al personale, per la stabilizzazione dei precari e la corresponsione del risarcimento, per la partecipazione dei laureati ai nuovi concorsi e dei ricorrenti attuali ai corsi-concorsi per dirigente scolastico. Leonardo Maiorca