Scuola: Aggiornamenti in progress - mercoledì, 22 agosto 2012

° La ricetta Monti per la Scuola. La solita
Il Presidente Monti è intervenuto al convegno di Comunione e Liberazione, a Rimini. Riportiamo alcuni dei passaggi che ha dedicato alla Scuola e all’Università.

“Il primo punto sul quale abbiamo lavorato – e lavoreremo intensamente nei prossimi mesi – è l'istruzione, a tutti i livelli. Per quanto riguarda la scuola abbiamo cinque obiettivi. Primo obiettivo: promuovere una migliore scolarità in tutta la popolazione, favorendo il sapere e le competenze diffuse. Il Professor Vittadini ha citato un dato che bisogna invertire quanto prima: 38% dei quindicenni italiani che ritiene la scuola un luogo dove non si ha voglia di andare. La scolarità diffusa è il un passo necessario per "togliere il freno" allo sviluppo dell'imprenditorialità e contribuire al diffondersi di un'offerta di lavoro più qualificato. Secondo obiettivo: offrire maggiore possibilità alle scuole di esprimere, con autonomia e responsabilità, le proprie potenzialità. È importante, anzitutto, potenziare l'istruzione tecnico-professionale… Confartigianato ha quantificato in 32mila i posti di "difficile reperimento". Una migliore formazione tecnico-professionale è il perno su cui insistere per colmare questo divario. Dobbiamo anche insistere sul digitale, per accelerare i tempi e facilitare i rapporti tra la scuola pubblica e gli utenti: insegnanti, studenti e genitori. Terzo obiettivo: introdurre nuove modalità di reclutamento e formazione dei docenti, per favorire l'ingresso nella scuola di giovani insegnanti capaci e meritevoli e favorire un rapporto continuo e stretto tra scuola e società, anche attraverso accordi istituzionali con università, enti di ricerca, associazioni professionali e parti sociali. Quarto obiettivo: tra le nostre priorità c'è anche il contrasto all'insuccesso formativo, alla dispersione e all'abbandono scolastico. …. Quinto obiettivo: riteniamo strategica la promozione della mobilità degli studenti, estendendo a tutti la possibilità di studiare e fare esperienza lavorativa all'estero, per poi tornare nel nostro Paese e far fruttare le conoscenze apprese…. Per quanto riguarda l'università il nostro progetto è, si fa per dire, "semplice": prima di tutto, vogliamo azzerare la "fuga dei cervelli" dal Paese, partendo dal momento in cui quei cervelli si stanno formando. Appena pochi giorni fa sfogliavo uno studio condotto dall'Istituto per la Competitività sul costo che la fuga dei cervelli produce per il nostro PIL. I dati sono preoccupanti. Il saldo negativo viene stimato in 1,2 miliardi di euro. Lo stesso studio quantifica in 20 miliardi di euro annui l'incremento di PIL che deriverebbe dall'azzeramento di questo saldo. Contestualmente, stiamo cercando di migliorare gli atenei. Lo stiamo facendo attraverso tante azioni concrete, tre in particolare: prima tra tutte quella finalizzata a favorire la "permeabilità" fra Università, imprese e centri di ricerca. Un sistema "poroso" in cui ciascuno degli attori che lo compongono offre agli altri il proprio valore aggiunto e ha la possibilità di colmare le proprie lacune facendo perno sulle competenze messe a disposizione dagli altri. La seconda azione è volta a migliorare gli standard di valutazione e la loro trasparenza. Non si tratta di togliere i finanziamenti a chi non produce. Si tratta di premiare chi produce e di sollecitare chi è rimasto dietro a riflettere sulle proprie carenze, per tornare a essere competitivo. Infine, con la terza azione miriamo a ricostruire i grandi aggregati di competenze nazionali, che per noi sono strumentali non solo alla "specializzazione intelligente" dei territori – vuol dire che ciascun territorio potrà e dovrà produrre il tipo di sapere per cui è più adatto – ma anche all'identificazione di cluster innovativi. In questo modo non mortifichiamo la possibilità di far nascere, anche dal nulla, nuovi saperi e capacità.

° Da bamboccioni sfigati a nottole da weekend.
Sembra che l’economia italiana abbia provveduto, per i giovani, un percorso che li riscatti dalle qualifiche con cui i vip li appellano: dopo il crepuscolo possono lavorare. Riportiamo passi dell’articolo Ai giovani non basta vincere in notturna (Il sole 24Ore)

“In Italia per i giovani trovare lavoro - si sa - è molto difficile. Fior di statistiche sono lì a ricordarcelo, impietosamente, ogni volta che Istat o Banca d'Italia o Eurostat accendono i fari sui temi dell'occupazione. E se poi si considerano i Neet (cioè i giovani che non studiano né lavorano), i numeri diventano ancora più drammatici. … Così passano i giorni, a volte anche i mesi, in questa estenuante ricerca di un posto. Dall'alba al tramonto. Ma se si capovolge il "ritmo circadiano" - dal tramonto all'alba - lo scenario muta. E vale anche per il sabato e la domenica. Quando cioè la maggioranza degli italiani si riposa, c'è tutto un universo di professionisti che ha appena iniziato il proprio turno di lavoro. Non si parla solo di mestieri con un basso grado di specializzazione, ma anche di posizioni per manager, ingegneri, informatici. E sono proprio i giovani ad aumentare l'esercito dei lavoratori "asociali", quasi a voler sfatare il cliché dei bamboccioni, che non studiano né lavorano, facendosi mantenere da mamma e papà. L'Italia, secondo le statistiche del centro studi Datagiovani è quarta in Europa per la quota di under 25 all'opera di sabato, pari a 400mila lavoratori nel 2011. La domenica i ragazzi al lavoro sono quasi 200mila, di sera 163mila, di notte 83mila. I posti di lavoro si riducono, la disoccupazione cresce e i giovani si adattano, per necessità, a lavorare in orari inusuali, con un aumento doppio delle "forze in campo" dal periodo pre-crisi rispetto ai risultati registrati dai loro coetanei europei. Una disponibilità 24 ore su 24. Quello che manca ancora, purtroppo, è una vera politica per i giovani, che riduca il gap che nel complesso ci separa dall'Europa e soprattutto dalla Germania (dove 8 milioni di under 30 lavorano, contro i 3 milioni dell'Italia)”. (Fonte: www.ilsole24ore.com - 20-08-2012)