Scuola: Aggiornamenti in progress - martedì 6 settembre 2011

° Distribuzione percentuale degli studenti stranieri in Italia, a.s. 2010/2011.
Il loro numero complessivo, secondo uno studio della Fondazione Leone Moressa è stato di 673mila (il 7,5% degli iscritti, e quasi tutti nelle scuole pubbliche). In un lustro, l’incremento è stato di oltre 80%.

Si tratta di bambini della Scuola dell’Infanzia (presenti per l’8,1% del totale degli alunni), di alunni delle Scuole primarie (presenti per l’8,7% del totale degli alunni), di studenti della Scuola secondaria di primo grado (presenti per l’8,5% del totale degli alunni), e di studenti della Scuola secondaria di secondo grado (presenti per il 5,3% del totale degli alunni). E’ quest’ultimo il segmento nel quale il numero degli studenti stranieri è aumentato in percentuale maggiore (+123,5% nell’ultimo lustro): istituti tecnici o professionali ne assorbono il 60% circa. Quanto alla distribuzione geografica, le province con maggior numero di studenti stranieri sono quelle di Milano (dove complessivamente sono oltre 53mila), Roma, Torino e Brescia; Prato, Mantova e Piacenza sono le provincie nelle quali se ne registra la frequenza scolastica in percentuale più alta.
(Fonte: Tuttoscuola.com - 2 settembre 2011)

° La tradizionale marcia da Perugia ad Assisi, programmata per il 25 settembre
Gli organizzatori chiedono il ridimensionamento della spesa militare (24miliardi di euro).

L’ostacolo maggiore al ridimensionamento della spesa militare non sta nel governo – adesso bisognoso di realizzare risparmi - quanto nella potente lobby trasversale politico-militare-industriale. Nell’invito a partecipare si legge, tra altro: “Per convincere i parlamentari a tagliare e rivedere seriamente le spese militari si dovranno mobilitare molte, moltissime persone, in ogni città e in ogni collegio elettorale. Anche per questo invitiamo tutti a marciare domenica 25 settembre da Perugia ad Assisi”.

° Il Rapporto IREF presentato a un recente convegno delle ACLI
Il gap retributivo tra manager e dipendenti, nel settore privato in Italia, testimonia di un modello socio-economico sperequato e, quindi, disincentivante e improduttivo; ma, “considerare la situazione attuale frutto esclusivo della congiuntura economica può essere fuorviante”.

Le retribuzioni considerate nello studio dell’IREF sono quelle che risultano dal Rapporto sulla coesione sociale, 2010, Istat-Inps. Nel settore privato, gli operari sono retribuiti (mediamente, nelle diverse qualifiche, nei diversi settori produttivi e nelle diverse aziende) 356 euro meno dei loro dirigenti, e 127 euro meno dei loro “quadri”; gli impiegati sono retribuiti 334 euro meno dei loro dirigenti, e 105 euro meno dei loro “quadri”. Risulta altresì un gap tra retribuzione degli uomini e delle donne (- 27 euro al giorno, mediamente). Notevole, poi, la percentuale presumibile del lavoro sommerso (12%, con una punta del 27% il Calabria). Viene confermato che le imprese riservano scarsa attenzione alla ricerca: vi impegnano circa 100mila unità complessivamente, meno di un terzo rispetto a quelle impegnate in Germania. I lavori “non standard” (a orario parziale il 12%, e a tempo determinato l’11%) sono quasi uno su quattro, e riguardano non solo i giovani ma anche i meno giovani, quasi in uguale percentuale.
Il commento delle ACLI: «Dopo quindici anni di flessibilizzazione del mercato del lavoro sembrano essersi consolidate due generazioni di lavoratori flessibili: giovani in ingresso nel mercato del lavoro, adulti… che si ritrovano nelle stesse condizioni contrattuali di partenza». A questi numeri c’è da aggiungere la quota degli “scoraggiati” (percentuale stimata nel 10%), cioè di coloro che il lavoro neanche lo cercano perché non credono nella possibilità di ottenerlo.
Trova altresì conferma la dimensione preoccupante del fenomeno della “sovra istruzione” rispetto al grado di istruzione richiesto ufficialmente nella funzione lavorativa che si esercita: è la conferma del disallineamento tra politiche scolastiche e politiche del lavoro. E’ facile comprendere come la percentuale di persone molto soddisfatte del proprio lavoro sia in calo in Italia, e si attesti al 21%. (con punta negativa del 13% tra gli operai con qualifiche basse).
(Fonte: Vita, la voce dell’Italia responsabile - 1 settembre 2011)